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ALTRO CHE “MISSIONE COMPIUTA”! IL SEMI-RITIRO DELLE TRUPPE RUSSE DALLA SIRIA E’ DOVUTO AI COSTI ENORMI DELL’INTERVENTO: 500 MILIONI DI EURO IN SEI MESI - CON LA CRISI DEL GREGGIO CHE ZAVORRA LA CASSA DI MOSCA, COSTA CARO A PUTIN DIMOSTRARE CHE LA RUSSIA E’ UNA POTENZA GLOBALE

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Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”

 

assad putin assad putin

Ha provato gusto, Vladimir Putin, nel cogliere tutti di sorpresa con l’annuncio del ritiro del grosso del dispositivo militare russo in Siria. Proclamando compiuta la missione in Medio Oriente, il leader del Cremlino ha ancora una volta sparigliato la scena internazionale, dettando i termini dell’agenda e rafforzando il racconto di una Russia tornata «global player» nel concerto delle nazioni.

 

ASSAD PUTIN USAASSAD PUTIN USA

Perché lo Zar abbia scelto questo preciso momento per il parziale disimpegno dalla costosa operazione siriana (quasi 500 milioni di euro in 6 mesi, secondo le stime più accreditate) è oggetto di interpretazioni e giudizi anche contrastanti. Ha ridimensionato un intervento che «non prometteva nulla di buono, mentre l’ombra di un nuovo Afghanistan incombeva sempre più netta» , come suggerisce l’esperto di relazioni internazionali Vladimir Frolov? Oppure ha ragione il presidente russo quando dichiara, evocando una logica da veni, vidi, vici , che le forze russe hanno largamente centrato gli obiettivi che si erano proposte, quindi era tempo di tornare a casa?

 

militari russi posano con foto di putin e assadmilitari russi posano con foto di putin e assad

«È stata una decisione ragionata e a pensarci bene neppure sorprendente — spiega Fyodor Lukyanov, direttore della rivista Russia in Global Affairs —, Putin aveva detto sin dall’inizio che la missione sarebbe stata limitata nel tempo. Voleva evitare uno scenario libico, che la caduta di Assad avrebbe prodotto, e c’è riuscito.

 

Voleva cambiare la percezione esterna della Russia come potenza in declino, che l’avventura Ucraina sembrava confermare, uscendo dall’isolamento e ponendosi come attore imprescindibile nella soluzione delle crisi mediorientali. Anche qui è riuscito. E infine voleva dimostrare non solo la capacità ma anche la volontà di usare la forza in uno scenario esterno, marcando una differenza con gli Stati Uniti, in questa fase riluttanti a impegnarsi militarmente». Da questo punto di vista, secondo Lukyanov, «Putin ha scelto il momento ottimale».

 

john kerry con lavrov ministro degli esteri russojohn kerry con lavrov ministro degli esteri russo

Di tutti gli obiettivi non espliciti, la «resurrezione dall’oblio della cooperazione tra Russia e Stati Uniti», o se si vuole «la rinascita del formato bipolare», era quella che più stava a cuore a Vladimir Vladimirovich, che vorrebbe fare della Siria una sorta di benchmark per i rapporti con Washington e un modello da seguire anche in altre aree, a cominciare dall’Ucraina. Ma se l’intensificazione del dialogo sembra validarlo, ormai gli incontri tra Lavrov e Kerry o le telefonate tra Putin e Obama sono routine, secondo Frolov «siamo molto lontani da una nuova Yalta».

 

USA RUSSIA ACCORDO SIRIAUSA RUSSIA ACCORDO SIRIA

È vero però che la mossa di Putin apre nuovi scenari dentro e fuori la Siria. All’interno indica una soluzione negoziata della guerra civile come l’unica praticabile. «Con la decisione di intervenire, Putin aveva mandato alle opposizioni un forte segnale che la via della vittoria militare era loro preclusa. Ma decidendo di ridimensionare il suo impegno, dice ad Assad la stessa cosa», spiega Lukyanov, secondo il quale il vero interesse del Cremlino «non era tanto di tenere in piedi il dittatore, quanto salvaguardare la Siria come entità statale». È un fatto che Mosca abbia criticato con forza le uscite recenti di Assad, imbaldanzito dai successi militari, che si è detto pronto a combattere fino alla sconfitta di tutti i suoi nemici.

CARTINA ATTACCO RUSSIA IN SIRIACARTINA ATTACCO RUSSIA IN SIRIA

 

All’esterno, l’annuncio del parziale ritiro apre nuovi spazi al dialogo con l’Arabia Saudita e prepara il palcoscenico per l’imminente visita a Mosca di re Salman. Ma soprattutto invia un messaggio ai leader post sovietici: «La stabilità dei regimi è meglio garantita dalla combinazione di diplomazia e impegno militare che la Russia ha dimostrato di sapere dosare e gestire con perizia», dice Frolov.

 

È sull’obiettivo esplicito propagandato in ottobre, al momento di lanciare l’operazione siriana, che il bilancio del Cremlino appare in rosso. Che ne è stato della lotta a Daesh e della volontà di portare la guerra contro i jihadisti sui loro territori, prima che questi la portassero dentro i confini della Federazione russa? Il ministro della Difesa Shoigu dice che sono stati uccisi 2 mila terroristi dell’Isis.

 

RUSSIA BOMBARDA SIRIARUSSIA BOMBARDA SIRIA

Ma lo sforzo bellico principale per mesi è apparso diretto soprattutto contro i gruppi dell’opposizione, per quanto è vero che alcuni di questi fossero contigui ad Al Nusra. Non è casuale che Sergei Markov, ex deputato alla Duma di Russia Unita ed esperto di politica estera, spieghi che ora «lo sforzo aereo della Russia può concentrarsi sull’Isis» e che «entro dicembre questo cesserà di esistere». L’avanzata su Palmira delle truppe di Assad, sostenute dall’aviazione e dai consiglieri russi, appare come la prima mossa.

 

RUSSIA BOMBARDA LA SIRIARUSSIA BOMBARDA LA SIRIA

Ma un’altra cosa ricorda Markov, sugli obiettivi raggiunti da Putin nell’operazione. La Siria è stata un grande laboratorio dal vivo per una nuova generazione di sistemi d’arma made in Russia , che ora potranno essere perfezionati. Torneranno utili per la politica di potenza, ma anche per rilanciare l’export a più alto contenuto di tecnologia di cui dispone il Paese.