“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Tommaso Labate per Pubblico
Quando attacca a parlare, e dice <se perdo>, dietro le quinte qualcuno trattiene il fiato. E le ripete più volte, Matteo Renzi, quelle due parole che messe insieme danno il senso di una sconfitta annunciata. <Se perdo>. Tra i suoi c'è chi cerca di darsi la carica per affrontare l'ultimo miglio. <Guardate che qua giochiamo per vincere>, sussurra a bordo palco il giovane Ernesto Carbone, cresciuto nell'area di Enrico Letta. <Vinciamo e basta>, scandisce invece Maria Elena Boschi, una delle tre front girl che hanno accompagnato il sindaco di Firenze in giro per l'Italia.
<Matteo>, però, va per la sua strada. Una strada che porta alla costruzione del suo futuro dopo quella sconfitta contro Pier Luigi Bersani che anche lui, ormai, ha messo in conto. Il passaggio chiave del suo intervento pomeridiano, lo stesso in cui lascia intendere che comunque non combatterà per delegittimare le primarie, è questo. <Se vedete delle anomalie nel voto segnalatele tutte. Anche sulla mia pagina di Facebook. E non col rancore di chi dice "non riusciamo a vincere con queste regole". Ma col sorriso sulle labbra>.
à quello <il> segnale che Renzi, direttamente dal palco della Leopolda, manda al gruppo dirigente del partito. Un messaggio in codice che, debitamente decrittato, suonerebbe più o meno così: <Non metterò in discussione la competizione ed eviterò qualsiasi ricorso alle carte bollate>.
Perché il rischio di una macchina che finisca per fare acqua da qualche parte - soprattutto se si supereranno i due milioni e mezzo di votanti - c'è. E basta niente per accendere un fiammifero che può trasformarsi in un incendio. D'altronde è un rischio che avvertono anche i bersaniani. <A settembre e ottobre, alcuni grandi poteri si sono mossi per evitare che Bersani vincesse. Adesso che si sono resi conto che invece vince di sicuro, qualcuno si darà da fare per delegittimare la partita>, confidava l'altro giorno a qualche amico Miguel Gotor, il capofila degli intellettuali bersaniani.
Lo spettro che agita gli incubi del comitato del segretario, in fondo, può partire da un nonnulla e trasformarsi in un dramma. <Basta una telecamera che inquadra due ragazzi che urlano "volevamo votare per Renzi ma ai gazebo ce l'hanno impedito" e qualcuno può scatenare un putiferio....>, dice a microfoni spenti uno degli spin doctor del leader pd.
Dall'identikit di quel <qualcuno>, al momento, Renzi si chiama fuori. "Segnalazione delle eventuali <anomalie> sì, rancore no", è la regola d'ingaggio del sindaco. Eppure, tra i suoi, non mancano i <falchi>, quelli che considerano le primarie una guerra senza esclusione di colpi. Come Roberto Reggi, che continua a lanciare strali contro il partito. E come molti degli amministratori locali che costituiscono l'ossatura dei comitati renziani.
Contro lo schema barricadero, però, è in campo l'ala delle colombe. Si tratta di quelli che <il Pd verrà sempre e comunque prima di una scelta di parte>. Come Lino Paganelli, una vita nel Pci-Pds-Ds (di cui è stato anche tesoriere, ai tempi di Veltroni) e poi Pd (responsabile delle feste democratiche), oggi deus ex machina della macchina organizzativa di <Matteo>.
E come Domenico Petrolo, che lavora al Dipartimento cultura e informazione del Nazareno. E che infatti dice: <Per me è stato chiaro fin dal momento in cui ho scelto di sostenere Renzi. Un minuto dopo la fine delle primarie, tutti devono tornare a disposizione di chi vince per riportare il centrosinistra al governo>.
Ma che cos'ha in mente Renzi? Come vede il suo futuro nel Pd? Mario Adinolfi, dopo che l'ha sentito parlare, lo dice senza tradire la minima ombra di un dubbio: <Una corrente strutturata e radicata sul territorio. Ma non come la dalemiana Red. Bensì identica, nel metodo, a quella che era la Sinistra di base della Democrazia cristiana. Che poteva essere ora maggioritaria ora minoritaria, ma per fare qualsiasi scelta non si poteva prescinderne. E non dimentichiamoci che Matteo viene da quel mondo lì....>. Perché, aggiunge il deputato blogger, <quello che Renzi ha costruito è un missile a due stadi. Può colpire e affondare adesso o può farlo in un secondo momento. E non dimentichiamo che tra pochi mesi c'è il congresso>.
Una corrente, insomma. Magari intesa nel senso più alto del termine. Ma il punto di caduta del movimento renziano potrà essere proprio quello. Anche perché i tanti che consigliavano <Matteo> di abbandonare il Pd dopo l'eventuale sconfitta alle primarie sono già stati sconfessati. Davide Gariglio, il capo dei renziani di Torino, ancora lo racconta: <Io ero tra quelli che pensavano che Matteo non dovesse neanche candidarsi alle primarie. Doveva uscire dal Pd e recuperare tutto lo spazio al centro. Ma ormai è andata così. Vediamo come andrà a finire>. Risposte che il Renzi del <se perdo> sembra aver già trovato.
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