LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…
Elisa Calessi per “Libero quotidiano”
marino renzi foto mezzelani gmt325
Nessuno sconto a chi ha sbagliato, per cui «chi ha ceduto dovrà pagare il suo debito con la giustizia, non è degno di stare nel Pd». Ma piena fiducia al sindaco Ignazio Marino, come al presidente della Regione, Nicola Zingaretti. Perché, lungi dall’essere collusi con il sistema criminale che sta emergendo, «sono stati un baluardo contro il malaffare». Quindi, vadano pure avanti.
Nel giorno in cui va in scena il secondo atto di Mafia Capitale, con 44 arresti che toccano anche il Pd, tra consiglieri comunali e dirigenti della Regione Lazio, tocca a Matteo Orfini, nominato commissario del partito romano dopo la prima ondata di arresti, spiegare la linea del Pd. Naturalmente tutto viene concordato di prima mattina con l’altro Matteo, quello che siede a Palazzo Chigi, ma è anche segretario di questo Pd. La trincea è quella detta: pugno di ferro coi «corrotti», pieno sostegno a Marino e a Zingaretti, che, anzi, erano nel «mirino» dei criminali.
RENZI FA CAMPAGNA ELETTORALE PER MARINO
Prima della conferenza stampa, Orfini incontra il sindaco e il governatore. Li informa di quello che si è deciso con il premier, di quello che intende dire ai giornalisti, ma soprattutto li tranquillizza sul fatto che il Pd sta con loro e li difenderà. Il nuovo round di misure cautelari era in qualche modo atteso. Il che non significa sia stato un bel risveglio per i dirigenti dem di Roma e non solo, a cominciare dal comandante in capo, Renzi. Certo, il premier è preoccupato dal danno di immagine che la vicenda può provocare al Pd e in particolare al Pd capitolino.
Durante la conferenza stampa seguita all’incontro con il presidente del Cile, Renzi, senza citare Mafia Capitale, usa però parole durissime contro i corrotti: «Un paese solido è quello che combatte la corruzione con grande decisione e grande forza, mandando chi ruba in galera, nel rispetto del processo. Chi ha violato le regole del gioco è giusto che paghi tutto, fino all’ultimo centesimo».
Non è un mistero che il premier abbia più di una riserva su Marino come amministratore, gli scontri con lui sul piano della gestione della città non sono mancati. Tra i renziani sono in molti a essere preoccupati per il consenso bassissimo che il sindaco ha tra i romani e farebbero carte false perché non si ricandidasse. Ma su Mafia Capitale, la copertura (da Renzi in giù) è assoluta. Almeno fino a quando non emergessero coinvolgimenti di uomini a lui vicini, cosa che finora non è stata.
Certo, se accadesse, tutto cambierebbe. E non può essere escluso. Allora, la partita sarebbe tutta un’altra. E, c’è da giurarci, Renzi non si sbraccerebbe per difendere il sindaco di Roma. Ma fino a quando non succede, la linea è questa. Si tratta di una risposta in parte obbligata, perché andare al voto ora, dopo un’inchiesta del genere e con un’amministrazione che certo non gode della simpatia della maggioranza dei romani, è un suicidio. Significherebbe consegnare la Capitale alla destra o, magari, ai Cinque Stelle.
Ma la difesa del sindaco, sostengono al Nazareno, è suffragata dalle carte dell’inchiesta, da dove emerge non solo l’estraneità dell’ex chirurgo, ma il fatto che fosse nel “mirino” del sistema criminale. «Marino», ha detto Orfini, «non deve dimettersi e deve andare avanti sulla linea di questi ultimi anni, come sta facendo Nicola Zingaretti».
E ha smentito che ci siano le «condizioni» per lo scioglimento del Comune di Roma. La preoccupazione principale, in ogni caso, è distinguere il Pd sano dalle “mele marce”. «La procura», ha detto ancora Orfini, «ha sempre avuto il Pd al suo fianco». Certo, «qualcuno nel nostro partito ha ceduto», chi lo ha fatto, «dovrà pagare il suo debito con la giustizia».
Ma c’è stata una reazione: «Il nostro partito è stato commissariato», gli indagati sono stati «sospesi» e allontanati. Orfini ha anche tirato in ballo i Servizi di Sicurezza: «Chiederò al Copasir di occuparsi della vicenda per capire come i servizi segreti non si siano accorti di cosa stesse facendo una persona a loro evidentemente nota come Carminati» e di come «abbia potuto costruire un sistema criminale di tale entità».
Ha ammesso che nel Pd di Roma «c’è stata una guerra per bande». Ma «c’è un problema in tutta la città». Nella politica, come nelle altre «classi dirigenti». Il timore più forte è che questa vicenda avvantaggi nella Capitale la Lega e il M5S. Il Carroccio, si è visto alle ultime Regionali, sta sfondando anche nelle regioni rosse. E anche i grillini si stanno radicando nei territori, cosa che fin qui non era accaduta. Non a caso Orfini ha attaccato entrambi.
ORFINI E RENZI GIOCANO ALLA PLAYSTATION
Al leader della Lega ha ricordato che «il sistema criminale» delineato dai magistrati «è potuto avvenire in questa città perché c’erano delle norme volute dal ministro Maroni». Riguardo ai Cinque Stelle, ha notato che i loro esponenti sono «gli idoli dei clan di Ostia» e Grillo è quello che sostiene che «la mafia non esiste». Mentre alla Meloni ha fatto notare che «in questa vicenda gli unici indagati per il 416 bis sono l’ex sindaco Gianni Alemanno e Gramazio».
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - MARIA ROSARIA BOCCIA COLPISCE ANCORA: L'EX AMANTE DI SANGIULIANO INFIERISCE SU "GENNY…
DAGOREPORT - NON SAPPIAMO SE IL BLITZ VOLANTE TRA LE BRACCIA DI TRUMP SARÀ UNA SCONFITTA O UN…
DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DI CECILIA SALA? BUIO FITTO, PURTROPPO. LA QUESTIONE DELLA…
DAGOREPORT – IL 2025 HA PORTATO A GIORGIA MELONI UNA BEFANA ZEPPA DI ROGNE E FALLIMENTI –…
DAGOREPORT - DAVVERO MELONI SI È SOBBARCATA 20 ORE DI VIAGGIO PER UNA CENETTA CON TRUMP, CON…