DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
E' arrivato anche il primo sondaggio, inevitabile, che dà Donald Trump davanti a Hillary Clinton se le elezioni si tenessero oggi. Siccome sono a novembre e mancano più di cinque mesi e due convention e scandali veri o presunti a non finire in mezzo, il sondaggio di Fox news, tv dello strapotente Murdoch, ora schierata col candidato repubblicano, va preso per quello che è, un 45 per cento contro 42 alla Clinton, con un margine di errore del 3 per cento.
Però lo stesso identico sondaggio nel mese di aprile dava la candidata democratica vincente con sette punti, 48 a 41, quindi serve a farci capire che i due se la giocano dura, e Donald Trump non è certo un underdog.
I due sono anche ampiamente impopolari presso chi non li ama, e non è un gioco di parole, ma questo per chi raccoglie denaro è utile, e se il 40 per cento dice che ritiene Trump degno di fiducia ma il 57 pensa il contrario, alla Clinton va peggio, il 31 la ritiene affidabile, il 66 per cento inaffidabile. Veniamo alle categorie sociali. Lei è forte tra le donne, gli afroamericani, i latini, i più giovani, ma stiamo parlando di un sondaggio a due, perché se metti in mezzo Sanders cambia tutto. Lui domina tra gli indipendenti, gli uomini, i bianchi, i meno istruiti e , in modo trasversale, quelli sopra i 35 anni di età.
Se il sondaggio si sposta su una elezione Trump versus Sanders, il senatore radicale del Vermont vince 46 a 42, che non è più quel 53 a 39 di aprile, ma è pur sempre vittoria, e allora una si domanda che ci stia a fare Hillary Clinton in testa tra i democratici se non perché il loro sistema delle primarie è etero diretto, si domanda anche se la vera radicalizzazione, lo spostamento verso posizioni estremiste, non sia avvenuto tra i democratici mentre il mondo stoltamente si interrogava sui repubblicani, e se ora non sia anche e proprio la spaccatura del partito a minacciare l'elezione della Clinton. Fantastico.
Nel nuovo clima repubblicano Donald Trump sembra muoversi a proprio agio. Ha reso pubblico un elenco di undici giudici e giuristi tra i quali proporrebbe giudici della Corte Suprema da presidente per fugare dubbi sulla sua capacità di discernere, ma non ha rinunciato alla provocazione di escludere dalla lista alcuni nomi top di conservatori che su di lui hanno storto la bocca.
ivanka e donald trump jared kushner
Ha reso pubblico un atteso tomo sulla dichiarazione delle tasse, le cose più interessanti che si evincono dalla quale sono che mettendosi in politica ha fatto ancora più soldi, e che la vendita del concorso di Miss Universo gli ha fruttato più di quanto abbia speso del suo in campagna elettorale fino ad ora.
bernie sanders con la moglie jane
Ora i soldi arrivano, solo il magnate dei casinò di Las Vegas, Sheldon Adelson, ha staccato un primo assegno sopra i cento milioni di dollari. Adelson è ebreo, figlio di tassista, nipote di minatore, patrimonio stimato nel 2013 26,5 miliardi di dollari, accumulati cominciando a dodici anni da strillone di giornali; per lui sono bruscolini, ma il segnale agli altri ricconi, e al vertice del partito repubblicano, è preciso.
Se Trump ha vinto, Hillary Clinton dovrà vedersela fino all'ultimo con un perdente che non ne vuole sapere, e che, i disordini a Las Vegas lo confermano, è pronto a sguinzagliare anche i più facinorosi dei sui seguaci, una roba da centri sociali. Anche la pesante discesa in campo del marito Bill per ora le crea più problemi che vantaggi. Il Wall Street Journal ha stilato un editoriale puntuto sul conflitto di interessi che si scatenerebbe con un first gentleman già presidente alla Casa Bianca, che non resterà senza conseguenze.
Non è questione di incarichi ufficiali, un parente non può averne per legge dall'epoca dei Kennedy, tranne che in “House of cards”, è questione di conoscenze riservate e segrete, di rapporti privilegiati, e di quattrini intascati da conferenziere. Non si può fare, dice il WSJ, ma come si fa a non farlo?
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