RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Carlo Bertini per “la Stampa”
Malgrado Luca Zaia assicuri che «non c'è la volontà di fare casino», le Regioni si trovano di fronte un muro alzato dal governo, visto che chiedono di smontare il sistema degli indicatori di rischio condiviso da maggio all'unanimità. Portando i parametri da 21 a 5. Roberto Speranza dice no. «Con 21 indicatori la fotografia è più completa». Ma alle regioni la camicia di forza delle zone rosse o arancioni sta sempre più stretta e via via che si avvicina il Natale vogliono tutte strapparsela di dosso.
«Le regioni rosse non devono avere fretta ma prudenza», dice Speranza. Ma come sintetizza Zaia, ci vuole un giorno per entrare in zona rossa e un mese per uscirne: perché due settimane sono il minimo per restarci. E una volta che si torna dentro la fascia meno grave, bisogna confermare quei parametri per un'altra settimana. Quindi si spera di ridurre i tempi, per salvare il Natale. Puglia verso la zona rossa Piemonte, Val d'Aosta, Alto Adige e Lombardia, infatti, candidate a uscire dalla zona rossa verso l'arancione, non vedono l'ora che arrivi il 27 novembre per vederlo messo nero su bianco da un'ordinanza.
La Liguria, che rischiava il percorso inverso, potrebbe salvarsi, la Puglia forse no, il Veneto spera di restare giallo: venerdì dovrebbe essere solo l'Abruzzo ad essere deferito in zona rossa. «Noi vorremmo un cruscotto di parametri più snello con meno dati, in modo da accorciare lo spazio di tempo che vi è dalla raccolta del dato alla decisione finale. Specie in un mese come dicembre, dall'Immacolata in poi», spiega Giovanni Toti. «Siamo tutti disposti ora a tirare la cinghia per poter fare bene il pezzo di anno che fa il 30% dei consumi».
Insomma se ora «servono almeno tre settimane di attesa nella zona assegnata, con dati vecchi di una settimana», l'obiettivo è dimezzare i tempi di attesa. I governatori pongono un altro tema tutto politico: vanno condivise le scelte delle zone, con un contraddittorio, senza scaricare il barile sulla scienza. «Tenendo conto della situazione economica e sociale», spiega Toti, in sintonia con il collega del Friuli Fedriga e con Zaia. Ma Boccia rimanda la questione alla cabina di regia, dove le regioni hanno i loro esperti.
«Lasciamo alla scienza definire i parametri. Mi sembra ci sia una corsa a chi esce prima dalle condizioni di limitata restrizione... Se ci stiamo una o due settimane in più non è un problema». I nuovi criteri e i ristori I governatori entro domani vedranno Boccia e Speranza e poi proveranno a far ritoccare i parametri in tempo per il nuovo Dpcm del 3 dicembre. Mettono nero su bianco una serie di richieste votate all'unanimità. La prima: rivedere i parametri che stabiliscono la collocazione nelle tre fasce, portandoli da 21 a 5. La seconda, ridurre i tempi di purgatorio.
Ma Roberto Speranza, d'intesa con Giuseppe Conte, frena e chiarisce che «sono i 21 parametri insieme all'Rt a determinare quali misure attuare sui territori». In realtà, dalla risposta di Francesco Boccia, si capisce che potrà mutare qualcosa nella gerarchia di importanza dei parametri. «Se invece il nodo è uscire dall'oggettività dei dati per entrare nella discrezionalità della politica, allora no». «I 21 parametri verranno rivisti», conferma Massimo Antonelli del Cts, «e nel loro riordino alcuni guideranno maggiormente rispetto ad altri, per adattarsi alla realtà epidemiologica attuale».
DOMENICO ARCURI FRANCESCO BOCCIA
I governatori chiedono che ne rimangano 5: l'indice di contagio Rt, il numero di positivi per mese, la percentuale di letti occupati in terapia intensiva, i letti disponibili in reparti Covid e nuove risorse per il tracciamento dei casi. Ebbene, la prima concessione a un'altra loro richiesta arriverà dall'Europa e il governo la dovrà recepire: un tampone rapido con esito positivo non avrà bisogno di un tampone molecolare per certificarlo. Ma poi c'è un problema legato ai ristori: vanno erogati in tempi brevi bonus baby sitter, congedi parentali, fondi a sostegno delle categorie penalizzate dalle misure restrittive anche se queste misure sono decise in autonomia dalle Regioni e non dallo Stato
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