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Marco Palombi per il “Fatto quotidiano”
cena di finanziamento del pd a roma luca lotti
Per capire serve una premessa. Le agenzie di stampa sono un pezzo fondamentale del sistema dell' informazione: il loro notiziario - destinato agli abbonati, cioè soprattutto giornali e tv - fornisce un bel pezzo di quel che poi diventa il flusso delle notizie. Avere influenza sulle agenzie è, insomma, un fatto politicamente rilevante. Tra i principali mezzi di finanziamento delle agenzie ci sono le convenzioni istituzionali: quelle più importanti sono con Palazzo Chigi e col ministero degli Esteri (rispettivamente 30 e 15 milioni nel 2015).
Il sistema è, all'ingrosso, un carrozzone e ora è in crisi per i tagli alla spesa pubblica: il risultato è che non abbiamo colossi dell' informazione come l' Associated Press o Reuters, ma una costellazione di aziende quasi sempre malgestite che o fanno fatica a stare in piedi o sono alle prese con tagli di sedi, personale e qualità del notiziario (soprattutto il settore esteri). Insomma, una riforma è necessaria ed è qui che entra in scena Luca Lotti, potente sottosegretario di Renzi con la delega all' editoria.
E che s' è inventato Lotti? Invece di proseguire sulla strada tracciata dal suo predecessore Giovanni Legnini - cioè incentivare le aggregazioni per creare due o tre grandi poli - il sottosegretario toscano ha presentato a settembre una direttiva che in pochi mesi farà sì che tutto cambi per restare identico. L'idea di fondo era escludere dalla torta le agenzie più piccole, ma alla fine il panorama resterà lo stesso: un sistema sottoposto al ricatto delle convenzioni annuali, inefficiente, costoso, impossibilitato a espandersi.
Cosa dice la direttiva Lotti?
Che dal 2016 (e solo per quest' anno anche in forma di Associazione temporanea d'impresa) possono stipulare contratti col governo solo le agenzie che hanno più di 50 giornalisti assunti a tempo indeterminato; tre sedi; trasmettono news per 15 ore al giorno sette giorni a settimana; producono 500 lanci giornalieri; abbiano venduto abbonamenti ad almeno 30 testate con proventi da convenzione non oltre il 45% del fatturato. Messa così, sopravviverebbero in quattro: Ansa, Agi, AdnKronos e Askanews. Gli altri, però, si stanno attrezzando. Ecco un panorama della situazione.
ANSA
È l' agenzia più grande, i suoi soci sono i principali editori italiani: 324 giornalisti, 80 milioni di fatturato nel 2014, venti dei quali arrivano all' ingrosso da Palazzo Chigi e Farnesina (32 da contratti coi soci). Nonostante questo nel 2015, per motivi misteriosi, Ansa prevede una perdita di 5 milioni, motivo per cui - dopo decine di prepensionamenti pagati con denaro pubblico - ora ha messo i suoi dipendenti in "solidarietà" (taglio dei salari in parte compensato con denaro pubblico).
Questo non le ha impedito di assumere poco fa un vicedirettore con ricco contratto nell'ambito di una guerra interna. La riforma Lotti non la tocca, ma è in predicato di assorbire - anche per le pressioni, si dice, di Palazzo Chigi e di uno dei suoi soci più importanti, Carlo De Benedetti - la piccola 9 Colonne, un service editoriale fondato da Paolo Pagliaro, ex Repubblica ed Espresso, oggi a Otto e mezzo con Lilli Gruber.
AGI
È l' agenzia dell' Eni: a bilancio nel 2014 ha 76 giornalisti e un fatturato di 31 milioni, una decina dei quali dal duo Palazzo Chigi-ministero degli Esteri (e quasi 15 milioni da contratti col gruppo Eni). Nonostante questo, nel 2014 era in perdita per 2,5 milioni.
ADNKRONOS
È la gallina dalle uova d'oro di Pippo Marra, singolare figura di editore puro: 86 giornalisti che nel 2014 hanno prodotto un fatturato da 20,7 milioni, metà dei quali da convenzioni col governo. Un bilancio in sostanziale pareggio che ha contribuito ai 300mila euro di utili della holding Gmc, che possiede - grazie all' agenzia - il "Palazzo dell' informazione" a Roma.
ASKANEWS
È del banchiere Luigi Abete, nata dalla fusione dell' agenzia cattolica Asca e da Tm News, che Telecom ha dato via pagando: 108 giornalisti e 108 poligrafici hanno prodotto un fatturato da 9,7 milioni nel 2014 (5,3 milioni sono convenzioni con la Pubblica amministrazione).
LAPRESSE
L'agenzia torinese di Marco Durante era una di quelle destinate a sparire con la direttiva Lotti: al 2014 aveva 29 giornalisti, 11,2 milioni di fatturato, una piccola convenzione con Palazzo Chigi da 700 mila euro. Ora, per arrivare alla soglia di 50 giornalisti, ha assorbito le agenzie Aga e Agr e sta assumendo qualche unità dopo un corso di formazione a Torino (pare a carico degli sventurati).
DIRE-PUBLIC POLICY
L' agenzia fondata dal Pci, oggi in mano allo psicoterapeuta Bianchi di Castelbianco, nel 2014 aveva un fatturato di tre milioni (600mila euro da Palazzo Chigi) e circa 40 giornalisti: per soddisfare tutti i criteri sta valutando di unirsi a Public Policy, nata nel 2012 e finora esclusa dalle convenzioni.
RADIOCOR
L'agenzia del Sole 24 Ore non se la passa bene: i dipendenti sono in "solidarietà" e, comunque, non ha abbastanza giornalisti secondo la direttiva Lotti per avere accesso ai fondi di Palazzo Chigi. Il Gruppo Sole, per aggirare il problema, sta spostando personale dentro Radiocor.
Chi resta? In brutte acque è Il Velino, agenzia creata a margine del berlusconismo trionfante: una ventina di giornalisti, 3 milioni di fatturato 2014, due dei quali in arrivo da Chigi o Farnesina. Rischia la chiusura, anche perché nessuno finora è sembrato interessato a inglobarla, e ha fatto ricorso contro la direttiva Lotti. Altro punto interrogativo riguarda Italpress, agenzia palermitana che, però, ha convenzioni per soli 300 mila euro su un fatturato di 2,5 milioni.
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