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Da quando Re Giorgio Napolitano venne ricollocato sul Colle per il secondo mandato a furor di parlamento riunito in seduta comune e ne ebbe ad accettare il peso come "mandato temporaneo nell'interesse del Paese", le ipotesi e le congetture sulla data della sua uscita di scena si sono rincorse.
napolitano con la maglietta della nazionale
Molti si sono spinti a motivarla con, nell'ordine, stanchezza, peso dell'età che avanza (paragone blasfemo con il gesto di Papa Ratzinger compreso), richiesta non rinviabile di Donna Clio, e molti altri ne hanno collocato il gesto formale a ridosso di eventi simbolici già in calendario, dal discorso di fine anno alla fine del semestre europeo o all'inaugurazione dell'Expo per chi si spinge a metà del 2015.
Quel che è certo e' che Re Giorgio ha legato, sia nel suo discorso di insediamento, sia nelle dichiarazioni che anche recentemente ha fatto, la sua permanenza sul Colle più alto all'approvazione delle riforme costituzionali come premessa per porre il Paese su binari più solidi di crescita e di sviluppo economico.
maria elena boschi e marianna madia
Ora, sia pure non nei tempi che il premier aveva inizialmente indicato, la riforma costituzionale può essere approvata in prima lettura dal Senato entro luglio e in seconda lettura dalla Camera entro fine ottobre/metà novembre. Ed è questa la "finestra" di cui si parla insistentemente nei palazzi della politica da qualche giorno per affacciare l'ipotesi che il Presidente possa fare il passo indietro proprio durante tale periodo.
Ma quali sarebbero le motivazioni che indurrebbero Giorgio Napolitano a lasciare in autunno, oltre a quella che le riforme sono state avviate? Secondo il tam tam che si rincorre dal Transatlantico di Montecitorio alla buvette di Palazzo Madama, qualcosa e' cambiato non nel rapporto tra il Presidente anziano e il premier giovane (con il quale i rapporti sono eccellenti e non solo per via del fatto che Renzi e' anche segretario del Pd, il partito erede del Pci cui il Presidente e' stato a lungo dirigente di primissimo piano) ma nel rapporto con la sua squadra di ministri e ministre del governo.
il presidente napolitano con malago foto mezzelani gmt118
Sono note le amorevoli cure che il Colle ha riservato al decreto sulla pubblica amministrazione di Madia Marianna, già fidanzata di Napolitano Giulio (ma tuttora, diciamo, non amata da Donna Clio), così come le trepidazioni istituzionali che da lassù hanno accompagnato il cammino boschiano della riforma costituzionale
A questo proposito, e' cronaca di mercoledì 25 giugno, Boschi Maria Elena in commissione Affari Costituzionali al Senato non ha saputo rispondere a due semplici domande. Eccole:
1. perché lei non vuole prevedere il referendum confermativo da parte del popolo, pur essendo arrivata al governo sull'onda delle primarie vinte da Renzi?;
giancarlo pajetta napolitano berlinguer
2. Se la legislatura scade a maggio del 2018 e se la riforma viene approvata in autunno o anche nel 2015, nel frattempo resta in vigore l'attuale Senato elettivo o entra subito in vigore quello consultivo? Per dirla più tecnicamente, perché il testo della riforma Costituzionale non include una norma transitoria di salvaguardia che descriva con esattezza cosa succede tra la prima e la quarta lettura, sino cioè all'approvazione definitiva?
Insomma, i senatori attuali volevano sapere sino a quando resteranno in carica, ultimi mohicani del bicameralismo perfetto. Maria Elena, ad entrambe le domande, non aveva una risposta e quando la presidente Finocchiaro Anna se n'è accorta ha cercato di coprirla rifugiandosi nell'esperienza. Ma nemmeno lei ha potuto ignorare la scena muta, o balbettante, della titolare delle Riforme. (A quattrocchi, dall’alta della sua esperienza, la Finocchiaro si diverte a sbeffeggiare la “madonnina toscana”: ad ogni argomenti che tocchi, squittisce che deve sentire Matteo…)
1402428674 virzi ramazzotti napolitano
Se il Presidente sceglie davvero la finestra di cui sopra, certamente lo fa anche per valutazioni non eccessivamente positive sull'uscita del Paese dalla crisi, poiché quello che gli avrebbe davvero dato grande soddisfazione era lasciare il Quirinale con un Paese non solo costituzionalmente riformato ma anche e soprattutto con meno disoccupazione e più crescita economica.
Ma sul Colle sanno bene che in Europa si parla apertamente della necessità di una manovra autunnale da 20 miliardi di euro e se ripensano a quello che è successo per i famosi 80 euro in busta paga prima delle elezioni europee qualche brivido ritorna: sarà una prova difficilissima.
1 maria elena boschi e marianna madia
maria elena boschi e napolitano
Così come non è sfuggito che oggi Confindustria ha rivisto al ribasso le stime di crescita e che il Paese rischia di avvitarsi come con Monti tra tasse e manovre chieste dall'Europa e stagnazione, con le prime che alimentano ancor di più la seconda.
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