FLASH! - IL DAZISTA TRUMP, PER SPACCARE L'UNIONE EUROPEA A COLPI DI TARIFFE SUI PRODOTTI ESPORTATI…
Cesare Zapperi per corriere.it - Estratti
Il record lo stabilì Marco Boato, deputato radicale capace di parlare senza sosta dal suo scranno alla Camera per 18 ore e 5 minuti. Ma altri parlamentari legati a Marco Pannella (anche lui maestro di oratoria torrenziale), da Franco Roccella a Massimo Teodori, non sono stati da meno (16 ore). E lo storico leader del Movimento Sociale, Giorgio Almirante, allora? Si conquistò il soprannome di «vescica di ferro» per aver inchiodato i colleghi ad ascoltarlo per oltre dieci ore.
Ma dentro l'arco costituzionale i primi a praticare l'ostruzionismo, che in questi giorni riaffiora in Parlamento per l'iniziativa dei deputati 5 Stelle di intervenire in 36 sul dl Cultura pur di parlare del caso Almasri, sono stati nel primissimo Dopoguerra i comunisti e i democristiani. Su tutti, tra i primi, Giancarlo Pajetta. E tra i secondi, incredibile a dirsi, Giulio Andreotti.
Le regole parlamentari sono cambiate dagli anni Ottanta. Proprio l'exploit oratorio di Marco Boato, tra il 7 e l'8 febbraio del 1981 (parlò ininterrottamente dall20 fino alle 14,05 del giorno dopo) indusse l'allora presidente della Camera Nilde Iotti a stabilire che ogni intervento potesse durare al massimo 45 minuti. E così, addio ostruzionismo (prodotto importato dall'anglosassone filibustering). Ma che imprese a quei tempi. Boato, per esempio, conquistò il record faticando a battere il collega radicale Massimo Teodori che solo un paio di giorni prima si era prodotto in 16 ore filate di discorso. E va ricordato che bisognava parlare a braccio e non era consentito appoggiarsi ai banchi. Insomma, una fatica non da poco anche dal punto di vista fisico.
Tant'è che c'è chi ricorda che un altro deputato radicale, Franco Roccella (padre dell'attuale ministra Eugenia), si fece applicare un catetere per non essere costretto ad abbandonare lo scranno per gli inevitabili quanto impellenti bisogni fisiologici. Il missino Almirante, invece, in virtù della sua maggiore resistenza durante i suoi fluviali interventi si fregiò dell'appellativo di «vescica di ferro» di cui andava orgoglioso.
Meno legato ad imprese «individuali» ma non meno rilevante l'ostruzionismo praticato anche da i due principali partiti della Prima Repubblica. Il Partito comunista nel 1949 tenne inchiodato il Parlamento per «tre giorni e tre notti» (così raccontano le cronache dell'epoca) per cercare di scongiurare l'adesione dell'Italia alla Nato, mentre nel 1953 nella battaglia in Aula contro la cosiddetta Legge Truffa (legge elettorale maggioritaria voluta dall'allora ministro dell'Interno Mario Scelba) si distinse per vigore, non solo oratorio, Giancarlo Pajetta.
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