SALLUSTI, IL GIUDICE DICE NO AL CARCERE - PER IL DIRETTORE DEL GIORNALE, CHE CHIEDEVA DI ANDARE IN GALERA, L’EVASIONE DAI DOMICILIARI COMPLICA PERÒ LA POSSIBILITÀ DELLA GRAZIA DI NAPOLITANO (CHE NESSUNO HA CHIESTO) - GIOVEDÌ IL PROCESSO PER DIRETTISSIMA PER L’EVASIONE - PARLA IL DIFFAMATO, IL GIUDICE COCILOVO: “PRONTO A PERDONARLO, QUESTA DETENZIONE DISUMANA NON L’AUGUREREI A NESSUNO. MACCHÉ REATO D’OPINIONE: QUELLA FU UNA CALUNNIA”…

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1-SALLUSTI: RESTA AI DOMICILIARI, DA GIUDICE NO A CARCERE
(AGI) - Alessandro Sallusti resta agli arresti domiciliari. Lo ha deciso il giudice della Sorveglianza di Milano, Guido Brambilla, che ha respinto l'istanza presentata sabato scorso con la quale la difesa del giornalista chiedeva che Sallusti scontasse la sua pena a 14 mesi di detenzione in carcere. Il direttore del giornale, condannato a 14 mesi per diffamazione, aveva manifestato la sua volonta' di andare dietro le sbarre evadendo dai domiciliari.


2 - CASO SALLUSTI, L'EVASIONE COMPLICA L'IPOTESI-GRAZIA...
D. St. per il "Sole 24 Ore"

La strada è stata aperta ma bisogna vedere se e come è percorribile. I tempi non saranno brevissimi: per sapere se il Quirinale si muoverà sulla strada della grazia al direttore del Giornale Alessandro Sallusti - condannato a 14 mesi di carcere per diffamazione aggravata - bisognerà anzitutto attendere l'esito del processo per direttissima in programma giovedì, in cui Sallusti (nel frattempo in custodia cautelare al domicilio della compagna Daniela Santanchè) è imputato di evasione, essendosi sottratto alla misura alternativa della detenzione domiciliare.

Un'altra condanna (seppure non definitiva) sarebbe un ostacolo sulla via della clemenza, un'ulteriore complicazione. Ne hanno parlato domenica il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il ministro della Giustizia Paola Severino, esplorando anche la strada di un rilancio in Parlamento della norma (affossata dal Senato) contro il carcere ai giornalisti, o ripescando alla Camera la proposta Pdl Costa-Pecorella (che potrebbe essere approvata almeno in sede legislativa e mandare un segnale) oppure utilizzando treni già in corsa come il ddl sulla «particolare tenuità del fatto» (che comporta l'estinzione del reato), approvato in commissione mesi fa, all'unanimità, ma altrettanto unanimamente sepolto in aula.

Nell'incertezza politico-parlamentare, l'ipotesi di risolvere il caso-Sallusti per via legislativa appare difficile. Ma poiché da lì è esploso in Europa il caso-Italia (unico paese che prevede il carcere per i giornalisti), il Colle vuole verificare gli spazi della grazia poiché la questione impone «la responsabilità di tutti». Tuttavia, ancora non è stata aperta un'istruttoria, né al Quirinale né al Ministero.

Dal 2006 (dopo la sentenza della Consulta sul caso Bompressi), il potere di grazia spetta solo alla Presidenza della Repubblica (tant'è che al Quirinale fu aperto un apposito ufficio) e il ministero della Giustizia funge da "passacarte", con l'obbligo di controfirma del decreto. Finora la clemenza non è stata chiesta né da Sallusti né dal difensore né da parenti. Il Capo dello Stato può anche muoversi motu proprio, non senza aver acquisito il parere della "vittima", il giudice Giuseppe Cocilovo diffamato dall'articolo incriminato ma, in quanto magistrato di sorveglianza, non amante del carcere a tutti i costi.

«Adesso è possibile la grazia - ha detto il segretario della Fnsi Franco Siddi -. Nel caso specifico, per com'è nata questa vicenda, i giudici hanno applicato la legge in maniera forse, secondo alcuni, sproporzionata. Oggi siamo in presenza di una sentenza che la Procura ha cercato di rendere esecutiva nella maniera più umana possibile».

Per Siddi, «la prima forma di riparazione» per il giornalista che diffama è la rettifica, «che deve essere documentata». Se poi il giornalista vuole diffamare a prescindere, «dovrà pagare sanzioni proporzionate al fatto. Ma purtroppo questo non rientrava nella propaganda parlamentare e quindi non si è fatto».


