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Andrea Tarquini per "la Repubblica"
Allarme rosso per il caso Cipro nei palazzi del potere tedeschi: quelli del governo qui a Berlino, e i grattacieli delle grandi banche a Francoforte. Il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, alza la voce e avverte che Nicosia deve fare la sua parte, contribuire di tasca sua al salvataggio dell'isola, o non avrà aiuti.
Ma mentre, come si è visto non ha convinto il parlamento cipriota, una notizia divulgata da Spiegel online) ha messo in grave imbarazzo la leadership politica federale: le banche tedesche sono esposte a Cipro per 5,9 miliardi di euro. Sembra ripetersi la situazione di quando, col rischio default greco, gli istituti di credito germanici e in quel caso ancor più francesi premevano in silenzio per imporre ricette dure al paese, per salvare i loro conti.
I dati citati da Spiegel online sono attendibilissimi: vengono dalla Bank for international settlements, l'istituto che controlla e aiuta a organizzare i pagamenti internazionali. Stato cipriota, aziende dell'isola e privati cittadini si sono pesantemente indebitati con gli istituti tedeschi. In altre parole, peraltro senza contare l'altissima esposizione della Russia, la Germania si trova nella scomodissima posizione di essere il secondo creditore di Cipro dopo la Grecia.
Quindi il timore che l'isola fallisca, proprio nell'anno elettorale tedesco, sembra portare il nervosismo dell'establishment tedesco al calor bianco. Dei 33 miliardi di dollari di debito cipriota con banche straniere, ben 31 miliardi sono crediti ad aziende o privati. Solo 2 miliardi sono stati concessi allo Stato cipriota. Ma l'insieme della somma è a rischio in caso di default di Nicosia, e in queste ore il rischio per le banche tedesche è ritenuto altissimo. Tanto da minacciare a medio termine sia il loro rating sia quello della Repubblica federale.
Su questo sfondo, Schaeuble ha parlato con il suo duro tono, rivelatosi poi inutile a convincere i legislatori ciprioti. «Governo e parlamento di Cipro devono prendersi le loro responsabilità , la necessità di un salvataggio non è né del governo tedesco né di altri Stati europei».
E poi: «Il modello di business e sviluppo economico scelto da Cipro ha portato il paese a non essere più solvente, ed è chiarissimo che questo non può essere pagato soltanto dai contribuenti degli altri paesi membri della Ue, e come Cipro debba fare spetta a Cipro deciderlo, non all'eurozona». Poco dopo appunto è arrivato il no del Parlamento cipriota, e la linea dura di Berlino si è rivelata simile a un bluff che mal cela una fortissima vulnerabilità della prima potenza europea.
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