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Andrea Greco e Francesco Viviano per La Repubblica
Piangono Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, i nuovi vertici di Mps, davanti alla bara di David Rossi, il responsabile della comunicazione suicidatosi tre giorni fa. Mentre i suoi ex capi Giuseppe Mussari e Antonio Vigni piangono a casa loro, assenti illustri in una folla di senesi sgomenti, che oggi li disprezza. La tragedia ha alzato ancor più la tensione nella città dilaniata. E in Procura.
L'inchiesta sull'affaire Mps si incrocia con quella sulla morte di Rossi, per cui s'è aperto un nuovo fascicolo, contro ignoti, per l'ipotesi di istigazione al suicidio. Un atto dovuto per permettere ai pm di eseguire perizie tecniche sui computer e telefonini in uso al giornalista di 51 anni (ben sette le sue schede Sim prelevate), e accertare se negli ultimi tempi avesse subito pressioni o minacce.
Rossi pur non indagato soffriva per la situazione e agli amici aveva confidato di sentirsi sotto pressione; specie per i sospetti che fosse l'informatore dei due giornali che venerdì scorso avevano anticipato la notizia che Mps avrebbe chiesto i danni a Nomura, Deutsche Bank, Mussari e Vigni. Ma Rossi con quella fuga di notizie non avrebbe a che fare.
E' stato lo stesso presidente Profumo, interrogato il giorno dopo la sua morte, a svelare un retroscena inedito, raccontando ai pm di avere appreso della fuga di notizie la sera prima. Profumo si trovava a cena con il cfo Mingrone e con Rossi in una trattoria di Siena quando un cronista della Nazione lo aveva avvicinato: «Presidente, stiamo scrivendo che avete avviato l'azione di responsabilità ». Rossi rimase di sasso, Profumo si limitò a un: «Vedremo».
L'indomani mattina Mps presentò l'azione legale, e un esposto per fuga di notizie. Questa versione è confermata dal cronista della Nazione, che potrebbe essere ascoltato presto in Procura. Gli inquirenti indagano comunque a 360 gradi, anche sulla sfera privata di Rossi. Dagli ultimi atti istruttori depositati emergono altri aspetti inquietanti, a riprova di uno scandalo ben più che finanziario.
Roberto Boccanera, ex manager della banca finora rimasto coperto ma che ha avuto un ruolo decisivo nel far emergere la tossica operazione Alexandria, è stato sentito dai pm a fine gennaio, e alle loro richieste di produrre documenti utili alle indagini ha rivelato di aver subito «un furto all'interno dei miei uffici in banca qui a Siena di 30 scatoloni contenenti documentazione che avevo portato con me da Londra». Lì c'erano mail, contratti e prospetti preziosi.
Assunto nel 1989, Boccanera fu presto spedito nella City, dove restò 14 anni come responsabile di Mps Londra. Lì s'era scontrato più volte con le condotte di Gianluca Baldassarri, ora in carcere accusato di truffa, e regista tecnico di tutte le operazioni in titoli di stato e derivati che hanno portato Mps sull'orlo della chiusura.
«L'uomo da 11mila miliardi di lire di perdite», come lo ha definito l'ex capo dei rischi della banca, Giovanni Conti. «Fin dal 2005, anno della prima ristrutturazione di Alexandria con Dresdner, manifestai tutte le mie perplessità sull'operazione - ha detto Boccanera - estremamente rischiosa per Mps, e il rischio non era adeguatamente remunerato».
Così pazientemente raccolse indizi su quello e altri misfatti, ma nel 2007 fu rimpatriato senza complimenti a Siena, dove in seguito quei 30 scatoloni furono fatti sparire. Nel frattempo Boccanera aveva fatto presente le anomalie, anche per iscritto, a Baldassarri, a Vigni, all'audit interno, ai capi del credito e dei rischi. Ma nulla scalfì la loro sicumera, almeno fino alla cacciata, un anno fa, di Baldassarri. Malgrado le passate «battaglie », l'autunno scorso il nuovo vertice ha incluso il 50enne Boccanera nel centinaio di dirigenti del Monte in esubero.
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