DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
Beppe, gli dice un cronista scherzando, almeno oggi non trattarci male. Ma lui non ha alcuna intenzione di iniziare il solito rosario («Siete fantasmi, cadaveri che camminano, servi dei padroni, miserabili giornalai, lombrichi destinati all'estinzione…»). Beppe Grillo ha pure pochissima voglia di mettere su un sorriso beffardo dei suoi. Anzi: è accigliato, un broncio così, miscuglio di delusione e stizza.
Rocco Casalino - ex concorrente del Grande Fratello diventato responsabile della comunicazione a Cinque Stelle, look nero tipo bodyguard e potere invisibile gestito da talebano del grillismo - gli ha appena comunicato con un filo di voce che fuori, sulla piazza di Montecitorio, non c' è la folla attesa. Purtroppo, Beppe, no: non c'è. Solo un centinaio di militanti. Pochi giovani, molti anziani, qualche curioso. Va bene, certo: tutti gridano forte «Onestà! Onestà!».
Però i colonnelli del Movimento speravano di riservare un'accoglienza assai più rumorosa e massiccia al capo sceso da Genova per assistere in Aula alla discussione della legge - prima firmataria Roberta Lombardi - che punta a dimezzare l'indennità lorda mensile dei parlamentari, che passerebbe a 5 mila euro dai 10.435 attuali. Grillo e Casalino camminano in silenzio nel corridoio scortati da due commessi (il comico, non essendo parlamentare, deve prendere posto nella tribunetta riservata al pubblico, sul lato destro dell'emiciclo).
Entrano, si siedono. Intorno una decina di simpatizzanti abbastanza eccitati, che sono riusciti a farsi invitare. Grillo non li degna di uno sguardo e sfoglia un libro: «Costruire il domani. Istruzioni per un futuro immateriale» di Stefano Quintarelli. Teorema: il futuro è già qui, solo che non è distribuito in modo uniforme.
I parlamentari grillini, invece, sì. Tutti nei loro scranni e in piedi solo Alessandro Di Battista detto «Dibba», pugni sui fianchi, petto in fuori, mandibola volitiva: che osserva, da lontano, il capo. Solo che il capo è distratto e non si accorge di Dibba. Si accorge però di Luigi Di Maio, che presiede i lavori dell' Aula (sarà corretto, fiscale, impeccabile).
«No… guardi, le mani deve tenerle giù», dice il commesso a Grillo, che intanto s' è appoggiato alla balaustra. Subentra un filo di noia. Interventi leziosi. Il Pd ha invertito l'ordine del giorno, anticipando il voto sul ddl «taglia stipendi» e sminando, di fatto, il dibattito.
Così tutti aspettano una scintilla che, però, non arriva. Arrivano solo le parole di Ettore Rosato, il capogruppo del Pd: «Abbiamo un ospite importante, Beppe Grillo… al quale dico: dopo essere venuto qui, vada anche su un altro colle e chieda conto dei costi, delle auto blu, delle consulenze… Perché non si può solo fare opposizione, bisogna pure saper governare» (riferimento al Campidoglio e alla tribolata - eufemismo - esperienza da sindaca di Virginia Raggi).
Sta dicendo a te, Beppe. Allora lui si scuote dal torpore, si sporge leggermente e urla verso Rosato: «Bravo! Bravo!». Nient'altro. Ma proprio nient' altro. Con 109 voti di scarto, l'assemblea rinvia in commissione, su richiesta della maggioranza, la proposta grillina.
Grillo esce dalla tribunetta, si volta e fa: «È andata benissimo». Benissimo?
«Ma certo! Hanno svelato la loro natura… Quelli del Pd sono così…». Così come? «Difendono lo stipendione, sono attaccati al denaro… Ora la gente lo sa, è ufficiale: hanno affossato la nostra proposta». Fuori, sul piazzale, ce ne è poca di gente. «E allora? La gente è con noi. Il popolo è con noi. Gli italiani sono noi!».
Ora uscirà a parlare con i militanti? «Mhmm…». Uscirà o no? «Mhmm…». E così, borbottando qualcosa, sparisce dietro una porta insieme a Rocco Casalino, nervosissimo perché per rivolgere la parola al capo bisognerebbe chiedere permesso prima a lui.
Transatlantico, cinque minuti dopo.
Ecco Matteo Orfini, presidente del Pd. «C' era Grillo? Ma no?». Ma sì. «Boh. Io non me ne sono accorto». Ecco il ministro Maria Elena Boschi. «Ci sono, ma non ci sono» - battuta che molti fingono di trovare strepitosa, ridendo di cuore. Ecco Renato Brunetta, capogruppo di FI, che riceve il bacio di Laura Ravetto - gesto commovente, considerati i rapporti tra i forzisti qui a Montecitorio. Ecco la grillina Maria Edera Spadoni avvolta in una bandiera tricolore. «Io vado a salutare i militanti!».
Solo che, sulla piazza, i parlamentari sono quasi più numerosi dei militanti. «Dibba» però afferra lo stesso un megafono e attacca un comizietto dei suoi. Sergio Puglia mette il cellulare in posizione selfie e, parlando in falsetto, si manda in diretta su Facebook. «Mangiate la mela, mangiatela…» (carabiniere in apprensione: «Lei lo conosce quel signore? Chi è?»). I fotografi non sprecano scatti e aspettano solo Beppe. Ma Beppe è sparito.
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