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Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"
A molti potrebbe sembrare una fantasia suggestiva. Ai dirigenti del Pd appare come un incubo che non vorrebbero si concretizzasse. Quando Michele Emiliano più di un mese fa ne ha parlato la prima volta l'ipotesi è caduta nel nulla, ora fa paura agli apparati di partito.
Il sindaco di Bari ha immaginato la creazione di una grande lista civica nazionale per sopperire alle carenze della politica tradizionale.
E i numeri stanno dalla sua parte. In ogni sondaggio c'è almeno un 40 per cento degli intervistati che dichiara di non sapere per chi andrà a votare. Di più: secondo tutte le rilevazioni solo l'otto per cento degli italiani ha fiducia nei partiti, il resto se ne tiene ben lontano. Cifre che raccontano un disagio palpabile. Cifre che hanno convinto Emiliano a dire che «il Pd da solo non ce la può fare».
Di qui l'idea del listone «aperto anche al Terzo Polo», che nella prossima legislatura «potrebbe candidare Corrado Passera alla presidenza del Consiglio». Di fronte a queste ipotesi Pier Luigi Bersani alza le spalle e dice: «Alle elezioni ci sarà il simbolo del Pd. Lo si vedrà già nelle prossime amministrative».
Il gruppo dirigente di Largo del Nazareno storce naso e bocca quando sente parlare di una lista civica nazionale. Tant'è vero che quando Enrico Gasbarra ha vinto le primarie per la segreteria regionale del Pd laziale hanno tutti tirato un sospiro di sollievo. Il candidato ufficiale ha ottenuto l'81,8 per cento, gli altri si sono suddivisi quel che è rimasto e il candidato di Rosy Bindi, che avrebbe dovuto conquistare consensi nella società civile, è arrivato buon ultimo.
E infatti Matteo Orfini, della segretaria del partito, esulta per questo risultato: «A quanto pare i presunti candidati della società civile non la conoscevano, al contrario di Gasbarra». Commento irridente che però segnala la difficoltà dei vertici del Pd che vivono come un incubo tutto ciò che non si può irreggimentare in una ferrea disciplina di partito.
Le amministrative saranno il primo test per valutare fin dove l'antipolitica ha colpito gli italiani. Anche in questo caso le liste civiche saranno molte (l'altro giorno, a Firenze, si sono riunite le cinquanta della Toscana). Ma c'è qualcosa di più, qualcosa che fa capire che la preoccupazione della dirigenza del Pd non è priva di fondamento. Da Torino Piero Fassino osserva: «La lista civica nazionale è una risposta ai problemi attuali, però non è l'unica e neanche la principale».
Secondo il sindaco del capoluogo piemontese una formazione siffatta potrebbe comunque affiancare la lista del Pd. Ma non è esattamente questo l'obiettivo di Emiliano e degli altri che, con lui, coltivano questo sogno. Già , il qualcosa in più è rappresentato dal fatto che su quell'ipotesi si sta lavorando, e non da ora. Il sindaco di Bari ne ha parlato con i colleghi di Milano, Napoli e Cagliari. Pisapia, de Magistris e Zedda non sono rimasti insensibili. In fondo sono proprio i sindaci del centrosinistra gli unici a mietere successi e ottenere consensi.
Emiliano ha discusso della cosa anche con il presidente della Camera Gianfranco Fini, perché la sua idea è quella di allargare la lista civica anche alle forze che non si riconoscono nel centrosinistra classico. Fini lo ha ascoltato e qualche giorno dopo Italo Bocchino ha rilanciato l'ipotesi. Che sembra non dispiacere nemmeno a Di Pietro e Vendola. Se il Pd dovesse siglare un'intesa con Pdl e Udc per una riforma elettorale fatta a immagine e somiglianza di quei partiti, Sel e Idv potrebbero essere della partita e seguire Emiliano e gli altri sindaci.
Tutti i potenziali protagonisti di questa avventura sono in contatto tra di loro: si sentono, si parlano, si scambiano consigli e idee. Non a caso Marco Doria, il candidato del centrosinistra a Genova, sogna di poter fare un'uscita pubblica, in campagna elettorale, con Pisapia, de Magistris e Zedda. Elettoralmente hanno più appeal i sindaci outsider dei partiti tradizionali. E questo vale per tutti, non solo per il Pd. Infatti Doria, appoggiato da Vendola, dalle primarie in poi continua a ripetere sempre la stessa frase: «Sono autonomo». Si sentono così anche i sindaci di Milano, Napoli e Cagliari: sono in debito solo con i loro elettori non con i partiti che li hanno sostenuti.
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