IN MORTIMER DELLA LIBERTA’ DI STAMPA – L’AVVOCATO MALAVENDA CONTRO LA SOSPESIONE DALL’ORDINE DEI GIORNALISTI: IL PROVVEDIMENTO SEMBRA SPROPOSITATO: SALLUSTI HA DEFINITO LA SUA EVASIONE DAI DOMICILIARI “UN GESTO SIMBOLICO” - L’ARTICOLO 39 DELLA LEGGE PROFESSIONALE APPLICATO A QUESTO CASO “FINISCE PER ASSUMERE ASPETTI PARADOSSALI” - “URGE RESTITUIRE IL DIRETTORE AL SUO GIORNALE E AI SUOI LETTORI…”

Caterina Malavenda per il "Sole 24 Ore"

Alessandro Sallusti, al momento agli arresti domiciliari anche per la tentata evasione dall'abitazione, in cui espia la pena definitiva per diffamazione, è stato temporaneamente sospeso dal Consiglio dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia. Si tratta di un provvedimento imposto dall'articolo 39 della legge professionale, per chiunque si trovi sottoposto ad una misura cautelare restrittiva della libertà personale e che mantiene i suoi effetti fino a che tale misura non viene revocata.

Una situazione contingente e transitoria, dunque, ma che rende ancora più evidente la necessità di porre rimedio ad una vicenda che ogni giorno mostra, insieme con l'inadeguatezza delle attuali norme sulla diffamazione, l'urgenza di una soluzione che restituisca, nel pieno delle sue funzioni, il direttore al suo giornale e ai suoi lettori.

Il provvedimento adottato, infatti, inibisce a Sallusti di firmare l'edizione di oggi e tutte quelle successive, fino a quando l'ordinanza rimarrà in vigore, nonostante il Giudice di sorveglianza lo abbia collocato agli arresti domiciliari, con il permesso di uscire e di usare gli strumenti necessari per continuare a farlo.

L'articolo 39 è una norma la cui opportunità è indiscutibile, avendo la funzione di privare dei suoi effetti l'iscrizione all'albo di tutti i giornalisti, sospettati di gravi reati e, perciò, detenuti in attesa di giudizio; ma finisce per assumere profili paradossali, se applicata a chi ha commesso un reato, con l'intenzione di compiere solo un "gesto simbolico", come l'interessato ha subito dichiarato al suo giudice.

Un'evasione, dunque, tutt'altro che mirata a sottrarsi alla detenzione che, anzi l'imputato avrebbe voluto ancor più rigida, come dimostra la richiesta, più volte reiterata, di poter scontare la pena in carcere. Una chiave di lettura non usuale che consente almeno di ipotizzare, fra i vari esiti possibili, anche una sentenza favorevole.

 

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