DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Elisa Calessi per Libero Quotidiano
Come i generali prima della battaglia - perché battaglia sarà - anche Matteo Renzi, ieri, si è rinchiuso al Nazareno per studiare le mosse. La sentenza della Consulta sull' Italicum era prevista in serata. Bisognava prepararsi. Perché è evidente che, un minuto dopo la sentenza, si aprono i giochi. Poi, a metà pomeriggio, è arrivata la notizia che la sentenza era rinviata a questa mattina. Battaglia rimandata.
Ma la strategia è pronta. E ieri l' ha spiegata ai fedelissimi. La prima cosa che Renzi dirà, un minuto dopo la sentenza, è che «ora il Paese può andare al voto». Perché, in punta di diritto, un pronunciamento della Consulta sulla legge elettorale deve garantire il normale funzionamento delle istituzioni democratiche. Non può esserci un vuoto normativo. Secondo: il problema di rendere omogenee le leggi elettorali per Camera e Senato - il paletto messo da Sergio Mattarella - «non esiste». Certo, si cercherà un' intesa parlamentare. «Ma se non si trova, cosa si fa? Non si va più a votare?», come si chiedeva ieri Matteo Orfini alla Camera.
E non è vero che, se la Consulta mantiene il premio di maggioranza alla Camera, si è costretti a introdurre un simile meccanismo al Senato. «La soglia dell' 8%, prevista dal Consultellum al Senato», spiegava sempre il presidente del Pd, «è di per sé un correttivo maggioritario». Insomma, è il ritornello di Renzi, «non c' è nulla che ci obbliga a nulla». Né formalmente né sostanzialmente.
A meno che, e questa ieri era la grande preoccupazione del segretario del Pd, la Consulta non prepari la classica polpetta avvelenata. E al Nazareno girava anche l' ipotesi di quale potesse essere: tolto il ballottaggio e mantenuto il premio di maggioranza, i giudici potrebbero non esprimersi sulle pluricandidature (che, oltre al ballottaggio, è l' altro quesito su cui la Corte è chiamata a esprimersi), ma invitare il Parlamento a risolvere la faccenda. Se lo fanno, si diceva ieri al Nazareno, «vuol dire che Amato vuole fregare Matteo».
Se, infatti, nel dispositivo è messo nero su bianco che il Parlamento deve intervenire sul tema portato all' esame della Consulta, è più complicato sostenere che si possa andare già a votare. E nella vulgata non solo, a quanto pare, giornalistica, dietro questa mossa ci sarebbe la firma del "Dottor Sottile". Il quale non è un mistero non abbia in simpatia il segretario del Pd. O almeno così pensano al Nazareno. Un passaggio di questo tipo, si ragiona, inchioderebbe il Parlamento a trovare un' intesa che si annuncia complicata. Ergo, la legislatura proseguirebbe fino al 2018.
A parte questa incognita, la linea di Renzi resta quella detta: «Nessuno ci obbliga a nulla». Né i giudici della Consulta, né gli ex giudici, vedi Sergio Mattarella. Anche perché, si ricorda tra i renziani, il Mattarellum, dal nome dell' attuale inquilino del Colle, non prevedeva leggi elettorali perfettamente omogenee per Camera e Senato. «E allora che cosa vuole da noi?». Aria di guerra, insomma. E il Quirinale è dall' altra parte del campo di battaglia.
«Nulla ci obbliga a nulla», ripete Renzi ai suoi. Anche se, naturalmente, sta ragionando su possibili modifiche. Perché è molto probabile che la legge partorita dalla Consulta crei problemi anche al Pd. Soprattutto se, come pare, manterrà il premio di maggioranza al 40%, senza prevedere le coalizioni. Cosa che renderebbe quasi impossibile accedere al premio. Per questo, Renzi starebbe ragionando su un' offerta da fare a Silvio Berlusconi.
«Noi togliamo le preferenze, lui accetta di abbassare il premio di maggioranza». Il sistema che si avvicina di più e che potrebbe chiudere l' intesa è il Provincellum. E già esiste una proposta di legge presentata da Dario Parrini, renziano doc, per estenderlo a Camera e Senato.
E se Berlusconi non volesse trattare, puntando ad allungare la legislatura? «Se dalla sentenza esce un Italicum senza ballotaggio ma con le preferenze, ha tutto l' interesse di sedersi al tavolo», dice un altro renziano, David Ermini. Detto questo, l' obiettivo di Renzi resta il voto. Per cui se Berlusconi accetta bene, se no farà di tutto per andare a votare a giugno. Anche con una legge con mille difetti.
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