DAGOREPORT - CON UN MINISTRO DEGLI ESTERI (E UN GOVERNO) ALL'ALTEZZA, CECILIA SALA NON SAREBBE…
Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
«I francesi non mi vogliono più». Giscard se lo disse da solo, rinunciando a candidarsi all' Eliseo dopo averlo perduto. Sarkozy ha voluto sentirselo dire dai francesi. E la loro voce non poteva essere più chiara. «La politica è come una droga. L' ago va estratto un poco alla volta», disse ai giornalisti alla vigilia delle elezioni del 2012, mimando una siringa attaccata al braccio.
Il presidente si preparava a cedere il trono a un uomo che non stimava: François Hollande. Cagnaccio da campagna elettorale, rimontò negli ultimi giorni, ma non abbastanza. La notte della sconfitta Sarkozy annunciò di voler tornare «uno di voi», «francese tra i francesi», con la mano sul cuore, come un attore consumato che prende congedo dal suo pubblico. Il giorno dopo riunì i collaboratori e annunciò il ritiro dalla politica. Si disse appagato; in realtà era roso dal rimpianto.
Non aver lasciato un monumento che lo ricordasse, come il Centre Pompidou, la Piramide del Louvre voluta da Mitterrand, il Museo inaugurato da Chirac all' ombra della Tour Eiffel. Ed essere stato lasciato da due donne in pochi anni: Cécilia, la moglie amatissima, sostituita in corsa con Carla Bruni; e la Francia stessa, che per tutta la vita aveva inseguito sino a sedurla.
Perché, ora che esce di scena davvero, denigrarlo è facile; ma di Sarkozy la Francia si era davvero infatuata. La sua non fu una vittoria di risulta, come quella di Hollande, e come quella che si profila per Fillon nella primavera 2017 contro lo spauracchio Marine Le Pen; fu una vittoria di sfondamento, all' insegna della rottura.
Metà Paese detestava il suo stile volgare, il suo linguaggio sboccato, la sua agitazione perenne, la sua passione per il denaro. Ma l' altra metà non vedeva l' ora di trovare un leader capace di dire che il mitico Maggio 68 era stato un disastro, che le élites uscite dalla mitica «Ena» stavano tradendo il popolo, che l' immigrazione di massa avrebbe confuso l' identità nazionale, che il profitto non era peccato e lo Stato costava troppo.
Poi c' erano i ricchi, quelli veri. Che con il potere si mettono d' accordo sempre; figurarsi con uno come lui.
La notte della vittoria - 6 maggio 2007 - il nuovo presidente cantò la Marsigliese con Mireille Mathieu in place de la Concorde. «Io amo la Francia come si amano le persone care, che ci hanno dato tutto; è tempo per me di dare tutto alla Francia» disse con chiara metafora amorosa.
Poi si spostò sugli Champs-Elysées, in un locale per texani e sceicchi, con tanto di genitivo sassone, prenotato per un ricevimento imperiale: Fouquet' s. (Con Marina Valensise del Foglio ci presentammo all' ingresso. Ovviamente non fummo ammessi, ma ci consentirono di restare in un angolo, tipo poveri dickensiani, per seguire l' arrivo degli invitati). A celebrare Sarkozy venne tutta la Francia che conta: Bernard Arnault, Martin Bouygues, Serge Dassault; pure Jean Réno, l' attore, e Johnny Hallyday, il cantante. Molti cominciarono a mugugnare.
Il giorno dopo, il presidente sparì. Si sparse la voce che per «abitare la funzione», cioè prepararsi al compito, si fosse ritirato in convento.
La delusione fu grande quando sulle copertine dei rotocalchi comparvero le sue foto in costume da bagno sullo yacht di Bolloré - 60 metri -, al largo di Malta. «L' ho fatto per salvare il mio matrimonio» si giustificherà. Invano: Cécilia lo abbandona. Lui rende pubblica la nuova storia con Carla facendosi fotografare a Disneyland Paris. Con la Bruni si innamora di Sarkozy pure la destra italiana, con intensità forse ingenua; salvo rinnegarlo quando riderà di Berlusconi accanto alla Merkel.
