DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
Marco Zatterin per “La Stampa”
A poche ore dall’ultimo minuto, la Francia è rimasta sola. «La situazione dell’Italia è diversa», concede Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo: «Le cifre che sentiamo da Parigi non fanno ben sperare», aggiunge l’olandese, per il quale «ci sono delle preoccupazioni». Tutte le capitali devono inviare entro domani la bozza della legge di bilancio 2015.
Hollande rischia grosso, le quotazioni di Renzi appaiono in rialzo. I tecnici del Tesoro sono in contatto con Bruxelles. «Sarà una valutazione aritmetica - avverte il responsabile Ue per l’Economia, Jyrki Katainen -, terremo conto della congiuntura». «Non stiamo negoziando», giura il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Deve farlo. Dietro le quinte si lavora a pieno ritmo.
«Nessuna trattativa ufficiale», avverte Katainen, che precisa: «Abbiamo ricevuto informazioni dall’Italia, ci sono molte riforme in agenda, è stato molto utile». Deve essere vero. Dieci giorni fa la possibilità che il nostra bilancio fosse oggetto di una richiesta di revisione erano parecchio elevate. Adesso il vento pare cambiato.
I tecnici consigliano di prendere i numeri con le molle. Si sente dire però che l’Italia lavora su impegno di riduzione del deficit strutturale dello 0,1%, contro lo 0,5 che le regole prevedono. Bruxelles potrebbe accettare lo 0,25 alla luce della crescita sparita e delle riforme (se attuate), il che fa poco più di 2 miliardi, somma considerata abbordabile.
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Tutto sta a trovare i soldi, convincere Katainen che si va peggio perché così è l’economia e che gli interventi strutturali, questa volta, sono concreti e reali. Non è fatta, ma si può fare. Anche se il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, sostiene che «Francia e Italia, in ritardo sulle riforme, diventano sempre di più i “bambini problematici” dell’Eurozona».
Se Parigi finisse fuori dal ring delle regole di bilancio, «la mancata sanzione sarebbe interpretata come una debolezza dai mercati e un insulto da chi i sacrifici li ha fatti», argomenta una fonte. D’altro canto, «una bocciatura avrebbe effetti dirompenti sul fronte antieuro in Francia». Decisione difficile. Il ministro delle finanze Michel Sapin ostenta ottimismo.
«Dopo il 15 ottobre prevedo momenti costruttivi con la Commissione», ha dichiarato al termine della riunione mensile dell’Eurogruppo. Nel frattempo si dice che stia negoziando con la Germania un accordo sottobanco.
La data è cruciale, di qui a domani il “semestre europeo” - il coordinamento delle politiche economiche e fiscali - prevede che le capitali inviino i progetti di bilancio. Poi ci sono due settimane per esaminarli e Bruxelles può chiedere revisioni. E’ la prima fase, quella della discussioni tecniche. Chi passa, gioca il secondo tempo. Quello politico in cui si parla di sviluppo e flessibilità.
Dijsselbloem ha una sua idea. Vuole un «New deal» per la crescita in cui, dopo gli anni del consolidamento e degli interventi sulle procedure, si metta ogni fattore insieme. Propone di «sostenere gli investimenti, tenere da conto le riforme una volta approvate nel computo del rispetto dei parametri, esaminare in questa luce il rispetto degli obiettivi di medio termine».
Vorrebbe dire coniugare crescita e rigore. «C’è consenso», assicura l’olandese. Sul «quando» lo vedremo davvero, non si sbilancia nemmeno lui. Dibattito cruciale fra ottobre e dicembre. Cruciale e complesso.
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