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Fabio Martini per "La Stampa"
L'ira gelida del gesuita è montata tra le mura ovattate di Palazzo Giustiniani, senza che nulla trapelasse all'esterno. Alle quattro del pomeriggio Mario Monti - una volta letto il documento «frondista» degli undici senatori - ha maturato l'idea di dimettersi seduta stante dalla presidenza di Scelta Civica.
Da quel momento, nel suo studio di palazzo Giustiniani, il Professore ha iniziato una faticosa stesura del comunicato col quale avrebbe reso pubblica la sua decisione. Una corsa contro il tempo, anche perché alle 19,30 Monti aveva già fissato un incontro chiarificatore, a tu per tu, con Mario Mauro, il «suo» ministro della Difesa, che negli ultimi giorni lo aveva ripetutamente «tradito».
Alla fine il Professore ce l'ha fatta, è riuscito a licenziare il comunicato poco prima di andare all'incontro con Mauro. Un incontro - e in questo dettaglio c'è tutto Monti - che era stato fissato a palazzo Baracchini, sede del ministero della Difesa: «Vengo io da te», aveva preannunciato il Professore a Mauro e il ministro aveva interpretato il gesto come un segno di elegante deferenza. Ma ad incontro in corso, le agenzie battevano il testo del comunicato col quale Monti si dimetteva dalla presidenza del partito da lui voluto e fondato.
Era da almeno un mese che il professor Monti scrutava con sospetto le mosse del «ciellino» Mario Mauro, che nei mesi precedenti si era conquistato la fiducia dell'ex premier sia per le evidenti doti politiche e di competenza dimostrate al Parlamento europeo, ma anche in virtù di un rapporto personale improntato alla reciproca fiducia.
Certo, già in estate, il Professore aveva capito che dentro il suo partito l'area cattolico-moderata raccolta attorno a Pier Ferdinando Casini puntava a mettersi in proprio. A fine luglio, al Tempo di Adriano a Roma, si era svolto un convegno a porte chiuse di questa area e proprio il ministro Mauro si era segnalato con un gesto significativo: impegnato in Corea, aveva mandato un video.
Nell'ultimo mese l'area Mauro-Casini è uscita allo scoperto. Soprattutto dopo lo strappo di Angelino Alfano e dell'ala «ministeriale» dal resto del Pdl. Non avendo messo in pratica una scissione, da due settimane si è aperto un cantiere, si sono intensificati i rapporti tra gli «alfaniani» e Casini-Mauro. Per fare una Dc bonsai, concorrenziale con Forza Italia? O per diventare la plancia di comando di una futura sezione italiana del Ppe, con Berlusconi padre nobile?
Nell'incertezza Mauro è uscito allo scoperto. Il 16 ottobre il ministro si è visto a pranzo con Silvio Berlusconi (sempre al ministero della Difesa, dove Monti forse con intenzione è andato ieri sera) e tra i tanti boatos smentiti, uno non lo è stato: si sarebbe parlato anche dell'ipotesi che, nel prossimo, decisivo voto a palazzo Madama sulla decadenza del senatore Berlusconi, il gruppo Mauro-Casini (che conta su 14 unità ) possa votare nel segreto per salvare il Cavaliere.
Un progetto che potrebbe diventare la prima mission del nuovo gruppo parlamentare destinato a nascere la prossima settimana dalla confluenza di Mauro-Casini con gli ex Pdl che non entreranno in Forza Italia, a cominciare da Carlo Giovanardi e Roberto Formigoni. Quanto a Scelta Civica, se le dimissioni di Monti fossero senza ritorno, per la successione, i favoriti sono tre: Benedetto Della Vedova, Linda Lanzillotta, Alberto Bombassei.
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