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Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
Se davvero Napoleone voleva solo generali fortunati, allora Emmanuel Macron è il generale fortunato di Napoleone. Resta da capire chi sia Napoleone. Il nuovo presidente ottiene la maggioranza assoluta all' Assemblea nazionale. La ottiene - sia pure con un' astensione record e un margine inferiore rispetto ai sondaggi - con un partito che fino a pochi mesi fa non esisteva, grazie al crollo di tutti gli altri; ed è solo una delle tante svolte in cui il suo intuito politico è stato assecondato da un clamoroso colpo di fortuna.
Riassumendo: da ministro dell' Economia si dimette, meno di un anno fa, saltando in corsa dal treno socialista lanciato verso la sconfitta storica di ieri. Il favorito per l' Eliseo, Alain Juppé, uomo della destra tradizionale, delfino di Chirac, perde a sorpresa le primarie, a vantaggio del duro Fillon. Il primo ministro in carica, il social-liberale Manuel Valls, perde pure lui a sorpresa le primarie del Ps a vantaggio del radicale Benoit Hamon.
Si spalanca così per Macron una prateria al centro. Fillon incappa in uno scandalo che non lo elimina dalla corsa ma lo azzoppa. Il primo turno è superato. Nelle due settimane successive, si inceppa pure la macchina da guerra di Marine Le Pen: la signora sorridente ed energica appare nel duello finale rancorosa e aggressiva; finisce 34 a 66.
Macron assembla un governo non di primo piano, ma che proprio per questo non scontenta nessuno: chiama come premier il portavoce di Juppé, affida a un altro uomo di destra l' economia, all' ex sindaco di sinistra di Lione gli Interni, all' ex ministro socialista della Difesa gli Esteri. E la Francia gli conferisce i pieni poteri, almeno all' apparenza.
Tenuto conto che l' eletto non ha ancora quarant' anni, ha alle spalle una storia d' amore che in altri Paesi più moralisti non sarebbe stata perdonata, è un figlio del tanto deprecato establishment - dall' Ena alla banca Rothschild -, viene davvero da chiedersi chi ci sia dietro, quale sia l' imperatore nascosto che ha intravisto nel suo zaino il bastone da maresciallo.
La Merkel? La finanza internazionale? Il Cac40, le grandi imprese della Borsa di Parigi? Un colpo di coda di Obama? Un' astuzia del sottovalutato Hollande? C' è un fondo di verità in ognuna delle risposte. I leader globalisti, uscenti e in carica, oltreoceano e in Europa, hanno visto in lui l' argine contro i populisti. I capitani dell' imprenditoria e della finanza, che in Francia si chiamano ancora «patrons», sono stati generosi di appoggi e di denari.
Il sistema è con lui, dai missili ai macaron: Le Figaro , controllato dai Dassault (armi), si è battuto da leone contro Marine Le Pen; e Françoise Holder, proprietaria di Ladurée, è tra i suoi finanziatori. La verità, però, è che dietro Macron c' è la borghesia francese. Che non ne poteva più dei vecchi partiti e delle vecchie facce; ma non voleva una rottura sino in fondo, oltretutto segnata dalle ideologie in cui affonda pur sempre le radici la spregiudicatezza post ideologica di Mélenchon e Le Pen.
La Francia avverte l' esigenza di essere modernizzata, ma diffida di fratture radicali; infatti di Sarkozy e delle sue smanie si stancò presto. Macron è un volto nuovo e innovativo, ma saldamente ancorato al sistema. Il suo unico vero strappo è stato far suonare l' inno europeo prima della Marsigliese; vedremo se ora sarà conseguente, e diventerà il primo presidente eletto d' Europa, che è il suo nuovo sogno.
Non si deve però confondere la vittoria politica di ieri con la conquista della Francia. Macron ha la maggioranza in Parlamento grazie a una minoranza di elettori. Il sistema francese a doppio turno semplifica il quadro e investe di grandi aspettative il vincitore. Ma dietro il presidente non c' è l' intero Paese. C' è un' alleanza che comprende giovani ottimisti e pensionati guardinghi. Laureati, benestanti, abitanti delle grandi città, padroni dell' inglese e delle tecnologie, fiduciosi nel mondo globale e nel futuro.
Ma è un' alleanza che non comprende, a parte qualche eccezione, il voto popolare. Non soltanto la forza di Mélenchon e Marine Le Pen è sottostimata in Parlamento. C' è una Francia che non crede più in nessun politico e proprio per questo cova una rabbia pronta a esplodere al primo pretesto, magari già la riforma del lavoro che renderà più facile licenziare. Un leader sin troppo forte nel Palazzo rischia di esporsi al malcontento della piazza; in un Paese tuttora bersaglio del terrorismo islamista, come dimostra in queste ore l' attacco al resort degli occidentali nell' ex colonia del Mali.
MACRON SULLA COPERTINA DI GARCON
Macron ha comprato il biglietto vincente della lotteria, e a differenza di altri leader italiani non l' ha perduto, lo tiene stretto in pugno; ma non ha un assegno in bianco. La sua caduta può essere repentina come la sua vittoria. I vecchi partiti possono risorgere in poco tempo, come accadde in passato ai neogollisti e agli stessi socialisti, che nel '93 furono ridotti a 53 seggi e quattro anni dopo conquistarono la maggioranza. Però Macron ha una grande chance. Per il suo Paese, e per l' Europa; quindi anche per noi. Finché splende il sole di Austerlitz, prima che scenda la bruma di Waterloo.
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