SI RICOMINCIA! BERLUSCONI CONTRO LA SENTENZA DI SEPARAZIONE DA VERONICA LARIO - IL BOMBASTICO APPANNAGGIO DI 36 MILIONI ANNUI FIRMATO SOLO IN CAMBIO DI UN “SALVACONDOTTO” POLITICO PER LA CAMPAGNA ELETTORALE DEL NANO - LE MOTIVAZIONI DEL GIUDICE CHE HANNO PROSCIOLTO BUSI DALLA QUERELA DELLA LARIO: “TROVA UNA RAGIONE PRECISA NELLA SCELTA STESSA DI SCRIVERE PUBBLICAMENTE DELLE LETTERE AI QUOTIDIANI CONTESTANDO AL MARITO ALCUNI SUOI COMPORTAMENTI”

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1 - BERLUSCONI FA APPELLO, TROPPI SOLDI A VERONICA "STOP AGLI ALIMENTI"
Paolo Colonnello per "la Stampa"

Definendola una «decisione abnorme» e «fuori da ogni logica», gli avvocati di Silvio Berlusconi tornano all'attacco e depositano l'appello contro la sentenza di separazione da Veronica Lario. Dunque, si ricomincia.

Che la battaglia tra Silvio Berlusconi e la sua ex moglie Veronica Lario non sarebbe finita con la sentenza di separazione che condannava il Cavaliere a pagare 100 mila euro al giorno alla ex consorte, lo si era capito dal giorno in cui i giudici della nona sezione civile del tribunale avevano depositato il dispositivo con cui dichiaravano conclusa la causa durata tre anni, aggiudicando alla ex moglie un appannaggio complessivo di 36 milioni annui per garantirle «un tenore di vita analogo a quello goduto durante la convivenza».

In cambio Veronica rinunciava alla villa di Macherio - valore stimato 78 milioni di euro - e all'addebito «per colpa», garantendo una sorta di «salvacondotto» politico per la campagna elettorale di Berlusconi.

Sentenza depositata la vigilia dello scorso Natale e sulla quale, dopo un violento attacco di Berlusconi alle tre giudici civili, definite «giudichesse comuniste», era calato un silenzio tombale anche perché gli avvocati delle due parti avevano in gran segreto ricominciato a trattare. Ma, evidentemente, ogni possibilità di accordo è fallita. Ora, come previsto, trascorse le elezioni, il Cavaliere è tornato alla carica e la settimana scorsa i suoi avvocati hanno depositato il ricorso in appello.

Partendo subito in attacco, chiedendo cioè contestualmente, che i giudici di secondo grado sospendano da subito la provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado, ovvero il pagamento degli alimenti a Veronica Lario. Materia che il presidente della sezione famiglie della Corte d'Appello, Bianca La Monica, dovrà affrontare nell'udienza fissata per le prossime settimane prima ancora di stabilire la validità del ricorso con il quale si punta ovviamente ad annullare la prima sentenza e a ridurre notevolmente l'appannaggio concesso in primo grado. Berlusconi sostiene infatti di non poter far fronte all'esorbitante mantenimento per la ex consorte.

D'altronde che qualcosa bollisse in pentola lo si è capito leggendo i motivi del ricorso per la remissione dei processi di Silvio Berlusconi a Brescia. Nelle 39 pagine firmate dallo stesso Cavaliere ma scritte evidentemente dai suoi due avvocati, Piero Longo e Niccolò Ghedini, tra le ragioni portate per dimostrare «l'ostilità ambientale» della piazza milanese, al punto 5 si fa esplicito riferimento proprio alla «causa civile numero 77272/2009», ovvero al procedimento per la separazione, definendo la decisione dei giudici «oggettivamente senza precedenti in Italia».

E si legge: «Si è condannato infatti l'onorevole Berlusconi al pagamento di una somma mensile più gli arretrati pari a una cifra addirittura superiore ai suoi guadagni. È ovvio che trattasi di problematica endoprocessuale, ma deve essere valutata nel contesto generale della prevenzione della magistratura milanese nei confronti dell'on. Berlusconi, magistratura che assume decisioni del tutto abnormi e fuori da ogni logica».

Dunque, anche nei motivi del ricorso d'appello si fa riferimento esattamente «all'abnormità» della precedente sentenza e si accenna al fatto che la cifra stabilita dalla sentenza di primo grado non è sostenibile da Berlusconi (il cui patrimonio personale è stato stimato dalla rivista Forbes nel 2012 in 5,9 miliardi di dollari, tre in meno che nel 2011) che inizialmente aveva proposto un assegno da 300 mila euro al mese più 7 milioni di euro lordi all'anno.

