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Tommaso Ciriaco per "la Repubblica"
Squilla il cellulare di Antonio Razzi, in un Transatlantico deserto. Le liste dell'Abruzzo sono chiuse, l'ex dipietrista convertito al berlusconismo ha appena ottenuto la candidatura per il Senato. «Sono quarto. Che dici, mi hanno fottuto?», chiede all'interlocutore che evidentemente sa far di conto meglio di lui. La risposta lo gela. «Quindi mi dici che se non vinciamo ne passa solo uno? Uno va a Monti e uno a Grillo? Allora mi hanno proprio fottuto... ».
Le promesse erano altre, l'elezione passa solo da un'improbabile vittoria del Pdl in Abruzzo e il partito l'ha osteggiato fino all'ultimo, ma Razzi sceglie comunque l'ironia: «E vabbé, vuol dire che non spenderò un euro di campagna, sennò finisce che ci rimetto pure...».
Come lui, doveva essere candidato in territorio abruzzese anche Domenico Scilipoti.
à stato il simbolo della battaglia del 14 dicembre 2010 vinta da Berlusconi. Hanno provato a inserirlo nelle liste d'Abruzzo, il Pdl locale ha minacciato rivolte e alla fine l'hanno spedito in Calabria, sesto posto per Palazzo Madama e rielezione possibile solo in caso di affermazione dell'ex premier. A metà pomeriggio ostenta sicurezza sulla ricandidatura, ma al telefono mostra anche un sano distacco: «Mi sto occupando di organizzare un convegno sulla disabilità ».
In Calabria non l'hanno comunque presa bene, il governatore Giuseppe Scopelliti non ha gradito la scelta che attribuisce a Denis Verdini e che ha cercato di contrastare. Senza successo. Il vulcanico deputato siciliano almeno è in lista. Come lui, ce l'ha fatta
Catia Polidori, finiana che abbracciò il Cavaliere in extremis, fra le urla inferocite dei colleghi di Fli. Per lei un prezioso quinto posto in Veneto. E ci sarà anche
Dorina Bianchi, ex Udc oggi nel Pdl, numero due in Calabria.
Non saranno ricandidati invece altri deputati che contribuirono alla sconfitta di Gianfranco Fini e al trionfo del Pdl. Non tornerà in Parlamento Silvano Moffa, che si allontanò dall'aula, quel 14 dicembre, sottobraccio ad Amedeo Laboccetta. Resta fuori dalla Camera anche Maria Grazia Siliquini, ma lei assicura che era tutto previsto: «Faccio l'avvocato, non ho voluto nessuna ricompensa. Dopo cinque legislature va bene così, resto nel Pdl».
Neanche Maurizio Grassano tornerà alla Camera: «Mi hanno trattato come un cane rognoso. In politica la parola non ha valore. Grazie al mio voto Berlusconi ha governato un anno, sono umanamente ferito. Il presidente poteva farmi una telefonata o farmi chiamare
da Verdini. O almeno dalla sua segretaria».
Chi invece ha ottenuto un posto in lista per la Camera, in Toscana, è la vicecoordinatrice del Pdl senese Simonetta Losi. E' la moglie di Danilo Mariani, pianista delle feste di Arcore. La signora fu sentita come teste nel processo Ruby e raccontò di «cene normali» in Brianza. Contattata, assicura: «Quella vicenda non c'entra con la mia candidatura, sono un volto nuovo». In Emilia correrà anche Deborah Bergamini, numero quattro ed elezione a portata di mano. Non riescono invece a ottenere un posto in lista ex finiani di peso come
Andrea Ronchi, che fu ministro e poi lasciò Fli, ma anche Adolfo Urso, Pasquale Viespoli
E Pippo Scalia.
Dopo aver lasciato l'esecutivo Berlusconi, tornarono indietro e sposarono la battaglia di Angelino Alfano. Non sono neanche stati inseriti in lista, è stato un fulmine a ciel sereno. Non è andata meglio agli altri ex An rimasti nel Pdl. Una contabilità correntizia di massima riporta di soli tre alemanniani, cinque matteoliani e altrettanti gasparriani candidati. Un'ecatombe. Passa invece l'esame di via dell'Umiltà e aspira a uno scranno di Montecitorio Elvira Savino, sesta in Puglia. Ce la fa anche Gabriella Giammanco, quarto in Sicilia e morale alle stelle.
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