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Francesca Pierantozzi per “il Messaggero”
Emmanuel Macron ha saputo dalla radio ieri mattina di aver perso la star del suo governo, Nicolas Hulot. Il ministro dell' Ecologia si era concesso un anno per vedere se dopo decenni passati a difendere l' ambiente in tv, in giro per il mondo, accanto a presidenti e a conferenze internazionali, avrebbe potuto «essere utile» come ministro in patria. Ha resistito quindici mesi, poi ha gettato la spugna: nonostante «l' ammirazione» per Macron e la stima e «l' amicizia» per il governo, la difesa dell' Ambiente resta fuori dalle priorità della politica.
I CEDIMENTI
nicolas hulot su una paola eolica a gennaio
Ha dovuto cedere su quasi tutto, lui che ha sempre fustigato l' immobilismo, sempre saputo parlare ai potenti, che si è gettato alle estremità del pianeta e anche negli abissi, in un episodio della sua famosa trasmissione Ushuaia in cui parlava sott' acqua per dimostrare che il pianeta stava morendo e bisognava cambiare tutto.
Invece non è riuscito a cambiare quasi niente nemmeno a casa sua. Ha dovuto rinunciare a un piano preciso per ridurre al 50 per cento la parte di nucleare nella produzione di energia in Francia, rinunciare al divieto immediato del glifosato, accettare la ratifica del Ceta, l' accordo commerciale di libero scambio tra Europa e Canada.
Aveva dovuto sopportare perfino Brigitte Bardot, che quest' estate lo aveva definito un «ministro insignificante e inutile». La goccia finale c' è stata lunedì, quando l' Eliseo ha annunciato che il costo del permesso di caccia sarà dimezzato, una vittoria della lobby da sempre avversa a Hulot. «Non ci credo più» ha detto il ministro, tragicamente e visibilmente emozionato a France Inter, davanti ai due intervistatori sorpresi quanto il resto della Francia.
Per il presidente una brutta notizia, dopo lo scandalo estivo legato alla sua ex guardia del corpo Benalla. Dalla Danimarca, dove è in visita ufficiale, Macron ha rotto la tradizionale reticenza a parlare di cose francesi all' estero per prendere atto di una «decisione personale» e sperare di poter continuare a contare su Hulot, sul suo «impegno di uomo libero e fermo nelle sue convinzioni».
Il premier Philippe ha salutato un «lavoro importante». Solo tra qualche giorno si saprà chi prenderà il posto di Hulot. Personalità anche discussa, accusato di amare troppo i riflettori e le grandi imprese che finanziavano la sua fondazione, ma sempre in testa alle classifiche di gradimento, simbolo di un ambientalismo combattivo, popolare, mediatico, Hulot era stato invano corteggiato da Chirac, Sarkozy e Hollande.
Aveva ceduto soltanto a Macron. Hulot all' Ambiente: la ciliegina sulla torta di un dream team. «Abbiamo cominciato a ridurre i gas a effetto serra? No - ha detto ieri - Abbiamo cominciato a ridurre l' uso dei pesticidi? No. O ad arginare l' erosione della biodiversità? No. Prendo la decisione più difficile della mia vita.
Non voglio più mentirmi, non voglio dare l' illusione che la mia presenza al governo significhi che è all' altezza delle sfide. Dunque lascio».
LA DIFESA
A gennaio il governo lo aveva difeso in massa quando la stampa aveva riportato a galla un' accusa di stupro della nipote di François Mitterrand, Pascale, risalente al 1997. Toni poco ortodossi, camicia col collo alla coreana, spesso collerico, Hulot ha ammesso di essersi ritrovato - da ministro - a «doversi rassegnare tutti i giorni», «ad accontentarmi di piccoli passi mentre il pianeta diventa un forno e la situazione universale richiede un totale cambiamento di scala e di paradigma». «Spero che la mia partenza serva a incoraggiare una profonda introspezione della nostra società sulla realtà del mondo».
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