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1 – GOVERNO, VOLANO INSULTI DIMEZZATO E CONTE "SALVA" SIRI
Emilio Pucci per “il Messaggero”
«C' è una gran bella differenza tra garantismo e, diciamola così, paraculismo». E' metà pomeriggio quando, via Facebook, Luigi Di Maio mette da parte la grisaglia e rispolvera il turpiloquio per attaccare la Lega sul caso Siri. «Si sciacqui la bocca chi accosta la mafia alla Lega», replica a muso duro Matteo Salvini. Ormai, insomma, dopo il Cdm di fuoco dell' altra notte, tra gli alleati siamo agli insulti.
Intanto però sul nodo chiave di queste ore - la sorte del sottosegretario leghista indagato - si prende tempo e, di fatto, Giuseppe Conte lo salva. Aveva detto, l' altro giorno «dopo Pasqua deciderò sulle dimissioni». Pasqua è passata e Conte rinvia ancora.
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO INNAMORATI
Per il momento c' è solo una telefonata in cui il premier avrebbe sondato il terremo: «Fai un passo indietro oppure sarò costretto a intervenire io. Hai tutto il diritto di difenderti ma da senatore. E' venuta meno la fiducia, occorre chiarire tutta la vicenda».
luigi di maio matteo salvini san valentino
E se sul Salva Roma uscito dimezzato dal Cdm non si è ancora spenta l' eco delle polemiche ma lo scontro è rinviato a quando il provvedimento arriverà in Parlamento («Salvini aveva una occasione per fare qualcosa di buono per gli italiani, ora ci penserà il Parlamento», commenta la Raggi) sul caso del sottosegretario indagato per corruzione il rischio di una crisi di governo è ancora dietro l' angolo.
OCCHI NEGLI OCCHI
La mossa del premier è quella di dare il via libera ad un Dpcm per revocare la nomina del sottosegretario. Una mossa che però non arriverà prima del ritorno di Conte dal suo viaggio in Cina quando avverrà l' incontro con Siri. «Lo guarderò negli occhi e valuterò il da farsi», ha spiegato il presidente del Consiglio, dopo avergli telefonato.
Sarà lui a decidere al di là dei tempi della giustizia perché «nell' ambito politico conta anche l' etica pubblica che impone di fare una valutazione a caldo e in alcuni casi di non attendere che la sentenza passi in giudicato». Una tesi che Salvini non ha affatto gradito. «Né io né il premier facciamo il giudice o l' avvocato», ha osservato, «io aspetto la magistratura, siamo in un paese civile dove non si è colpevoli o innocenti così, in base a un' occhiata».
La reazione di Di Maio non si è fatta attendere: «Per noi se una persona viene arrestata o indagata per corruzione deve lasciare. Se non lascia, lo accompagniamo noi fuori dalla porta. Senza aspettare i magistrati». muro contro muro, appunto.
giancarlo giorgetti virginia raggi
La Lega spiega un big del Carroccio non intende attendere il primo grado di giudizio ma non è disponibile a processare un proprio esponente «per qualche titolo di giornale». La difesa di Siri resta ma, visto che non ha più le deleghe e non rappresenta più il governo, potrebbe arrivare argomenta un altro dirigente del partito di via Bellerio anche un suo passo di lato. Ma solo questo il ragionamento sulla base di una soluzione condivisa tra Conte, Salvini e Di Maio.
Per Di Maio, invece, è proprio l' alleato di governo a doversi scusare per i continui affondi come sul Salva Roma. Il capo politico M5S avverte la Lega che «in Parlamento è disposto a fare asse» anche con FdI per garantire che tutti i Comuni indebitati possano beneficiare dell' aiuto «a costo zero» dello Stato.
«Tutta la Lega è al lavoro per aiutare concretamente i cittadini romani che non hanno bisogno di regali, ma di una amministrazione cittadina concreta ed efficiente», l' affondo del ministro dell' Interno, con la Lega che rivendica il merito di aver svuotato il Salva Roma ma annuncia un piano per dare più poteri alla Capitale. Il responsabile del Viminale è tranchant: «Ci sono centinaia di Comuni italiani in difficoltà, da Nord a Sud, e da prima forza politica del Paese è nostro dovere aiutarli ed ascoltarli tutti».
