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“DMITRY E DONALD, CON L’ATOMICA NON SI SCHERZA” – STEFANO STEFANINI: “IL CONFRONTO VERBALE TRA MEDVEDEV E TRUMP SEGNALA UN PASSO NEL PROGRESSIVO DETERIORAMENTO DELL'AUTODISCIPLINA AUTO-IMPOSTASI DALLE DUE MASSIME POTENZE NUCLEARI. ADESSO SIAMO IN ESCALATION” – “TRUMP VOLEVA METTERE FINE ALLE GUERRE MA NON È RIUSCITO A  FARNE CESSARE ALCUNA. COME USCIRNE? IRRITATO DA MEDVEDEV, RISPONDE ‘NUCLEARE PER NUCLEARE’. È IL SUO MODUS OPERANDI: ACCRESCERE LA PRESSIONE PER ARRIVARE AL "DEAL". COSÌ SI FA SUL MERCATO IMMOBILIARE DI MANHATTAN. MA I GRATTACIELI DELLA QUINTA STRADA NON SONO I SILOS DEI MISSILI A TESTATA ATOMICA” – VIDEO

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Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per “La Stampa”

 

dmitry medvedev

Dmitry e Donald, col nucleare non si scherza, non ve l'hanno insegnato? Evidentemente no. L'ex presidente russo, oggi relegato a sfacciato megafono moscovita – a Vladimir Putin fa comodo farlo parlare tanto e decidere niente – ha chiuso in crescendo uno scambio di tweet col presidente (in carica) americano ricordandogli che Mosca possiede le «capacità nucleari di attacco» ereditate dall'Urss.

 

trump fucile 2

In risposta a questi commenti «altamente provocatori» Donald Trump ha «ordinato il riposizionamento di due sommergibili nucleari, più vicino alla Russia».

 

Ridimensioniamo. Medvedev è vice presidente del Consiglio di sicurezza russo senza alcun potere esecutivo. Fa il propagandista. Il "riposizionamento" di due sommergibili nucleari – non specificato se con armi nucleari o solo a propulsione – è strategicamente irrilevante.

 

I SOTTOMARINI NUCLEARI DI TRUMP VERSO LA RUSSIA - VIGNETTA BY ELLEKAPPA

Ad ieri, Mosca taceva. Dovunque si trovino i sottomarini Usa, elemento della triade di deterrenza nucleare oltre ai missili nei silos di terra e ai bombardieri, hanno sempre la capacità balistica di colpire il territorio russo. Idem, al contrario, quelli russi. L'irreperibilità ne fa la suprema arma di dissuasione.

 

Resta il fatto che Mosca e Washington non si scambiavano dirette minacce nucleari da decenni. Già ben prima della fine della Guerra Fredda, le due Superpotenze avevano adottato un codice di condotta e di linguaggio che teneva lontano lo spettro della guerra nucleare.

 

Erano entrambi ben consapevoli del rischio di "mutua distruzione assicurata" ("Mad"). Forse proprio perché ben consapevoli volevano evitarla. Comprensibilmente. […] dalla crisi dei missili cubani del 1962 in poi russi ed americani si sono ben guardati dallo sbandierare la famigerata lettera "n". […]

 

INVASIONE DELLA BAIA DEI PORCI 1961

Il confronto verbale di questi giorni non è in alcun modo paragonabile alla crisi dei missili cubani. Segnala, tuttavia, un passo nel progressivo deterioramento dell'autodisciplina auto-impostasi dalle due massime potenze nucleari. Il cattivo esempio viene da Mosca che ha ventilato spesso la minaccia di uso di armi nucleari «tattiche» in connessione con la guerra in Ucraina. Lo ha fatto liberamente il cane sciolto Medvedev, con qualche allusione Putin.

 

Il messaggio di dissuasione della Casa Bianca di Joe Biden fu fermissimo ma sotto la soglia della ritorsione atomica. Fece "de-escalation". Adesso siamo in escalation. Primo, perché non si parla più delle "bombette" atomiche tattiche in Ucraina, ma delle armi nucleari strategiche che sorvolano l'Atlantico. Con gli arsenali in possesso di Usa e Russia, possono distruggere l'intero pianeta (non ne abbiamo altri). Secondo, perché alla mezza tacca Medvedev risponde il presidente degli Stati Uniti spostando due sommergibili atomici e aggiungendo: «Le parole sono importanti e possono condurre a conseguenze non volute».

 

medvedev trump

Donald Trump è il presidente che voleva mettere fine alle guerre. Aggredì il malcapitato Volodymir Zelensky accusandolo di causare la terza guerra mondiale. Non ha cambiato intenzione. Ma non è riuscito a far cessare alcuna guerra. In Ucraina, cozza contro l'opposta volontà di Vladimir Putin che, convinto di vincere, la vuole continuare. Vicolo cieco. Come uscirne? Irritato da Medvedev, Trump risponde "nucleare per nucleare" alzando il livello dello scontro.

 

Ha già minacciato sanzioni. È il suo modus operandi: accrescere la pressione per arrivare al "deal". Così si fa sul mercato immobiliare di Manhattan.Ma i grattacieli della Quinta Strada non sono i silos dei missili a testata atomica.

 

john kennedy nikita krusciov

L'escalation verbale rivela una pericolosa perdita di paura del rischio nucleare da parte chi lo può scatenare e, pertanto, lo dovrebbe temere. Riflette l'oblio delle opinioni pubbliche.

Per le generazioni post guerra fredda, i Millenial e la Z, è l'ultima delle preoccupazioni. Non sanno. I governanti che sanno, anziché guidare, si accodano. Con l'atomica non si scherza.

 

Un consiglio a Dmitry e a Donald? Rivisitare la crisi del 1962 che portò il mondo sul ciglio della catastrofe. Per Dmitry scorrendo le memorie dentro In Confidence di Anatoly Dobrynin, sempiterno ambasciatore sovietico in Usa. Per Donald dedicando una serata a 13 Giorni, film del 2000 di Roger Donaldson. Raccontano lo stesso copione, l'uno dall'esterno, l'altro dall'interno della Casa Bianca. Dove rivelano una maturità strategica reciprocata al Cremlino. Oggi latitante. Altri tempi.

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