3 - IL GIUDICE DIFFAMATO "SALLUSTI? SONO PRONTO A PERDONARLO IL CARCERE NON LO AUGURO A NESSUNO"...
Liana Milella per "la Repubblica"

È appesa a molti fili la grazia che Napolitano potrebbe concedere a Sallusti. Uno conduce ovviamente al direttore del Giornale, alla sua compagna Daniela Santanché, al figlio, ai suoi avvocati, a chi potrebbe chiedere un provvedimento di clemenza. Santanché è recisa: «La grazia? Nessuno di noi farà un passo, questa non è una battaglia di Alessandro, ma di tutti i giornalisti, dovrebbe farsi avanti il presidente dell'Ordine Iacopino».

E, subito dopo, nelle parole di Santaché esplode la preoccupazione per l'udienza di giovedì sull'evasione di Sallusti dai domiciliari: «Io ho visto il filmato, lui non è evaso affatto, ma se gli danno due o tre anni che succede?». Già, se dovessero condannarlo questa sarebbe la pietra tombale su qualsiasi grazia. Al Quirinale lo sanno bene tant'è che nel colloquio di domenica tra Napolitano e Severino si è parlato anche di questo.

Ma c'è un terzo filo di importanza strategica. Porta a Torino, dove vive e lavora il giudice Giuseppe Cocilovo, la vittima della diffamazione, il protagonista meno visibile dell'intera vicenda mediatica. Oggi magistrato di sorveglianza, ieri giudice tutelare. La sua voce conta, e molto, nel bilancino della grazia. Anche questo sanno sul Colle quando, valutando «la complessa situazione» (così l'ha definita in un tweet Cascella, il portavoce di Napolitano), considerano che la misura non deve urtare la sensibilità della parte lesa. In questo caso Cocilovo, visto che la sentenza della Cassazione che condanna Sallusti gli dà ragione.

E che fa Cocilovo? Che pensa? Non ha parlato quasi per nulla da quando la vicenda è esplosa. «L'unica intervista che avrei fatto, per me, era solo uno scambio di idee». Al telefono la sua cordialità è apparente. Un istrice sarebbe più avvicinabile. «Lei deve capire. Io potrei essere sentito e non posso anticipare nulla». Insistere è un obbligo, anche se a Cocilovo "la vittima" tutto si vorrebbe giornalisticamente fare tranne che un altro torto. Lei perdonerebbe Sallusti? Attimo di silenzio.

«Ho sempre pensato che legare la grazia al perdono sia del tutto anacronistico. La grazia si concede a chi se la merita. La persona offesa può anche non perdonare mai». Il suo è un no? «Se dovessi essere consultato scriverò poche righe dicendo che sì, il perdono glielo posso anche dare, ma perché io, con il lavoro che faccio, "questo" carcere che non rieduca, costringe al sovraffollamento e alla detenzione disumana non lo vorrei per nessuno».

Pausa. Poi: «Questo lei non deve scriverlo. Io adesso non lo posso dire. Lo dirò quando me lo chiederanno ufficialmente». Eh sì, ma come si fa a non scrivere che non esiste un ostacolo Cocilovo sulla strada della grazia per Sallusti? Come non vedere le due incredibili facce contrapposte della stessa storia? Dice Santanché: «Si muova Iacopino». Dice Cocilovo: «Io non ho mai pensato al carcere per Sallusti. Ma perché l'Ordine professionale non interviene e non emana provvedimenti disciplinari? Avrebbero potuto fermarlo per 15 giorni, per un mese...».

È una ferita aperta per il giudice. Affiorano dalla sua memoria quelle che chiama «le condotte successive » di Sallusti, il rifiuto della rettifica, il no a versare direttamente 20mila euro a Save the children per chiudere il caso, un altro articolo per ipotizzare che tra lui e Antonio Bevere, il magistrato della Cassazione relatore del caso, ci fosse un'antica amicizia da cui è scaturito un comportamento a lui favorevole. Invece «non l'ho mai conosciuto, ho chiesto la rettifica, niente ». Dice sdegnato: «Reato d'opinione? Quella fu solo una calunnia ».

Questo pensa il giudice Cocilovo. Questo dirà nelle sedi competenti. Dove la grazia per Sallusti non viene affatto data per fatta, tant'è che Napolitano ha riaperto anche la via della legge in Parlamento. La settimana scorsa ne ha parlato con Fini. Il quale ne ha discusso con la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno.

La quale per adesso ha sondato la disponibilità dei due capigruppo, del Pdl Enrico Costa e della Pd Donatella Ferranti. La proposta di legge Costa-Pecorella, che elimina il carcere e potenzia la rettifica, potrebbe ottenere la deliberante in commissione. Per certo, se approvata, consentirebbe a Napolitano di concedere la grazia come un anticipo di una legge futura. Era l'operazione tentata al Senato. Che però lì è fallita.

 

FOTOMONTAGGIO - ALESSANDRO SALLUSTI IN CARCERESANTANCHE E SALLUSTIfarina renato jpegedmondo_bruti_liberatiGIORGIO NAPOLITANOL'ARRESTO DI SALLUSTIIL GIUDICE GUIDO BRAMBILLAalessandro-sallusti-condannatoALESSANDRO SALLUSTI