DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Il governo è appeso alle mosse di Matteo Renzi. A Palazzo Chigi hanno letto le ultime dichiarazioni del fondatore di Italia viva come la conferma che l'ex premier andrà «fino in fondo». Il che vuol dire che già da domani ogni giorno è buono perché il senatore toscano ritiri la sua delegazione e apra la crisi. Uno strappo che potrebbe portare a un «rimpastino», a un Conte ter o a un nuovo governo.
«Renzi vuole aprire la crisi e solo dopo trattare il nuovo assetto», è l'idea che prevale tra i dem. Ma dentro Italia viva gli umori sono bellicosi: «Se le nostre ministre lasciano non c'è nessun ter, per noi con Conte è chiusa».
Il dopo, per Renzi, non è certo il voto anticipato, ma un altro premier, che nei suoi disegni avrebbe il volto di Dario Franceschini, con Luigi Di Maio come vice. Il ministro degli Esteri si tiene lontano dal braccio di ferro e spera che Conte trovi una strada per ricucire con Renzi, perché, come ha confidato ai suoi, «il Paese non ci perdonerà mai di averlo abbandonato in piena emergenza».
GIUSEPPE CONTE MATTEO RENZI - BY GIANBOY
Nel Pd sperano che Conte in extremis tiri fuori una carta dal taschino. «La partita è nelle sue mani», concordano i ministri del Pd e si augurano che il premier si arrenda e apra all'odiato «rimpastino». Che poi tanto «ino» non sarebbe, se è vero che nell'entourage del capo del governo si sta valutando di sacrificare la ministra tecnica Luciana Lamorgese per offrire a Renzi gli Esteri spostando Di Maio all'Interno.
ROBERTO GUALTIERI GIUSEPPE CONTE
Il premier appare immobile e asserragliato ai piani alti di Palazzo Chigi. Zingaretti e compagni lo difendono, ma le cose devono cambiare, nel senso di una maggiore concretezza e condivisione. La prima contromossa di Conte è il tentativo di accelerare sul Recovery. Oggi stesso l'avvocato pugliese vedrà i capi delegazione per parlare di emergenza Covid e anche per ragionare della nuova governance del piano, che Conte aveva immaginato a tre (con Gualtieri e Patuanelli) e che potrebbe diventare a cinque, con Speranza per Leu e Rosato per Italia viva.
Lunedì la bozza del piano, riveduta e corretta dopo le critiche e le proposte dei partiti, sarà consegnata dal Mef a Palazzo Chigi. Ed entro il 6 gennaio Conte presiederà il Consiglio dei ministri. Solo allora si capirà se l'incrocio vorticoso di telefonate, la moral suasion del Quirinale e la paura del voto avranno cambiato il quadro.
«Si sta discutendo - conferma le trattative un ministro -. Penso che Bonetti e Bellanova si dimetteranno e Conte porterà la crisi in Parlamento. Ma speriamo ancora di evitarlo». L'unica certezza a Palazzo Chigi sembra questa. Se la delegazione di Italia viva non voterà il Recovery, per quanto molte proposte di Renzi siano state accolte dal ministro Roberto Gualtieri e dallo stesso Conte, il presidente si presenterà in Parlamento per verificare se ha ancora una maggioranza.
Un proposito che Renzi, che si aspettava una chiamata da Palazzo Chigi per un faccia a faccia, ha preso come un guanto di sfida. «Così "Giuseppi" si è bruciato, ha fatto capire che è alla ricerca di responsabili per salvarsi - si sfoga un senatore vicinissimo all'ex premier -. Alle lettere di Renzi non ha mai risposto». Il tempo è scaduto, o forse no. Al vertice di Italia viva c'è ancora chi spera che Conte risponda pubblicamente alle proposte (e alle critiche) di Renzi su Mes, Recovery, delega ai Servizi segreti. Sempre che non sia vero quel che i «big» di Iv si sono messi in testa: «Conte si è innamorato delle elezioni. Vuole farsi la sua lista e tenersi pronto per il voto anticipato».
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