1. QUANDO IL PREMIER È ALL’ESTERO, A ROMA SI BALLA. IL CASO PIÙ CLAMOROSO: PRODI ERA IN CINA E SCOPPIÒ IL CASO ROVATI. QUALCHE MESE FA LETTA FU CUCINATO DA RENZI PROPRIO MENTRE ERA IN QATAR. E ANCHE MATTEUCCIO FINISCE VITTIMA DELLA SINDROME INTERNAZIONALE CON IL VOTO NEGATIVO DI IERI ALLA CAMERA SULLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEI MAGISTRATI 2. ANDREOTTI, SCARAMANTICO COME NESSUNO, ODIAVA SALIRE SU QUALSIASI AEREO. IL CASO SPADOLINI: ERA A LOS ANGELES MENTRE A ROMA ANDREATTA E FORMICA FECERO CADERE IL GOVERNO. PERTINI LO CHIAMÒ E LO PRESE A PAROLACCE 3. A BERLUSCONI INVECE LA RUSSIA PORTA MALE: DIMISSIONI DI TREMONTI E CADUTA GOVERNO

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Amedeo La Mattina per “La Stampa”

 

Giulio Andreotti non andava volentieri all’estero, scaramantico come era. Ogni volta che un presidente del Consiglio saliva su aereo, in Italia scoppiava un caso, se non proprio una crisi di governo. Una maledizione, una stupida superstizione, forse, ma la statistica è piena zeppa di maggioranze saltate in aria, scivoloni paurosi in Parlamento, voti che hanno messo in croce Palazzo Chigi.

 

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Come quello di ieri alla Camera sulla responsabilità civile dei magistrati. «La Cina porta sempre male», osservava in Transatlantico il renziano Michele Anzaldi con la faccia ironica di chi la sa lunga. «Avevamo consigliato a Matteo di non andarci. Quando sei dall’altra parte del mondo succede sempre qualcosa e poi il fuso orario non ti aiuta. Mi ricordo quando la Rai non riuscì a mandare le immagini della visita in Cina del presidente della Repubblica Ciampi perché il satellite non funzionava. Quando ci andai io da portavoce del sindaco Rutelli, presi un altro service e feci mandare le immagini su Londra». ?

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Prodi la maledizione cinese se la ricorda bene. Era a Canton quando scoppiò il caso Rovati. Era il settembre del 2006. Alcuni giornali pubblicarono il piano per ristrutturare Telecom scritto dal consigliere economico del premier a palazzo Chigi. Rovati tra l’altro suggeriva lo scorporo della rete fissa da Telecom Italia e il suo passaggio sotto il controllo della Cassa depositi e prestiti.

 

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Aveva mandato 28 pagine piene di grafici e numeri al patron di Telecom Trochetti Provera e si trovò i suoi suggerimenti spiattellati sui quotidiani, scatenando una bufera. Rovati dovette convocare in fretta e furia una conferenza stampa a Canton per spiegare che Prodi non sapeva nulla. «La responsabilità di quello studio è soltanto mia e non ho avuto alcun intento coercitivo», si giustificò Rovati che, rientrato a Roma, si dimise.?

 

A Berlusconi invece le cose peggiori succedevano quando andava in Russia. I rapporti con la Lega di Bossi non erano mai buoni, ancora peggiori quelli con il suo ministro dell’Economia Tremonti. Mentre nel novembre del 2009 il Cavaliere si trovava a San Pietroburgo assieme al suo amici Putin, sulla sua scrivania a Palazzo Chigi planava una bella lettera di dimissioni firmata Giulio Tremonti.

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 Poi una telefonata rovente di questo genere. Il ministro: «Io le dimissioni le ho presentate. Tocca a te decidere. Ma per quanto mi riguarda, un modo per arrivare al chiarimento c’è. Nominami vicepresidente del consiglio con deleghe piene». Premier: «Vicepremier? Non esiste. E poi cosa dico a quelli di An? Stai esagerando. Con te non ce la faccio più».

 

Gianni Letta media, lo scontro rimane. Berlusconi si inventa una scusa meteorologica (ovviamente in Russia c’è una bufera di neve) e dà forfait al consiglio dei ministri per evitare Giulio. Il resto su come andò a finire nei mesi e anni successivi (malissimo) fino alle dimissioni di tutto il governo nel 2011 è quasi storia patria.?

 

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I premier mettono un piede all’estero e le cose precipitano. Per rimanere alle vicende più recenti, Renzi tagliò definitivamente il ramo sul quale era seduto Enrico Letta mentre quest’ultimo si trovava negli Emirati Arabi, Qatar e Kuwait. Ma è la storia lunga. Nella Prima Repubblica la maledizione delle missioni all’estero non erano cinesi o russe. Erano gli Stati Uniti che portavano male.

 

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Una storia poco conosciuta è quella di Giovanni Spadolini che nel 1982 si trovava a Los Angeles mentre a Roma pubblicamente si insultavano di santa ragione il ministro Dc del Tesoro, Andreatta, e quello socialista delle Finanze, Formica. Il fumantino presidente della Repubblica Pertini svegliò nel cuore della notte il premier repubblicano e gli disse «frasi irriferibili» (così le definì lo stesso Spadolini ai suoi collaboratori).

 

Concludendo: «Cosa ci fai ancora a Los Angeles, torna in Italia». Tornò e finì la prima esperienza laica a Palazzo Chigi.?Il caso di ieri alla Camera non è grave da far cadere un governo. Renzi è abbastanza forte per stare in sella, ma se avesse già abolito il Senato non avrebbe la possibilità di correggere l’«errore»

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