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Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera”
Il presidente della Repubblica sta lavorando ai posti chiave del Quirinale. Si fanno tanti nomi. Tutti autorevoli, sia per la carica di consigliere militare, in bilico fra Giampaolo Di Paola e Rolando Mosca Moschini (per lui sarebbe una riconferma), sia per le funzioni di portavoce e capo della segreteria particolare fra Giovanni Grasso, (ex Avvenire ), Gianfranco Astori (ex Asca, ex sottosegretario), Nino Rizzo Nervo (ex consigliere Rai).
ALESSANDRO PAJNO CON LA FIGLIA
Ma fra queste ed altre ipotesi, per l’ambita poltrona di segretario generale, il vero dominus del Palazzo, la rosa si sarebbe ristretta ad un grand commis fresco di pensione, l’ex segretario generale della Camera Ugo Zampetti, e soprattutto Sandro Pajno, presidente della quinta sezione del Consiglio di Stato, un palermitano che con Sergio Mattarella lavora da trent’anni, il tema delle riforme come cemento di un’intesa sempre più robusta, amici fraterni, spesso insieme per vacanze e feste comandate, dalle Dolomiti a Lipari.
Le loro vite professionalmente si sono incrociate a Roma, ma hanno casa a Palermo nello stesso blocco, due edifici contigui, portoni diversi, divisi da un angolo su via Libertà. Proprio di fronte al cancello dove il 6 febbraio del 1980 i killer di mafia e malapolitica eliminarono Piersanti Mattarella. L’angolo dove, pochi muniti dopo l’agguato, arrivò il padre dell’allora avvocato dello Stato, Vincenzo Pajno, in quella drammatica stagione procuratore della Repubblica a Palermo, nelle foto d’epoca accanto a un giovanissimo sostituto, Piero Grasso.
Fu Pajno padre a indagare con Grasso e poi con Giovanni Falcone sul delitto, ascoltando Sergio Mattarella, senza potere immaginare che 35 anni dopo il figlio sarebbe stato in corsa per il Quirinale come braccio destro del suo testimone.
Sono anche gli incroci della tragedia siciliana ad influire nella scelta che probabilmente vedrà approdare Pajno, 66 anni, moglie e tre figli, al vertice del Quirinale. Tappa di un percorso cominciato da avvocato dello Stato in una Palermo dove le occasioni di incontro con Mattarella erano state sporadiche. Otto anni di differenza. Il Sessantotto vissuto da entrambi a Giurisprudenza, Pajno da studente, l’altro già in cattedra.
Il figlio del procuratore vince poi il concorso per il Consiglio di Stato e vola a Roma, mentre il padre continua a combattere le sue battaglie fra i «veleni», a sostegno di Falcone. Scrive per il Mulino, ha contatti con economisti che ruotano intorno a Prodi, si fa notare negli ambienti scientifici, corsi all’università di Pisa, alla Luiss e, quando Sergio Mattarella diventa ministro per i rapporti con il Parlamento nel governo Goria, ecco la prima chiamata come consigliere giuridico. Aveva già il chiodo fisso delle riforme Mattarella e con Pajno scrive quella sulla presidenza del Consiglio dei ministri.
Subentra De Mita come premier, ma la coppia resta negli stessi ruoli allo stesso ministero. Traslocando invece col governo Andreotti all’Istruzione dove Mattarella nomina Pajno capo di gabinetto. «Sempre con l’obiettivo delle riforme», spiega lui. Fiero «di quella sulla scuola elementare, varata insieme con il lancio dell’autonomia scolastica». Grandi eventi culminati nella Conferenza nazionale sulla scuola, «l’unica fatta fino ad oggi».
Nei ricordi spiccano le clamorose dimissioni di Mattarella contro la legge Mammì: «E io torno al Consiglio di Stato dove nel 1995 assumo la carica di segretario generale». L’anno successivo, con il primo governo Prodi, eccolo nello stesso ruolo alla presidenza del Consiglio.
E, con D’Alema premier, capo di gabinetto di Ciampi al Tesoro. Ma quando Ciampi va al Quirinale lui torna a casa, cioè al Consiglio di Stato. Sempre defilato, ignorato dai cronisti parlamentari, con sua soddisfazione. Finché nel 2006, per il secondo governo Prodi, affianca da sottosegretario Giuliano Amato all’Interno. Poi di nuovo «a casa». E ci resta fino ad oggi come presidente della quinta sezione dove si occupa di contenziosi per opere pubbliche, a ppalti, ambiente.
Vita romana e weekend a Palermo. Sempre con la moglie, Caterina Maiolino. Quasi mai con i figli. Tutti grandi. Simone, 38 anni, docente di Costituzionale a Sassari. Chiara, 36, medico infettivologo a Roma. E Francesca, 32, archeologa, un dottorato a Lucca. Amano tutti Palermo dove restano i veri amici dei Pajno.
Dall’ex preside di Ingegneria Santi Rizzo e la moglie Marina, a Giorgio e Loredana Palumbo. Da Chiara Restivo, direttrice alla Sellerio, e Peppino Di Lello, il magistrato del pool Falcone, a un’altra coppia che riporta ai Mattarella, quella di Francesco e Maria Crescimanno, lo studio che ha seguito tutti i processi come parte civile, adesso «avvocati del Presidente». Pronti a festeggiare anche il Segretario .
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