Il clima è ancora quello della campagna elettorale. Con M5S che non molla sulla richiesta delle dimissioni di Siri: «Sembra di rivivere il film di Renzi con la Boschi», ironizzano ai piani alti del Movimento. Di Maio chiede a Salvini di rinnovare la fiducia alla base del contratto di Governo «con gesti concreti e allora se la Lega non c' entra niente con le accuse che vengono mosse a Siri dimostri la propria estraneità a questi fatti presunti allontanando Siri dal governo». «La posizione M5S è legittima», la sponda di Conte che non a caso ricorda la tolleranza zero dei pentastellati sulla vicenda che ha coinvolto De Vito.
2 – SVUOTATO IL "TAGLIA-DEBITO": COSÌ È UN DANNO PER ROMA
Carlo Di Foggia per “il Fatto Quotidiano”
È il paradosso finale di un compromesso che brucia per i 5Stelle. La norma cosiddetta "taglia debito" di Roma viene svuotata e da potenziale beneficio diventa un potenziale danno da quasi 600 milioni per la Capitale. "Così è un distruggi-Roma", spiegano al Fatto autorevoli fonti di governo. Dopo lo scontro nel Consiglio dei ministri di martedì notte, la Lega ha ottenuto di peggiorare la norma che doveva entrare nel decreto Crescita.
Sopravvivono solo i commi 1 e 7 del testo, mentre vengono cancellati tutti gli altri. La norma originaria, studiata dalla viceministra Laura Castelli ( M5S ), prevedeva che lo Stato si accollasse la parte finanziaria dei 12 miliardi teorici del debito storico di Roma, trasferiti nel 2010 dal governo Berlusconi a una gestione commissariale alimentata ogni anno da 300 milioni del Tesoro e 200 provenienti dall' addizionale Irpef comunale e da una tassa sui voli in partenza dalla Capitale. In sostanza, il Tesoro si accolla 3,6 miliardi di obbligazioni con le banche, con l' obiettivo di rinegoziare tassi più vantaggiosi, e riduce i suoi versamenti alla gestione commissariale per pagare gli oneri finanziari (74,8 milioni l' anno).
Il piano di rientro dai debiti passa al Comune, e la speranza della giunta Raggi era che il debito commerciale alla fine si rivelasse minore del previsto, così da permettere nel 2021 un taglio dell' addizionale Irpef alla vigilia delle elezioni comunali. L' effetto per lo Stato sarebbe stato neutro, ma si sarebbe evitata la crisi di liquidità in cui la gestione commissariale sarebbe incorsa dal 2022.
Tutta questa parte è stata cassata. Resta solo il comma 1, che accolla a Roma i 600 milioni di crediti che la gestione Commissariale aveva nei confronti dello stesso Comune per effetto del decreto "salva Roma" varato nel 2014 per salvare la giunta Marino. In sintesi: il Comune cancella questo debito, ma riceve i crediti vantati dalla gestione commissariale, che però sono incerti, e quindi deve accantonare un fondo a copertura dei rischi. In sostanza, il Comune di Roma perde dei crediti certi per ottenerne degli altri dubbi, con un potenziale danno da 600 milioni.
matteo salvini e virginia raggi 4
E senza il beneficio dell' accollo delle obbligazioni da parte del Tesoro che avrebbe ampiamente compensato l' effetto negativo. Non solo. Il comma 7, altro sopravvissuto, consente poi al Comune di erogare liquidità d' emergenza alla gestione commissariale per evitarne il default. Una vera beffa.
Insomma, eliminare del tutto la norma sarebbe stato meglio. I 5Stelle sono furiosi. Sotto accusa è finita la gestione disastrosa del Cdm, con l' assenza in massa dei ministri 5Stelle. L' obiettivo ora è inserire i commi cancellati in fase di conversione del decreto. O di fare un decreto ad hoc che incorpori le norme per aiutare i Comuni in difficoltà. "Se la Lega è interessata il pacchetto è già pronto", ha spiegato ieri Castelli.
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