TRANSERVITÙ - DITE AGLI HABITUÉ DEL “VIZIETTO” CHE LE BRENDA E LE NATALIE CARICATE ON THE ROAD SPESSO SONO SCHIAVE DI ORGANIZZAZIONI CRIMINALI COME QUELLA SGOMINATA A ROMA DAI CARABINIERI (28 ARRESTI) - LE TRANS PORTATE VIA DALLE FAVELAS E PIAZZATE SULLE STRADE DI ROMA, DOVEVANO PER IL FAVORE I 12 AI 18 MILA € - DOVEVANO SGANCIARE TRA I 3MILA E I 5MILA € PER LA “TASSA DI UTILIZZO DEL SUOLO PUBBLICO” (SIC!), OSSIA IL MARCIAPIEDE…

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Maria Corbi per "La Stampa"

Ridotti in schiavitù, trattati come oggetti, stracci (così venivano chiamati) da cui ottenere il maggior guadagno possibile. È un abisso di crudeltà e disperazione quello che esce dall'operazione del Nucleo investigativo carabinieri dell'Eur che ha alzato il velo sulla tratta dei transessuali nella capitale.

Sulla direttrice Rio de Janeiro-Roma, passando per Parigi, Madrid, Budapest, Bucarest, Zurigo, Milano o Firenze, queste «ragazze» sognavano un futuro da estetiste o da ballerine di night club e hanno trovato catene e marciapiede. Un pezzo di cemento e di orrore che dovevano pagare a caro prezzo: tra i 12 mila e i 18 mila euro, da restituire sino all'ultimo centesimo «battendo» nelle zone dell'EurFungo, di piazza Navigatori e di via Longoni, al Mattatoio.

In alcune occasioni venivano reclutati anche brasiliani non operati che erano sottoposti a interventi chirurgici una volta arrivati nelle capitali europee. In questo caso la quota da saldare era maggiore. I reclutatori, che in Brasile si erano dipinti la faccia da benefattori, in Italia si trasformavano in belve: «Se non pagate, facciamo del male ai vostri familiari in Brasile».

«Siamo riusciti a smantellare l'intera organizzazione partendo dai vertici, per lo più brasiliani - ha spiegato il colonnello Giuseppe La Gala, comandante del Gruppo Roma - con gli italiani inseriti in ruoli intermedi». L'operazione «Fungo» ha portato a 28 arresti e 48 indagati, tra Roma (21), Caserta, Perugia, Pontecorvo e Colleferro.

Una volta in Italia, le vittime del racket erano costrette a vivere in locali fatiscenti, garage e scantinati, fino a sei nello stesso letto a castello. Nei colloqui telefonici tra gli indagati, i trans erano «stracci da portare via» quando venivano scelti nelle favelas; «uccellini» o «passerotti» durante il viaggio; «torte» una volta arrivati a destinazione.

E oltre ai soldi del viaggio, dovevano pagare tra i 3mila e i 5mila euro di una tantum per la «tassa di utilizzo del suolo pubblico», ossia il marciapiede, tra i 200 e i 250 euro per l'affitto settimanale; tra 200 e 300 euro per l'affitto giornaliero di camere di lusso; e persino tra i 200 e i 300 per la quota di adesione obbligatoria ad una riffa (truccata) che metteva in palio periodicamente fino a 10 mila euro.

Una lotta al traffico della prostituzione «trans» iniziata anni fa: dal 2007 a oggi gli arresti sono stati ben 62. A un certo punto, dopo una serie di arresti, sembrava che il fenomeno fosse in esaurimento, poi di nuovo «l'invasione» delle strade romane. «Ci siamo resi conto che nelle aree incriminate i trans erano tornati numerosi», ha spiegato La Gala. «Sono stati i colleghi del Nucleo investigativo dell'Eur a ricostruire nei dettagli come l'organizzazione si fosse ricompattata, perdendo in aggressività».

All'epoca la trans Monique, detta «Pitbull», era famosa per il bastone usato contro i trans che trasgredivano ai suoi ordini. Ma adesso l'approccio, come fanno notare gli investigaori, era solo «in apparenza più morbido». Tre i boss: Sasà, Paola e Carla Preta, dette le «madrine», trans che avevano scalato le gerarchie della strada, tutte arrestate. Subito sotto di loro, nella piramide organizzativa italiana, venivano i «selettori», incaricati di scegliere in Brasile i trans da portare in Italia.

La «segretaria» teneva tutta la contabilità dell'organizzazione. Gli «autisti», italiani, per 10 euro a corsa portavano i trans sul luogo di lavoro; gli «agenti immobiliari abusivi» cercavano gli appartamenti sfitti dove sistemare i trans e stipulavano contratti regolari intestati a prestanome italiani; gli «albergatori atipici», sotto l'attività di «bed and breakfast» celavano vere e proprie case d'appuntamento. Per un giro d'affari che in qualche mese poteva sfiorare il milione di euro.

 

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