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Luigi Offeddu per il "Corriere della Sera"
Il caso Atene giunge fino ai vertici dell'Unione Europea. Li agita, li divide. E finisce per richiamare in causa la stessa esistenza dell'euro. A difenderla, in una giornata tempestosa come poche, c'è anche il premier italiano Mario Monti: «La crisi dell'Eurozona ha fatto riemergere vecchi fantasmi di pregiudizi tra il Nord e il Sud dell'Europa», dice in due interviste al Wall Street Journal e alla radio americana Pbs, ma l'euro per tutta la crisi ha dato prova di essere una moneta «sostanzialmente solida», mantenendo la sua «forza e credibilità »; e così sarà ancora fra 5 anni, quando anzi «molti altri Paesi che non fanno parte dell'Eurozona» adotteranno la moneta comune.
E quanto ai sacrifici «necessari» richiesti agli italiani «non sono un'imposizione di Bruxelles o della Germania o della Bce, ma un passo necessario nell'interesse degli italiani stessi e delle future generazioni». Monti si dice convinto che oggi l'Italia «sarebbe molto meno esposta al rischio di un default della Grecia rispetto a pochi mesi fa». «Se il default fosse avvenuto pochi mesi fa - dice ancora il premier - le conseguenze per l'Italia sarebbero state estremamente serie».
A Bruxelles la vicenda greca marca le ore con i suoi cupi notiziari ed erode indirettamente la fiducia nella stessa tenuta dell'Eurozona. Il ballo comincia già dal mattino, quando, in un'intervista a un giornale di casa sua, l'olandese Neelie Kroes - commissaria europea all'Agenda digitale - dice che la Grecia non sta dimostrando «sufficiente volontà »; e poi butta lì, quasi con noncuranza: «Continuiamo a ripetere sempre che se lasciamo uscire un Paese dall'euro, tutta la struttura dell'Eurozona affonda, ma non è vero».
Due ore dopo, nei corridoi della Commissione europea, circola già la prima smentita ufficiosa: la Kroes avrebbe parlato a titolo personale. Poi un portavoce ufficiale ribadisce la smentita, ma con parole che consentono forse una doppia lettura: ammette infatti che «gli scenari di un default greco esistono», anche se sono «speculativi» e «non probabili» e perciò «non devono essere alimentati».
Più tardi ancora, altre smentite dai piani più alti: il vicepresidente della Commissione Antonio Tajani dice di considerare l'addio della Grecia come «un periodo ipotetico dell'irrealtà »; e il presidente José Manuel Barroso afferma: «Vogliamo la Grecia nell'euro. Questo è molto importante non solo per lei ma anche per l'euro e per il progetto europeo».
Il problema è anche e soprattutto di fiducia. Dai dati «truccati» dell'Eurostat, qualche anno fa, allo stallo nelle trattative di oggi, Atene deve recuperare credibilità presso la Ue. Ma un'ultima sua iniziativa, la costruzione di un costosissimo muro o recinto anti immigrati alla frontiera greco-turca, simile a quello fra Usa e Messico, ha peggiorato le cose.
Infatti, la commissaria Ue agli Affari Interni Cecilia Malmström spiega: «Atene ci ha chiesto il cofinanziamento, abbiamo rifiutato: con questa crisi dovrebbero esserci altre priorità ». Dal 2007 a oggi, solo per i fondi destinati al controllo dei flussi migratori, la Grecia ha ricevuto oltre 215 milioni dall'Europa. Altri 89,8 li riceverà nel 2012. E il muro-recinto, da solo, ha un costo previsto di 5,5 milioni.
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