LA GRANDE ROSICATA A SINISTRA: NON AMMETTERE CHE IL BANANA MANTIENE CONSENSO ANCHE DA PREGIUDICATO E DECADUTO - MENTRE IL PD DEI “PURI” ANCORA ASPETTA UN LEADER

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Paolo Guzzanti per "il Giornale"

Uno spettro si aggira per l'Europa, come scriveva Carlo Marx dando principio al Manifesto, ma oggi quello spettro non è più il comunismo. È un luogo comune: una lisca di pesce rimasta in gola, che la sinistra piddina non riesce né a sputare né a inghiottire.

Oggi quella parola si usa col termine inglese leadership e che vuol dire «colui che precede e che guida» e non chi usa l'astuzia opportunista di pedinare gli umori che già ci sono nelle folle tentando di aizzarli ad ogni occasione, come hanno fatto Di Pietro e Grillo.
E la leadership di Berlusconi?

È qui che la lisca di pesce si ficca nel palato: la sinistra oggi si farebbe piuttosto ammazzare che ammettere la leadership di Berlusconi. È vietato. Interdetto. Per lui si deve usare un sinonimo sputtanato, sudamericano: «populista». Il populista è in genere un caudillo sudamericano, un qualche colonnello Gutierrez o un nazionalista urlante come l'argentino Juan Peron ovvero il suo omologo filocastrista come il defunto Hugo Chavez in Venezuela.

Il caudillo , detto anche hombre fuerte, è uno che non esita a far intervenire la truppa, è un dittatore che si regge attraverso plebisciti osannanti accompagnati da brogli e bastonature. La lisca di pesce ficcata in gola nella sinistra italiana non riesce ad andare su né giù perché il Pd ha scelto in tutte le occasioni di declassificare Berlusconi da leader consacrato da un consenso unico riducendolo a populista da «repubblica delle banane». Questo trucco appare evidente durante i talk show televisivi.

Questo trucco rivela il carattere rabbioso-ansioso dei rappresentanti dell'area del Pd i quali sanno di barare. Perché lo fanno? Perché se ammettessero che Silvio Berlusconi, condannato e sottoposto ad ogni genere di umiliazione, mantiene quel rapporto di rappresentanza con chi lo vota, dovrebbero poi poter spiegare perché il loro partito da decenni non ha più un leader vero e oggi è sull'orlo di una crisi di nervi perché si troveranno guidati «dall'unico bambino che mangia i comunisti» e che probabilmente spacchetterà il partito.

Questa situazione Berlusconi che non perde la sua leadership e loro che non la trovano provoca molta ansia e molta frustrazione perché speravano tanto che una condanna penale a lungo annunciata avrebbe costretto Berlusconi al silenzio.

L'altra causa per cui la lisca non va su né giù, è che proprio la sinistra italiana e anche quella mondiale hanno sempre vissuto fin dalla fine dell'Ottocento in adorazione religiosa di leader venerati come superuomini: da Lenin a Stalin, da Togliatti a Longo e Berlinguer, con un contorno internazionale in cui campeggiano Mao Zedong con la sua lunga marcia, Fidel lìder maximo e la sua Sierra, quel collezionista di teschi forniti dal popolo che era Pol Pot, l'albanese Enver Hoxa, il maresciallo Tito di Jugoslavia che sembrava l'imperatore Tito e tanti altri.

La sinistra è stata allevata per l'adorazione del capi ma non ha più un capo e non ha più adorazione, essendo arrivata ai brogli congressuali e alla rissa pubblica. In questa situazione, il popolo della sinistra ha assistito con rancore e invidia un fatto che era e resta sotto gli occhi di tutti: questo diavolo d'un uomo di Silvio Berlusconi, lo puoi amare o odiare, non solo fa tutt'uno con una fetta determinante dell'elettorato, ma la rappresenta a pieno titolo.

E quella parte dell'elettorato da lui soltanto si sente rappresentata. Questo è il punto. E per evitare di affrontarlo, questo punto, la sinistra ha fatto ricorso a tutte le armi della propaganda possibili: il partito di plastica, l'ipnosi televisiva (è stato detto seriamente che Berlusconi dalle sue tre reti invia messaggi subliminali probabilmente collegati ai venusiani così cari a Travaglio) e poi ha sollevato tutte le questioni di stile di vita e di lessico e di foto e di immagine, per negare l'evidenza, non potendo sopportare l'evidenza dal momento che lei, la sinistra nel suo complesso, brucia un leader all'anno e una sconfitta ad anni alterni.

In senso storico si deve parlare di invidia: l'ultimo leader del Pci, Enrico Berlinguer, fu venerato dalla grande maggioranza degli italiani anche non comunisti che dopo la sua morte per una e una sola volta votarono comunista per testimoniare il fattore umano, l'emozione, la cotta, il brivido e la lacrima nell'occhio (e non dimentichiamo che il Kgb tentò di far fuori Berlinguer in Bulgaria e la sua stessa morte per ictus è stata da molti considerata un regalino del centro biologico «Laboratorio 1» detto anche Kamera nella patria del comunismo).

Oggi la sinistra sa che il problema esisteva prima ed esiste tuttora: Berlusconi conserva intatta la leadership che ha esercitato dal 1994. Tutti i tentativi di fargli fare un passo indietro, o di lato sono falliti perché quel rapporto di leadership fa parte della fisica territoriale italiana. Inutile abbandonarsi a vituperi, affidarsi a sentenze, compiere riti voodoo ed esercitazioni di odio collettivo, perché il fatto quello è e quello resta.

Si può al massimo dire che questo è un fenomeno italiano, tutto italiano e che noi italiani siamo diversi. L'abbiamo dimostrato diverse volte nel bene e nel male. Ma è un fatto italiano e non sudamericano. Così come è un fatto italiano che quel che resta dell'antico Pci non trovando più un suo leader, si riduce a sostenere, con sprezzo del ridicolo, che i leader non esistono, sono un inganno berlusconiano. E intanto saltano sul carretto di Renzi.

 

Paolo Guzzanti PAOLO GUZZANTI AL BAGALINO Silvio berlu BerlusconiANTONIO DI PIETRO - FOTO LAPRESSE Matteo Renzi e Ciriaco De MitaBEPPEGRILLO juan domingo peron2Palmiro TogliattiACHILLE OCCHETTO ENRICO BERLINGUER jpeg