DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Roma bloccata a causa di oltre 40 centimetri di neve che nelle ultime 24 ore hanno paralizzato la Capitale. E mentre le autorità spiegano ai cittadini di uscire di casa solo in caso di stretta necessità , scoppia la polemica tra Gianni Alemanno e il capo della Protezione Civile Franco Gabrielli.
Il sindaco infatti ha invocato una commissione d'inchiesta e ha accusato il servizio di previsioni meteo, che secondo lui non aveva avvertito dell'emergenza in atto. Un'accusa che Gabrielli ha rispedito al mittente. A testimoniarlo, spiega, ci sono le registrazioni del Comitato operativo della Protezione Civile del 2 febbraio a cui ha partecipato lo stesso sindaco e in dove è stata presentata l'ondata di maltempo in arrivo e le sue conseguenze.
"Le previsioni non erano corrette", ha dichiarato Alemanno, che ha spiegato: "Nel bollettino meteo di giovedì si parlava di 35 millimetri e la sera di 10-15 centimetri: chiedo trasparenza e una commissione che accerti tutte le responsabilità . Ogni volta sappiamo in ritardo e male le situazioni e le fronteggiamo soltanto con le nostre forze. Da venerdì pomeriggio stiamo cercando di rimediare solo con le nostre forze".
E si difende dalle accuse di Gabrielli che ribadisce: il sindaco era perfettamente a conoscenza della gravità delle previsioni. "Sì le conoscevo - ha aggiunto -. Mi hanno anche preso in giro perché avevo deciso di chiudere le scuole anche se le previsioni di rischio erano molto modeste. E mi sono esposto alle critiche per il bene di Roma".
Ma il botta e risposta tra i due non si ferma e ai microfoni di SkyTg24 Alemanno spiega: "Qui siamo noi a accusare. Io sto diffondendo il bollettino meteo della protezione civile che parlava di 35 millimetri di neve su Roma giovedì". E continua ad attaccare Gabrielli: "Non ho niente da nascondere - ha proseguito il sindaco - noi facciamo il massimo che ci è possibile con i nostri mezzi. Se la protezione civile aveva dubbi sulla adeguatezza del sistema anti-neve della capitale ce li potevano comunicare prima. Io mi sono adeguato alle loro previsioni".
Il sindaco, come era accaduto anche per i riot londinesi, ha invitato i concittadini ad affiancarsi a che è impiegato nella pulizia delle strade: "Ci saranno dei punti di distribuzione di pale - ha spiegato-. Se ci sono dei cittadini attrezzati che vogliono dare una mano ai volontari, indicheremo dove distribuiremo delle pale, per fare in modo che ci sia un grande concorso anche della popolazione per liberare Roma dalla neve".
Intanto su Twitter spopolano i commenti su un account fasullo del sindaco che ha dato consigli ai suoi cittadini su come affrontare l'emergenza meteo e a cui molti hanno creduto. Ma lo staff del sindaco è intervenuto per smentire su Facebook con un comunicato: "Vi segnaliamo una gravissima sottrazione di identità verificatasi sul Social Network Twitter, ed avvenuta tramite una combinazione per niente casuale delle lettere del cognome del sindaco Gianni Alemanno". Ma se l'emergenza fake è stata risolta, quella del maltempo rimane.
LE CODE LUNGHE 280 CHILOMETRI - DALLE 12 ALLE 18 SENZA VEDERE UN MEZZO DI EMERGENZA
Paolo Conti per Corriere della Sera
Prima le immagini oleografiche e rassicuranti, da Bel Paese spendibile sui media di mezzo mondo. Benedetto XVI contempla piazza San Pietro imbiancata come la sua veste pontificia: c'è ancora l'albero di Natale, come da calendario liturgico, il tutto fa un effettone. La turista cinese fotografata dal marito davanti alla Fontana di Trevi quasi ghiacciata.
I fiocchi cadono nel Pantheon dal foro della cupola, dove altro può capitare qualcosa del genere? Il Colosseo e i Fori glassati. La felicità dei bambini. Villa Borghese trasformata nella Foresta Nera. L'inevitabile pupazzo di neve. La Lupa capitolina col manto candido, antica, fiera e altera.
Poi, le fotografie più autentiche, spietate, eloquenti, che certificano la paralisi di una Capitale. Quel calcolo lunare, 280 chilometri di code tra città e raccordo: il grande anello che collega le arterie di accesso e uscita in tilt, anche sei ore fermi da mezzogiorno alle 6 del pomeriggio senza vedere un solo mezzo d'emergenza. I lungotevere bloccati da una melma grigiastra e scivolosa. Ambulanze paralizzate con i malati a bordo, a sirene inutilmente spiegate. Auto abbandonate un po' ovunque perché si prosegue disperati a piedi, anche per chilometri, come succede nei film genere Day after.
