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Claudio Gallo per "La Stampa"
La crisi economica che non accenna a finire, la complessità della situazione sul campo per cui una parte degli alleati di oggi rischia di diventare il nemico di domani: l'occidente non sembra più così convinto che armare i ribelli siriani sia un affare. La scorsa settimana una commissione del Senato americano ha bloccato l'invio di armi all'opposizione antiAssad perché, ha concluso, la fornitura non serve a mutare gli equilibri sul campo, e c'è il rischio che le armi cadano nelle mani degli estremisti islamici.
Ieri, dopo aver fatto negli ultimi mesi la voce grossa, il premier britannico Cameron è tornato sulle vecchie posizioni prudenti: «Non abbiamo preso alcuna decisione sulle armi ai ribelli - ha detto - ma è molto importante che continuiamo a lavorare con loro». In ogni caso il premier ha ripetuto le parole del ministro degli Esteri Hague: «Nessuna decisione sarà presa senza consultare il parlamento».
Il «Times» sparava ieri in prima pagina che dietro l'attivismo filo-opposizione del premier ci sarebbero le pressioni della moglie Samantha, impegnata con un ente caritativo ad aiutare i profughi siriani. La soffiata al giornale - ovviamente subito smentita da Downing Street - presumibilmente arriva dallo stesso partito di Cameron, dove molti erano allarmati dalla sua campagna lancia in resta.
A raffreddare gli entusiasmi del primo ministro avrebbero contribuito i vertici dell'esercito britannico che condividono lo scetticismo del congresso Usa e dopo i disastri iracheno e afghano non vogliono essere coinvolti nel conflitto. In Europa, su posizioni di aperto appoggio ai ribelli, sembra rimasta solo la Francia.
I ribelli siriani comunque non sono proprio senza armi, ci pensa l'Arabia Saudita a fornirle. Riad a suon di petroldollari si è sbarazzata dell'attivismo del Qatar, affondato con Morsi in Egitto, e ora insieme all'occidente guida le fila dei ribelli. Il nuovo presidente della Coalizione nazionale siriana Ahmad al Jarba, nonostante venga dal gruppo marxisteggiante di Michael Kilo, sarebbe in ottimi rapporti con Bandar bin Sultan, il potente capo dei servizi sauditi che si appresta a diventare il regista dell'opposizione. E soprattutto è un uomo delle tribù sunnite del nord che formano il nerbo siriano degli insorti.
L'eliminazione dell'influenza del Qatar è sembrata per un attimo ricomporre i dissidi interni agli jihadisti e tra jihadisti e laici. Ma l'uccisione del generale ribelle Kamal Hamami da parte di un gruppo iracheno legato ad Al Qaeda ha riaperto le ferite. Ieri il «Times» rivelava che in Siria sono arrivati contingenti di taleban pachistani per combattere la loro guerra santa.
Non bisogna pensare agli oppositori siriani come a bande improvvisate equipaggiate solo di qualche moschetto: alcuni siti hanno pubblicato foto di ribelli con missili franco-tedeschi Milan. Ci sono notizie, non confermate, sulla presenza di missili russi Osa, arrivati dalla Libia. Molti carri dell'esercito sarebbero stati distrutti dai vecchi missili anticarro sovietici Konkurs, forniti dall'Arabia Saudita.
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