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Nicola Lombardozzi per “la Repubblica”
Una spettacolare sequenza di cacciabombardieri in fase di decollo dalla pista siriana di Hemeimeem, a Latakia, ha dato già dai primi telegiornali del mattino la sensazione della fine di una guerra che i russi non hanno mai approvato con troppa convinzione.
Ma non tutti i top gun tornano a casa. Almeno una decina di aerei, tra cui i gioiellini supertecnologici “Sukhoj 35”, arrivati solo all’inizio di marzo, continuano le loro missioni contro uomini e installazioni del Califfato che ancora controllano una porzione del Paese. Secondo gli osservatori siriani i raid riguarderebbero l’antica città di Palmira che l’esercito di Assad sembra a un passo dal riconquistare proprio grazie ai bombardamenti russi.
militari russi posano con foto di putin e assad
Mosca ribadisce che la guerra al terrorismo prosegue ma non entra nei particolari. Un po’ per evidenti motivi di sicurezza, un po’ per non guastare l’atmosfera da pace alle porte che, in tempi duri come questi, sembra ridare speranza e morale alla gente.
soldato russo a latakia by alexei mikhaliov
Si insiste dunque sul tasto della “missione compiuta” con meritata esaltazione dell’ottima prova delle forze armate e sull’opportunità che questo passo indietro dà al processo di pace. Il clamoroso ritiro che ha colto di sorpresa un po’ tutti è comunque un’operazione reversibile. Gli stormi di caccia, che ieri hanno volato dietro ad aerei da trasporto carichi di strumentazioni e personale tecnico, si sono separati una volta varcato il confine russo per raggiungere le loro basi di origine che distano comunque non più di tre ore di volo dal conflitto.
carroarmato russo alla bataglia di latakia 23 agosto
In Siria rimarranno i sistemi antimissile S 400, una ventina di elicotteri da combattimento, un numero imprecisato di carri armati e autoblindo. Serviranno a contrastare o a prevenire possibili nuovi attacchi. Come quelli annunciati “entro le prossime 48 ore” dai gruppi anti Assad legati ad Al Qaeda. Tutto resta insomma molto aperto.
Come la complicatissima trattativa in corso tra i fronti di opposizione siriana e il governo ufficiale di Damasco. Ancora non del tutto convinti della mossa di Putin, gli Stati Uniti restano prudenti: «E’ presto per capire - dicono alla Casa Bianca – che influenza avrà questo passo sulla ricerca di un accordo». Certo è che il presidente Assad appare nuovamente protagonista. Ieri ha esortato gli Stati Uniti a «darsi da fare per trovare una soluzione» con un’autorità che Washington non intende affatto riconoscergli.
isis distrugge l arco di palmira 2
L’irrobustimento di Assad è certamente uno degli obiettivi principali raggiunti da Mosca, che adesso tratta le modalità di un suo lungo addio da una posizione di forza. Il resto è un conflitto ancora confuso e sanguinoso. Per andare oltre la sola alternativa sarebbe stata un’operazione terrestre con garanzie dubbie di successo e con notevoli perdite umane assicurate. Aleksandr Zhilin, ex pilota, esperto di cose militari spiega le ragioni del Presidente: «Ha fatto bene a fermarsi. Sospetto che agli Usa sarebbe piaciuto vederci impantanati in una specie di secondo Afghanistan». Tanto vale dire che la missione è compiuta, accogliere da eroi i reduci, e continuare a bombardare senza troppo apparire.
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