DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
1. IL PREMIER ARCHIVIA LO IUS SOLI E SUI CONTI SI BLINDA A SINISTRA
Alberto Gentili per “il Messaggero”
Come spesso accade in politica, la notizia è nel non detto. E sul palco di Rimini, davanti al popolo ciellino che l'applaude a lungo, Paolo Gentiloni non ha citato lo ius soli. Certo, il premier ha affermato di «non aver paura di riconoscere i diritti e i doveri per chi nasce e studia in Italia». Ha aggiunto che la lotta al terrorismo è nel «contrasto della radicalizzazione, non nell'esclusione».
Tant'è, che qualche sito ha subito descritto Gentiloni con l'elmetto, deciso ad andare alla guerra per lo ius soli. Ma il fatto che il presidente del Consiglio, alla prima uscita pubblica che segna la ripresa autunnale, si sia ben guardato da ripetere quanto scritto alla vigilia del meeting riminese, è un segnale. Importante.
L'attacco di Barcellona ha cambiato l'agenda politica. Il senso di insicurezza innescato nell'opinione pubblica dalla strage della Rambla, spinge Gentiloni a pigiare il pedale del freno. Non a caso il giorno prima i suoi collaboratori erano corsi a precisare che le parole del premier sullo ius soli erano «datate, scritte qualche tempo fa». Ed erano «un'enunciazione culturale, non l'indicazione per l'agenda politico-parlamentare». Era seguita chiosa: «Se riusciremo ad approvare la legge bene, se non ci riusciremo ce ne faremo una ragione...».
Segnali che portano in una sola direzione: la promessa (fatta dopo il rinvio di luglio) di varare in autunno la cittadinanza per i figli dei migranti nati in Italia, appare destinata a finire su un binario morto. Una scelta condivisa da Matteo Renzi. Il leader dem già all'inizio del mese aveva definito «ridotte le possibilità di approvare lo ius soli».
E dopo l'attacco jihadista a Barcellona più di un renziano aveva allargato le braccia: «Tra la gente monta la paura e la diffidenza verso gli immigrati. Questo rende tutto più complicato...». Tanto più che, esattamente come a luglio, mancano i numeri per far passare il provvedimento in Senato: Alternativa popolare di Alfano resta contraria.
QUEI SEGNALI A SINISTRA
Nel discorso riminese di Gentiloni c'è però di più. C'è il tentativo del premier di blindare la maggioranza in vista del voto sul Documento di economia e finanza (Def) e sulla manovra di bilancio. Articolo 1-Mdp di Bersani e D'Alema, che in occasione dello scontro di luglio sui voucher ha smesso di votare la fiducia all'esecutivo, ha già fatto sapere che non voterà né il Def, né la manovra se «non ci sarà discontinuità rispetto alle politiche turbo renziane fatte di mance e mancette elettorali». E se non verranno inserite nella legge di bilancio misure «a favore dell'occupazione giovanile e di contrasto alla povertà».
Ebbene Gentiloni, «per concludere in modo ordinato la legislatura» (vale a dire, senza crisi di governo) ha fatto capire di voler riportare i 16 senatori bersaniani (essenziali per la tenuta dell'esecutivo a palazzo Madama e per il varo del Def) nell'alveo della maggioranza. Per riuscire nell'impresa - nonostante la possibilità di sfruttare il tesoretto di 5 miliardi regalato dall'aumento del Pil superiore alle previsioni - il premier ha promesso che la legge di bilancio «non sarà di spesa facile».
Ma verrà composta da «alcune, limitate misure, per accompagnare la crescita». Dunque, nessun bonus o taglio fiscale di stampo elettorale. E sembra che Renzi, almeno per il momento, abbia accettato questo approccio suggerito dal Quirinale e caldeggiato dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan che (causa l'alto debito e l'approssimarsi dello stop della Bce al quantitative easing) non ha alcuna voglia di andare di nuovo alla guerra con Bruxelles.
orlando dalema bersani boldrini pisapia
Ma soprattutto, Gentiloni, ha declinato due soli «interventi selettivi». I due pilastri della legge di bilancio. Ed entrambi sono nell'elenco di misure invocate da Bersani & C. Il primo: gli «incentivi permanenti e stabili per l'assunzione dei giovani». Il secondo: il «contrasto alla povertà e alla diseguaglianze».
Nessun accenno al taglio fiscale in proporzione ai numero dei figli (il famoso quoziente familiare). Eppure sarebbe stato gradito da Renzi. E sarebbe stato decisamente apprezzato dalla platea ciellina, comunque generosa di applausi per un premier che giudica «affidabile». Ed è pronto al bis se, com'è praticamente certo, dopo le elezioni sarà necessario un altro governo di coalizione.
