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Matteo Pucciarelli per la Repubblica
La comunicazione è stata ufficializzata via fax ieri alle 16,56: la Lega Nord mette in mobilità (brutalmente: licenzia) i 24 dipendenti del partito che si erano salvati dai primi esuberi del 2014. Allora furono 71 quelli lasciati a casa, ma adesso è davvero la fine del vecchio partito così com'era sempre stato: in via Bellerio e nelle altre strutture del Carroccio non ci sarà più neanche un funzionario stipendiato dalla casa madre.
Come vuole la legge, le imprese (in questo caso la Lega) devono comunicare a Cgil, Cisl e Uil le proprie intenzioni in fatto di procedure di messa in mobilità. A firmare l'atto inviato alle organizzazioni sindacali non è però il segretario Matteo Salvini, ma il tesoriere Giulio Centemero. "Il cambio del sistema di finanziamento ha comportato anche per la Lega una improvvisa e drastica riduzione delle risorse economiche e finanziarie", spiega la missiva. "Fattori che hanno richiesto drastici interventi di ristrutturazione".
Il tesoriere parla di una "grave crisi" economica della Lega, dovuta agli "elevati costi di gestione" che però non sono supportati da "adeguati ricavi". Passati dai 3,5 milioni del 2015 ai 2,2 del 2016. Mentre i costi si attestano sui 3 milioni annui. Quindi ecco la mobilità per i 22 dipendenti e i due quadri ancora in forza al partito. Sedici di loro sono in servizio presso la storica sede di via Bellerio (cinque sono classificati come "autisti").
Sede già lontana parente di quella dei fasti bossiani: la mensa fu chiusa tre anni fa e altri interi uffici sono stati dismessi successivamente. Ora l'atto finale di una vicenda che si intreccia con la chiusura dei rubinetti del finanziamento pubblico da una parte e alla cattiva gestione del patrimonio della Lega durante gli anni della malattia di Umberto Bossi (a Genova è ancora in corso il processo contro l'ex tesoriere Francesco Belsito).
Mentre per Salvini, che da anni nei suoi comizi e nelle uscite pubbliche oltre all'immigrazione tocca sempre il tema del lavoro (che manca), il nuovo e definitivo licenziamento dei propri dipendenti sarà giocoforza un nuovo e sicuro danno di immagine. "Già nel 2014 la Lega aveva promesso e non mantenuto l'impegno a ricollocare i lavoratori - dice Andrea Montagni della Filcams Cgil - e nel corso della mia esperienza sindacale solo il Carroccio e Forza Italia non si sono mai preoccupati del destino dei propri ex dipendenti. Persino la vecchia Democrazia proletaria si impegnò per trovare una sistemazione. Comunque sia, la Lega che a parole difende i lavoratori poi abbandona i suoi".
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