RAMAZZA E CULATELLO - LE SCOPE AGITATE DALLA LEGA FINISCONO IN TESTA A BERSANI: DOPO LO SCATTO D’ORGOGLIO INDOTTO DEL TROTA E CON LA MAURO PROSSIMA DIMISSIONARIA (VOLENTE O NOLENTE), IL PD SFIGURA DI FRONTE AL CARROCCIO PER LA POCA FERMEZZA DIMOSTRATA NEI CONFRONTI DEGLI INDAGATI PENATI E LUSI - LA STORIELLA DELLA QUESTIONE MORALE NON REGGE PIÙ E CULATELLO PERDE CREDIBILITÀ A RIDOSSO DELLE AMMINISTRATIVE - PENATI: “ASPETTO IL PROCESSO”…

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

1 - PENATI: ANCH'IO VIA? ASPETTO IL PROCESSO...
Dal "Corriere della Sera"

«A proposito della richiesta di dimissioni da consigliere regionale ricordo che mi sono dimesso prontamente dalla carica di vicepresidente del Consiglio, ho chiesto di essere esonerato dal partecipare a commissioni d'inchiesta per separare la mia vicenda giudiziaria dalla vita dell'istituzione e ho lasciato tutti gli incarichi nel Pd». L'ex vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia, Filippo Penati, indagato per un presunto giro di tangenti, ieri ha replicato a chi, come l'assessore milanese alla Cultura Stefano Boeri, lo ha invitato a presentare le sue dimissioni in Regione.

«Ad oggi - ha detto Penati - la Procura di Monza ha chiesto una nuova proroga di sei mesi delle indagini, che sono peraltro in corso da quasi due anni. Non è neppure stata presentata la richiesta di rinvio a giudizio. Ciò che chiedo è di poter essere sottoposto al più presto a processo».

2 - IL CASO BOSSI, FA DANNI AL PD «ADESSO VIA PENATI E LUSI»
Elisa Calessi per "Libero"

Il primo a porre il problema è stato Stefano Boeri, assessore nella giunta di Giuliano Pisapia e suo sfidante nelle primarie del Pd. «A voler essere onesti», diceva l'altro giorno, «la Lega Nord ci sta dimostrando come si comporta un partito. Anche in assenza di indagati. Il Pd questo non lo ha mai fatto. Purtroppo». Dove il riferimento è a Filippo Penati, indagato, ma ancora consigliere regionale della Lombardia. Poi a fare un altro nome, ieri, è stato Matteo Renzi: «La famiglia Bossi si è dimessa, era il minimo, ma almeno loro lo hanno fatto. Lusi, ad esempio, no».

Insomma le dimissioni di Renzo Bossi - e prima ancora quelle del padre Umberto - hanno provocato riflessioni nelle rispettive famiglie. Con paragoni non sempre a favore del Pd, come notava, su Facebook, una voce critica come quella di Mario Adinolfi: «Bossi non è indagato e si è dimesso da consigliere regionale (cioè rinuncia ai 12mila al mese). Penati è indagato e non si è dimesso».

Un ragionamento che fa breccia nel popolo democratico, come si vede nei social network, dove fioccano richieste di "pulizia" anche nel Pd. I vertici sono prudenti, nessuno ha voglia di trascinarsi in spinose questioni a un mese dalle elezioni amministrative. «È tutto il consiglio regionale lombardo che dovrebbe dimettersi», taglia corto Pippo Civati, il quale, comunque, fa notare come Penati ormai «non ha nessun incarico nel Pd e si è dimesso dai ruoli istituzionali».

Ma l'imbarazzo c'è di fronte a una reazione che non ci si aspettava così immediata. Non a caso in pochi, ieri, attaccavano frontalmente il Carroccio. Al Nazareno nessuno ha voglia di calcare troppo la mano. Nel Transatlantico, ancora deserto, si riconosce che la Lega è riuscita a fare quello che altrove non si riesce. E chi ha il polso del Nord consiglia prudenza rispetto a chi profetizza un crollo del Carroccio:

«Si vota tra un mese. E un mese, in politica, è un eternità», ammette con Libero un dirigente nordista del Pd. La Lega dà lezioni? Forse questo è esagerato. Ma certo qualche domanda la provoca. «Io lo dissi già a settembre 2011 che Penati avrebbe dovuto dimettersi. E lo stesso vale per Lusi», dice a Libero il senatore Ignazio Marino. «Capisco i rapporti personali che il segretario ha con lui e li rispetto. Ma di fronte a certe situazioni bisogna reagire con forza. Bene si è fatto a espellere Lusi».

E le dimissioni da consigliere regionale o da senatore? «Queste non spettano al segretario del Pd. Ma certo sarebbero opportune. Quando in Germania un ministro della Difesa si dimette perché si scopre che molti anni prima ha copiato una tesi di dottorato, che nulla c'entra con il suo incarico, o in Inghilterra si dimette un altro perché ha ha preso una multa per eccesso di velocità, mentre aveva detto che alla guida c'era la moglie, non ci si può stupire se là c'è rispetto per le istituzioni e in Italia, invece, sono al minimo storico. Chiunque ha un incarico elettivo dovrebbe pensare al danno che provoca al Paese un suo comportamento non trasparente».

La preoccupazione, questa sì generale, è, infatti, che a pagare siano tutti. Non solo il singolo. Che il discredito finisca per travolgere tutto e tutti. «Sarebbe bene che tutti riflettessimo», ammette Vincenzo Vita, senatore del Pd. Certo, le scelte vanno commisurate agli incarichi che ciascuno ricopre. Ed è vero che Penati, come anche Alberto Tedesco, non sono più nel Pd. «Ma questa è una materia che andrebbe affrontata con molto rigore da parte di tutti».

Dà ragione a Boeri anche la prodiana Alessandra Zampa, pur precisando «di non condividere il tono e nemmeno il momento». Dice a Libero: «Le vicende sono diverse. Se l'indagine confermasse le ipotesi di reato, Penati dovrebbe dimettersi subito». In ogni caso «non sarebbe stata una cattiva idea neanche per lui dimettersi».

E rende l'onore delle armi alla Lega persino Ugo Sposetti, tesoriere Ds, notoriamente parco nei commenti. «Le dimissioni di Umberto Bossi e del figlio Renzo», ha dichiarato ieri, «sono scelte che meritano rispetto. La Lega, pur con tutti i disastri si sono accumulati, ha preso l'iniziativa. In ritardo, ma l'ha presa». Altri no? La domanda resta sospesa.

 

ROBERTO MARONI PIERLUIGI BERSANI - copyright PizziROBERTO MARONI PIERLUIGI BERSANI - copyright PizziROBERTO MARONI PIERLUIGI BERSANI - copyright PizziFilippo Penati MATTEO RENZI STEFANO BOERILUIGI LUSI pippo-civati