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STAMPA BASTARDA – LA SETTIMANA SANTA DEI GIORNALONI MARCI ACCOMPAGNA SUL COLLE MATTARELLA CON TANTO DI PANDINA ANTI-CASTA – NUOVO PRESIDENTE, NUOVO INCENSO, DOPO ANNI DI SANTINI A SCALFARO, CIAMPI E NAPOLITANO

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TINA A.COMMOTRIX per DAGOSPIA

 

Ah la vecchia e cara carta carbone!

QUIRINALE - IL CANE BRICIOLA E MATTARELLAQUIRINALE - IL CANE BRICIOLA E MATTARELLA

A leggere le cronache dei giornali dei Poteri marciti sull’ascesa al Colle del pio Crisantemo Mattarella sembra assistere da giorni a un copione già mal scritto in occasione dell’elezione dei suoi ultimi tre “venerati” predecessori: Scalfaro, il “Pertini bianco”; Ciampi “il Supertecnico laico”; Napolitano, il “Cardinale rosso” scolorito, ohinoi, al suo secondo mandato breve e tormentato.

 

Eccoli, dunque, allineati sulle prime pagine dei quotidiani gli “ex voto” della cosiddetta seconda Repubblica davanti ai quali, con rare eccezioni, si sono inchinati i media e molti dei loro cerimoniosi-editorialisti.

E all’ultima effige miracolosa, il neo presidente Mattarella, sembra incollarsi ancora una volta la corte (di carta) quirinalizia che da oltre vent’anni ha contribuito soltanto, impotente o peggio, al declino forse inesorabile delle nostre care e amate istituzioni.

Già, vent’anni di solitudine.

 

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“A rovesciare lo sguardo sul passato è come sporgersi da un pozzo: ti fa venire le vertigini. E t’impaurisce perché il passato è un fondo di acque minacciose”, ha osservato sul “Corriere della Sera” l’ottimo costituzionalista Michele Ainis.

 

A distanza di una settimana, lo stesso quotidiano di via Solferino dove le lucide e spietate analisi del professor Ainis trovano, ahimè, scarsa udienza, viene risarcito pure – a firma Aldo Cazzullo – il Grande Trombato del recente QuirinaLotto, Giuliano Amato.

Il Dottor Sottile dell’era craxiana rosica di brutto se qualcuno sospetta che il “nome condiviso” del Patto occulto del Nazareno era proprio lui.

 

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Difficile, del resto, negarlo: “Nell’intesa tra Berlusconi e Renzi – ha dichiarato sotto botta lo sconfitto Denis Verdini - c’era anche un presidente condiviso”. E la prima scelta dell’ex Cavaliere, è agli atti nelle segreterie dei partiti e su tutti i media, era proprio l’Amato di Arcore. Ma l’intervistatore, chinato, non fa invece una grinza di fronte alle ciance di Topo Gigio beccato con le zampine avide nella tagliola.

 

Sul Corrierone dell’assediato Flebuccio de Bortoli, ormai si pubblicano, firmate in palchetto, pure le notizie-veline (27 righe) come fa l’“Osservatore Romano” per le udienze papali: “Mattarella riceve Legnini”.

Che poi sarebbe l’ex sottosegretario a palazzo Chigi che ha “regalato” soldi all’editoria prima di trasferirsi con questo glorioso bagaglio, e in qualità di vice, al Consiglio superiore della magistratura (Csm).

 

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Subalternità vo cercando, sembra essere lo spirito che anima la compagnia pavloniana dei cronisti che magnificano la prima uscita in “Panda” del neo presidente della Repubblica in nome, ovvio, dell’usuale anti-casta.

E giù, allora, anche una pioggia d’interrogativi (invece di risposte da offrire ai poveri lettori) su quali saranno le vesti indossate da Sergio Mattarella nel settennato che lo aspetta: notaio, garante, super partes politico…

 

“Ogni presidente della Repubblica scrive la storia, però è vero anche il contrario: è la storia che scrive i presidenti…”, secondo il professor Michele Ainis.

E la storia del Quirinale è stata generosa di sorprese e di cambi casacca da parte dei loro insoliti inquilini.

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E la chiamano “Maledizione del Quirinale”.

 

Nei suoi novantacinque giorni di reggenza, il riluttante Enrico De Nicola, a differenza di quanto si possa immaginare (e si scrive), in realtà non si attenne per niente al ruolo notarile che gli era stato affidato.

Chissà, forse per nostalgia del Regno appena dissoltosi con la fine del fascismo, De Nicola assunse atteggiamenti, e diede la preferenza, a norme tipici del regime monarchico.

 

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Prima di tutto fece suo il “discorso della corona” mutandolo con un “messaggio agli elettori”. E fu sempre l’anziano avvocato liberale a modificare l’istituto della consultazioni nei casi di crisi ministeriali, spalancando le porte del Quirinale non soltanto ai presidenti dei gruppi parlamentari (previsti), ma anche ai leader dei partiti che non erano ammessi al quel rito ancora un po’ sabaudo.

E fu subito partitocrazia. O no?

 

 

 

 

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