DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marcello Sorgi per “La Stampa”
Diciamo la verità, anche adesso che i gruppi dirigenti fanno finta di occuparsene, è chiaro che la soluzione più comoda per molti, soprattutto Pd e FdI, è il fallimento dei referendum. Il quale non è scontato, benché preannunciato da sondaggi che confermano il basso interesse (attorno al 30 per cento) dei cittadini, ma pure che sarebbe bastato il traino delle consultazioni non ammesse sull'eutanasia e sulla responsabilità civile dei giudici ad assicurare il quorum, necessario per legge, della metà più uno degli elettori.
E basterebbe, forse, che partiti come Pd e Fratelli d'Italia si impegnassero di più negli ultimi giorni che precedono il voto, per far sì che la fatidica soglia sia raggiunta. Ma il Pd non lo farà. Il tono adoperato da Letta nella recente direzione, la libertà di voto per sdrammatizzare le divisioni interne del partito, a cominciare dall'iniziativa per il «sì» del sindaco di Bergamo Gori che sta facendo proseliti giù per tutto il territorio nazionale.
Perché, sia gli amministratori, sia gli elettori di centrosinistra (ma anche di destra) non sono affatto disinteressati ai contenuti di referendum come ad esempio quello mirato a limitare gli effetti della legge Severino o quello sulla separazione delle carriere dei magistrati. Ma naturalmente una campagna più attiva dei loro partiti di riferimento favorirebbe sicuramente la partecipazione.
Perché allora Letta e Meloni hanno deciso di adoperare il silenziatore e non si impegneranno neppure a ridosso del voto della campagna referendaria? Un po', ma solo un po', è la storica diffidenza, che risale ai tempi della Costituente e al difficile parto dell'art. 75, dei progenitori dell'attuale Pd: De Gasperi e Togliatti, ciascuno per le sue ragioni, erano contrari all'introduzione di strumenti di democrazia diretta nella Costituzione italiana.
Ma il grosso, per Enrico e Giorgia, è l'imbarazzo di arrivare di fronte a una possibile vittoria dei «sì» insieme con Salvini, che logicamente ne rivendicherebbe il maggior merito. Trovarsi a festeggiare con l'avversario o l'alleato scomodo di tutti i giorni, con il quale ci si contendono le amministrazioni delle città, non sarebbe affatto facile. Meglio accucciarsi all'ombra dell'astensionismo, per una volta malattia da non curare.-
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