L' amore tra il presidente e i francesi dura ancora meno. Perché la rottura, invocata a parole, nella realtà i francesi non la vogliono. Troppo legati a uno Stato costoso ma protettivo, a un sistema sociale rigido ma avvolgente. La Francia dimostra di non saper più rischiare né soffrire; anche per questo, si ritroverà a rischiare e a soffrire moltissimo.
Su Sarkozy cominciano le inchieste giudiziarie, che si intensificano quando deve lasciare l' Eliseo.
I magistrati lo accusano di aver subornato l' anziana miliardaria Liliane Bettencourt per estorcerle denari, e di aver munto pure il povero Gheddafi, prima di bombardarlo. I sospetti più gravi cadono, ma siccome nessun uomo è grande per il suo intercettatore emergono dettagli scabrosi: un linguaggio tipo Nixon; un atteggiamento intimidatorio; e la presenza di una talpa tra i giudici, che gli passava notizie in cambio della promessa di un trasferimento a Monaco.
Un altro si sarebbe arreso. Sarkozy prepara il ritorno. Va ai concerti della moglie, si siede in incognito nel buio della platea, si fa inquadrare verso la fine da un riflettore; scoppia sempre l' applauso. Scrive un libro: «La Francia per la vita». Si riprende il partito e gli cambia il nome: i Repubblicani, come in America. Ingaggia una logorante battaglia con il favorito dei sondaggi, Alain Juppé, considerato troppo vecchio, debole, centrista. E in effetti la base vuole un uomo più a destra; ma non vuole più lui.
L' ultimo intermediario arabo spunta giusto alla vigilia delle primarie, a raccontare di avergli portato 5 milioni da parte di Gheddafi in tre apposite valigie. Il sorpasso di François Fillon matura negli ultimi giorni: se non commetterà grandi errori, tra sei mesi dovrebbe diventare presidente. Sarkozy invita a sostenerlo: è l' ultimo atto della sua vita politica. Stavolta è finita sul serio.
Anche Giscard, dopo la grande rinuncia, pubblicò un libro. Un romanzo: «Le passage», storia di un uomo che si innamora di una fanciulla, metafora della Francia, la possiede, la perde, e resta solo con la propria «pena infinita e torrenziale». Ci prese gusto e ne scrisse un secondo, «La princesse e le président», in cui immaginava di essere stato rieletto e di aver sedotto lady Diana; di fronte all' ira della moglie, Anne-Aymone Sauvage de Brantes, precisò che era solo fantasia.
Con Sarkozy svanisce la sua promessa impossibile: fare della Francia un Paese dinamico, forte, sicuro; guarirne il «grand malaise», la sensazione di non contare più nulla e di non essere più nulla. In tanti non avevano mai considerato davvero francese quell' outsider figlio di un esule ungherese, nipote di un ebreo greco, dal soprannome - Sarko - aspro come una malattia. Un piccoletto da un metro e 65 (Giscard è uno e 89, Chirac uno e 92). Uno che non beve vino e non mangia formaggi. Un incubo che si dissolve, per molti. Per qualcuno, l' ennesima occasione perduta.
2. CARLA: «ANCHE I MIGLIORI PERDONO»
«Bravo mon amour, sono fiera di te. A volte anche i migliori perdono». Lo ha consolato così, su Instagram, con un messaggio che ha ricevuto oltre 6 mila like in poche ore. È il post di Carla Bruni, pubblicato sul suo profilo ufficiale, dopo la dura sconfitta elettorale del marito, Nicolas Sarkozy, uscito di scena nel primo turno delle primarie di domenica in Francia. In allegato, una foto color seppia dell' ex presidente e tre emoticon tra cui un cuore rosso.
Ultimi Dagoreport
TE LO DO IO IL 2024! - CARLO FRECCERO: “NELL’EPOCA DELLA NOTIZIA TAROCCATA, IL GOSSIP RAPPRESENTA…
DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
FLASH – LA DISPERATA CACCIA AI VOTI PER ELEGGERE SIMONA AGNES ALLA PRESIDENZA RAI FA UN’ALTRA…
DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…