2 - IL VOTO DI CL SARÀ IN LIBERA USCITA
Dario Di Vico per il “Corriere della Sera”
Don Julián Carrón, il teologo e linguista spagnolo successore di don Giussani, è il prototipo del leader riluttante. A Rimini nel programma ufficiale del meeting non è previsto nessun suo intervento, eppure la trasformazione di Comunione e liberazione che ha varato negli ultimi due anni ha ottenuto il successo pieno.
La parola d' ordine del passaggio «dall' egemonia alla testimonianza» - in pratica l' abbandono del formigonismo e dell' estrema vicinanza al potere - si è affermata in toto e il risultato non era affatto scontato. Il successo della linea Carrón è tale che alle prossime elezioni politiche il voto dei ciellini si presenta per la prima volta assolutamente libero. Il movimento non darà alcuna indicazione e il giudizio sarà lasciato totalmente ai singoli, anzi per usare il lessico giusto «alle persone».
Per un' organizzazione che negli anni passati era fin troppo vicina alla politica e che aveva subito pienamente la fascinazione di Giulio Andreotti prima e di Silvio Berlusconi dopo è una svolta radicale. La passione politica si è trasformata in una riflessione articolata sullo spazio pubblico e sul bene comune, l' interlocutore è sempre l' amministrazione, sia centrale sia periferica, a prescindere dal colore e comunque senza voler costruire ad ogni costo rapporti privilegiati.
«Compro le scarpe se le scarpe sono buone», pare che abbia detto Carrón per chiudere la discussione. È questo lo spirito con il quale ieri il meeting ha accolto e applaudito Paolo Gentiloni apprezzandone prima di tutto il profilo istituzionale, non di uomo di parte. In virtù di questa novità - in passato Cl organizzava il controllo delle preferenze sul territorio più o meno come il vecchio Pci - è facile pensare quindi che il voto degli attivisti e simpatizzanti si distribuirà prevalentemente su tre partiti (Forza Italia, Ap e Pd) mentre è assai difficile che i Cinque Stelle raccolgano consensi significativi.
Troppo forte è tra i ciellini - dicono al meeting - il rispetto anche formale per le istituzioni e la convinzione della politica come servizio per cedere alle invettive di Beppe Grillo. Poi nella distribuzione dei consensi molto dipenderà da quali saranno i temi-chiave del voto, quanto peso avranno - ad esempio - le questioni dell' immigrazione e dell' accoglienza.
SILVIO BERLUSCONI AL MEETING DI RIMINI
Anche nei rapporti con le gerarchie ecclesiastiche tutto è cambiato in relativo poco tempo. Una volta c' era il Movimento, la Cei, i vescovi ciellini e il Papa: un quadrilatero di relazioni incrociate del quale il Meeting registrava le minime oscillazioni e implementava le relative mosse diplomatiche. Oggi sulla scena c' è solo papa Bergoglio e Cl si specchia pienamente nel suo magistero mettendo da parte primati e separatismi.
I nuovi ciellini, «buonisti» e meno presuntuosi, non si considerano più i primi della classe e hanno cominciato a dialogare con le altre associazioni come l' Azione Cattolica, la Caritas e le Acli e iniziative che prima avevano un forte imprinting ciellino come la Colletta Alimentare stanno diventando pian piano appuntamenti di tutti.
beppe grillo davide casaleggio
Sul piano dei rapporti di forza interni si sta rovesciando la relazione centro/periferia dove prima il centro era Milano e la periferia il mondo: oggi Cl organizza meeting come quelli di Rimini in almeno altre cinque-sei città del pianeta (compresa New York). Quanto agli organigrammi si racconta che stiano cambiando anche quelli ma chi osserva le presenze sul palco dei vari dibattiti del meeting onestamente questa percezione non ce l' ha.
Se meno politica e più opere è la ricetta di Carrón, le seconde corrispondono sempre meno all' attività della Compagnia delle Opere (che suo malgrado per molti giornali evoca ancora i famosi appalti) e sempre più a una presenza sociale nel welfare, nella formazione e nell' integrazione culturale degli immigrati con corsi di italiano e doposcuola per i bimbi.
Famiglia ed educazione restano sicuramente i temi nel cuore dei ciellini - una sorta di domanda sociale «bianca» - ma non si parla più come una volta di occupare le piazze o fare le sentinelle mentre in parallelo cresce l' attenzione ai temi della giustizia sociale e del senso della vita e del dolore. Sarà un leader riluttante ma Carrón ha spianato le montagne.
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