Il «Muro torto», imponente costruzione di età repubblicana (sinuoso collegamento tra piazzale Flaminio e il quadrante Parioli-Policlinico) inservibile. La Cassia bis chiusa. I taxi spariti dalle stazioni, impantanati anche loro. La cittadella nazionale dell'informazione pubblica, ovvero Saxa Rubra, in affanno perché giornalisti e tecnici (incaricati proprio di raccontare l'Italia innevata) non riescono ad arrivare a metà della via Flaminia, trasformata in un blocco di lamiere.
Moto e motorini - unici mezzi con cui si può sopravvivere nella città dei Papi, degli Imperatori e del caos da traffico quotidiano - fuori gioco. Le proteste dei passeggeri dell'Atac, fatti scendere a metà percorso da molti bus non dotati delle caratteristiche tecniche previste nel «piano emergenza neve» e quindi non utilizzabili secondo la legge: tutti a piedi, unica e davvero incredibile soluzione possibile. Sul 63 a via Po, l'autista si ferma perché «è troppo pericoloso». I passeggeri gridano: «'a Schettino!» Ma poi, chissà per quale misterioso motivo, i pullman turistici continuano a girare per la città e a sbarcare passeggeri a pochi passi dagli alberghi.
La verità , assai amara per una capitale europea, è che Roma può sopportare tutto. Un Giubileo clamoroso come quello del 2000, con un anno di continue emergenze. Una beatificazione (Giovanni Paolo II) da un milione di persone in giro per le strade in una sola giornata. Riesce a sopravvivere ai black bloc e agli scontri con polizia e carabinieri, ai raduni sindacali più o meno oceanici, ai family day e ai gay pride . Potrebbe addirittura affrontare l'Olimpiade 2020, a colpi di grandi opere. Ma con la neve, no, niente da fare. La sconfitta è sicura. Nonostante lo stato di emergenza o addirittura di allarme da parte della Protezione civile.
Se lo ricorda molto bene Ugo Vetere, sindaco comunista di Roma, che nel 1985 vide la sua città sommersa da una nevicata epocale e, subito dopo, dalle polemiche della Dc («Capitale impreparata»!). Treni fermi, le linee telefoniche fisse saltarono (i cellulari sarebbero arrivati molti anni dopo), si scoprì l'assenza di un adeguato piano.
E i democristiani, che non digerivano l'onta di aver perso il Campidoglio cattolico, infierirono. Ieri c'è stato il bis, col nervosissimo ex An Gianni Alemanno nei panni di Vetere, alla sua seconda nevicata da sindaco (la prima, il 12 febbraio 2010, un record personale). L'opposizione ha svolto il suo compito. Il Pd ha attaccato il sindaco, accusandolo di impreparazione. Il Pdl lo ha difeso a spada tratta. Ma la scena sarebbe stata esattamente speculare se oggi al potere ci fosse stato il Pd.
La neve a Roma riesce a sospendere tutto: scuole, uffici pubblici, seminari e incontri politici (attività in cui Roma inevitabilmente eccelle). Blocca addirittura le liti politiche: niente consiglio di amministrazione della Fondazione Musica per Roma che avrebbe dovuto decidere come far votare lunedì Carlo Fuortes in vista di un altro consiglio, quello del Festival del cinema dove centrodestra e centrosinistra si stanno battendo all'arma bianca sul nome di Marco Müller, fortissimamente voluto da Alemanno e dal presidente della Regione Lazio, Renata Polverini.
Il voto di Fuortes è decisivo, intorno a Müller ballano milioni di euro: ci voleva la neve per far inceppare tutto, chissà come andrà lunedì, il presidente ultranovantenne Gian Luigi Rondi (ostile a Müller) probabilmente se la ride.
Chiuso per gelo anche il teatro Stabile romano, sia al teatro Argentina che nello spazio sperimentale India. In compenso Axel, la grande pista ghiacciata per pattinatori di piazza Mancini, ha spento le macchine refrigeratrici e aspetta un pienone nel weekend proprio per l'effetto neve. Niente Ivano Fossati all'Auditorium, il concerto era fissato per domani, domenica.
E sempre oggi sbarrati musei e aree archeologiche. Un'atmosfera da tempo di guerra, e invece si tratta di una gigantesca nevicata.
Che Roma non tolleri la neve si capisce persino da come i romani si muovono e camminano: incerti, a tentoni, come se dovessero sciare o pattinare, e invece basta procedere decisi ma con attenzione. Perché Roma, in fondo, è città balneare, il litorale con Ostia e Fregene è lì, a due passi, basta una mezz'ora e sei seduto davanti a un piatto di pesce di fronte al mare, che c'entra in tutto questo la neve.
E invece c'entra, e c'entrerà sempre di più, come dimostrano i mutamenti climatici che hanno ravvicinato il ritmo delle nevicate (2010, ora 2012). Sarebbe tempo di prenderne atto. Tutti. Centrodestra, centrosinistra, aziende di trasporto, Protezione civile. Smettendola con i comunicati e passando ai fatti.
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