Nel ricorso in Cassazione inoltre, ci si lamentava anche di quella che secondo gli avvocati è stata una presa di posizione indebita del presidente della stessa Corte d'Appello di Milano, Giovanni Canzio, intervenuto in difesa delle tre giudici che avevano emesso la sentenza di separazione.

«Non appena l'onorevole Berlusconi ha osato non già criticare ma osservare che la decisione gli appariva fuori da ogni logica (oltre tre milioni di euro mensili alla ex moglie) addirittura il presidente del Tribunale di Milano e ancor peggio il Presidente di Corte d'Appello, corte che dovrà giudicare il ricorso, intervenivano pesantemente con un comunicato stampa con cui stigmatizzavano le sue dichiarazioni». Una «anomalia», secondo i legali che sembra però prefigurare anche una possibile difesa nella causa.

2 - HA RAGIONE BUSI: LA LARIO POTEVA DIRE DI PIÙ
Si. T. per il "Fatto quotidiano"

Ve lo ricordate il "ciarpame senza pudore"? E la famosa lettera della ormai ex moglie dell'ormai ex premier, quella in cui nel 2007 lei chiedeva a lui formali scuse per le pubbliche galanterie rivolte a Mara Carfagna, l'ex ministro più bello del mondo? Anche le esternazioni successive alla famosa serata di Casoria, il compleanno della piccola Noemi Letizia, sono rimaste negli annali: "Le vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà, la crescita economica".

Le amarissime parole con cui, tra le altre cose la signora Lario definiva il marito una "persona che non sta bene", sono tornate alla mente di tutti qualche mese fa, quando il giudice ha deciso di assegnarle un assegno di mantenimento pari a 100 mila euro al giorno.

Di questa lite non più domestica si è continuato a parlare anche perché poi, all'inizio del 2011, arrivò il processo "bunga bunga" che ancora tiene banco tra minuetti e impedimenti, dichiarazioni apocalittiche sulla dittatura della magistratura . E che ha deliziato l'opinione pubblica con edificanti colloqui a base di culi flaccidi, statuette di Priapo, baci alla francese, regalini di varia natura: fenomenologia delle cene eleganti, innaffiate da migliaia di euro.

Il primo ottobre del 2010 Aldo Busi era ospite di Otto e mezzo su La7. Lilli Gruber gli chiese un parere sull'affaire Lario-Berlusconi, un legame durato quasi trent'anni, da cui sono nati tre figli e che si era interrotto a causa dei comportamenti di Berlusconi. Lo scrittore rispose che gli sembrava strano che una donna istruita avesse inviato "una lettera per una storia di possibili corna o tradimenti o minorenni, eccetera, e non avesse mai detto nulla sul fatto che a casa di Berlusconi c'era un tale Mangano, lo stalliere pluriomicida e mafioso".

L'obiezione di Busi era: ha parlato solo di cose private, mentre di altri affari assai più rilevanti per i cittadini non ha mai ritenuto di intervenire, né ora né durante i lunghi anni di matrimonio. La signora Lario si era sentita diffamata da quelle parole e aveva sporto querela. In dicembre Busi era stato assolto e in questi giorni il giudice Silvana Pansini ha depositato le motivazioni. Nelle quali compare, tra le altre cose, un breve riassunto della carriera dell'ex premier, amico di Marcello Dell'Utri e datore di lavoro dell'eroico Mangano. Si rinverdisce perfino la famosa telefonata, dopo l'attentato alla villa di via Rovani nell'86, quando Berlusconi disse a Dell'Utri che la bomba l'ha messa Mangano " con rispetto, quasi con affetto". Poi l'iscrizione alla P2, l'amicizia con Cesare Previti.

Tutte cose "gravi" che negli anni sono venute a conoscenza dell'opinione pubblica e su cui in effetti la signora Lario mai ha dato giudizi. Ma l'opinione di Aldo Busi sul comportamento della ex first lady "trova una ragione precisa", scrive il giudice, nella scelta stessa "di scrivere pubblicamente delle lettere ai quotidiani contestando al marito alcuni suoi comportamenti".

Cioè: nel momento in cui ha deciso di rendere pubblico il suo giudizio sui comportamenti del marito era chiaro che avrebbe innescato un dibattito, sia sul contenuto delle dichiarazioni che sulla scelta di rompere il riserbo.

Non vi è stata alcuna espressione diffamatoria, si legge nella sentenza del Tribunale di Monza, perché le parole di Busi non prendono di mira la persona di Veronica Lario per offenderla come moglie e come madre, bensì il suo ruolo pubblico per esprimere una critica. Nessuna aggressione, dice il giudice, e dunque "prevale l'esigenza di garantire al massimo l'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito qual è l'espressione del pensiero critico ancorché sgradito e giudicato ingiusto nella valutazione personale della destinataria".

 

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