DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Carlo Bertini per "la Stampa"
Va bene la personalizzazione estrema, va bene il piglio presidenzialista, ma se perderà le primarie, no, non correrà alle politiche con una lista col suo nome, pure se quotata al 12% stando ai sondaggi Demopolis svelati ieri sera a Otto e mezzo. «Non ci penso neppure - è la reazione di Matteo Renzi di fronte a questi numeri - a maggior ragione se uno perde le primarie deve dimostrare lealtà e serietà . Non sono un arrivista rampantino che cerca di prendere una seggiola e di partiti ce ne sono già troppi». Invece a Renzi piacerebbe «un sistema all'americana con due partiti, dove i cittadini possono scegliere di volta in volta».
Ecco, che «l'americano» Renzi, dopo Veltroni, sia riconosciuto come il più «obamiano» dei leader Pd, non è un mistero: proprio lui, non Bersani, aveva fatto in modo di guadagnarsi un invito alla convention democratica. E l'onda lunga della vittoria di Obama arriva a frangersi sulle primarie dei progressisti di casa nostra. Renzi prova a evocare «il sogno» di un mega-partito dove tutte le anime, le più radicali e le più moderate, convivano e riescano a rappresentare un intero Paese.
E il suo messaggio, consegnato ieri ad «Avvenire» e in serata a «La7», riecheggia quello della «vocazione maggioritaria» di veltroniana memoria. Prima ad «Avvenire»: se vincesse le primarie il «suo» Pd non si siederà con Vendola e Casini per trattare alleanze di governo. «Perché il Pd di Renzi può correre e vincere da solo, senza i partiti, con gli italiani. Questa volta è concreta la possibilità di farcela, ma la nuova stagione non passa dagli accordi di potere, non prende forma dietro un'estenuante ricerca di equilibri e infinite trattative. La sola stella cometa è la governabilità ».
Altra musica rispetto a quella che è costretto a suonare il Pd di Bersani, impelagato in alchimie per superare il fatidico 40% della ipotetica nuova legge elettorale, inanellando sfilze di alleati, non solo Vendola e i socialisti, ma anche ex dipietristi, liste arancioni dei sindaci, o rinnovate intese con Radicali e Verdi.
Ed è la stoccata al segretario la più dura di Renzi, perché il modello di legge elettorale allo studio «riesce nel miracolo di essere un porcellum al quadrato e non capisco la sua ira, non si è comportato in modo trasparente, troppe tattiche...». Insomma l'ultimo miglio delle primarie fa mettere in soffitta il fair play, è l'ora della battaglia finale per vincere la guerra. Ed è bastato l'annuncio di un Renzi che corre da solo per far scattare ironie sui social network e acidi rimbrotti: tutti gravitanti sull'accusa che «allora così si candida a perdere le elezioni» e che «forse non si è accorto che le primarie sono già di coalizione».
Vendola il più duro, «Allora perché si candida?». Bersani ironico, «Dice così? à solo un'impressione». E lui, lo sfidante, piomba nella capitale per inaugurare il suo «comitato nazionale», in un simbolico crocevia dei Palazzi romani, a piazza delle Cinque Lune, cento metri dal Senato e da Montecitorio.
Poi nello studio della Gruber è costretto a frenare, «se vinco le primarie, l'alleanza è quella della cornice della carta d'intenti dei progressisti», quindi Vendola e i socialisti. «Nessuno mette in discussione l'alleanza, ma chi vince le primarie decide il programma dentro la cornice della carta d'intenti. E chi perde deve sostenere quel programma: Vendola se perde deve sostenere quel programma...». Tradotto, sarà lui il primo a non voler stare con me.
saluti_RENZI E BERSANILE SAGOME DI MATTEO RENZI E PIERLUIGI BERSANI PER LE PRIMARIE jpegPIER FERDINANDO CASINI ROMANO PRODI FESTEGGIA LENTRATA IN VIGORE DELLEURO jpegValter Veltroni ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI
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