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1 - SCRIVERE SU FACEBOOK E IL DIRITTO DI CRITICA
Vincenzo Ostuni per Repubblica
Su Repubblica del 27 settembre, Bartezzaghi sostiene: altro è un giudizio critico nel senso disciplinare («le frasi di Ostuni valgono gli articoli e i saggi critici dei letterati suoi difensori?»), altro un breve status di Facebook, scritto come il mio su Carofiglio, dice, sotto la scorta della «stizza» o di altri moventi non legati a studio o militanza. Mi permetto di esprimere il «sospetto» che nessuno dei miei sostenitori retrocederebbe di una sillaba dalla verità della sua affermazione. Nuoce e dispiace anche a me che in tutta la vicenda si ricordi poco come io affidi a mezzi più tradizionali, incluso il mio mestiere di editor, la mia, chiamiamola così, identità letteraria - e non già a Facebook, luogo appunto privato di sfoghi e frammenti.
Ma è un espediente classico del paralogismo - sillogismo fallace analizzato da Aristotele negli Elenchi sofistici, in cui il termine comune alle due premesse è utilizzato in accezioni distinte - partire da una asserzione talmente salda che dover negare le conclusioni, per l'avversario, potrebbe risultare imbarazzante. Passiamo oltre, dunque, alla seconda premessa - e qui parafraso: «I critici che appoggiano Ostuni difendono qualcosa che non è critica».
Ergo nessun diritto sarebbe gravemente violato. Ahi: paralogismo! Quello che difendono - credo di poter interpretare - è il diritto di critica (un diritto certo più santo e ampio, Bartezzaghi ne converrà , dei nostri esercizi), non il diritto di critica letteraria, qualunque cosa sia.
Quest'ultimo ne è semmai un sottocaso: e per questo è perfettamente vero
che una lesione del primo, esercitata nella sfera della cultura, lederebbe, come scrivono, «la possibilità stessa di un dibattito culturale degno di questo nome»: perché quel che viene qui censurato non è il fatto che io abbia scritto su Facebook invece che sul Caffè illustrato o su un quotidiano o un'antologia, dove avrei usato più parole e più argomenti per giungere alle stesse conclusioni; bensì proprio il mero utilizzo di quei termini, così deboli, per di più, rispetto a un'illustre tradizione di stroncature propriamente critico-letterarie, e interpretati come attacchi alla persona.
Qualunque dei miei sostenitori avrebbe così potuto ricevere un atto giudiziario, una volta almeno nella vita, per un parere incauto o persino per un avveduto ma spietato verdetto. E qui mi taccio, come ahimè mi tocca, sotto la stretta gentile delle mie avvocate.
2 - INSULTI E INTIMIDAZIONI IO STO CON CAROFIGLIO
Antonio Pennacchi per Repubblica
Ho letto e ho visto che un nutrito gruppo di scrittori e critici, tra cui Marco Belpoliti, Franco Cordelli, Andrea Cortellessa, ha deciso di intervenire in difesa di Vincenzo Ostuni dopo l'azione civile per diffamazione intentata ai suoi danni da Gianrico Carofiglio.
Che era successo a monte? Era successo che durante la campagna elettorale dell'ultimo premio Strega - a cui poi Il silenzio dell'onda di Carofiglio (Rizzoli) si sarebbe classificato terzo - Vincenzo Ostuni, editor di Ponte alle Grazie, lo aveva definito sulla sua pagina face book un libro letterariamente inesistente, scritto con i piedi da uno scribacchino mestierante, senza un'idea, senza un'ombra di "responsabilità dello stile".
Quelli di Ponte alle Grazie sono soliti non andare troppo per il sottile. Per loro, ad esempio, ogni volta il premio Strega «è combinato». Per essere davvero pulito, un premio Strega dovrebbe far vincere solo il libro loro. Quelli degli altri sono sempre schifezze.
Carofiglio, però, stavolta ha querelato e adesso tutti quei settanta critici e scrittori sono insorti a difesa d'Ostuni: «Le storie letterarie sono piene di stroncature assai feroci, eppure questa è la prima volta che uno scrittore italiano ricorre alla magistratura contro un collega (AH, MO' E' UN COLLEGA? PRIMA ERA UNO "SCRIBACCHINO" E MO' E' UN COLLEGA?) per far sanzionare dalla legge un giudizio critico sfavorevole». E concludono parlando di «intento intimidatorio », da parte di Carofiglio, «verso coloro che si occupano di letteratura nel nostro paese».
Io sto con Carofiglio, e non solo perché mi stanno antipatici non tanto quelli di Ponte alle Grazie, ma quanto tutti quelli che prima menano e dopo piangono. "Giudizio critico" e "letteratura" infatti sono una cosa, ma gli insulti personali un'altra e "scribacchino" non è un giudizio sul libro, è un insulto bello e buono alla persona di Carofiglio. E lui che dovrebbe fare, secondo loro? Se lo dovrebbe tenere perché loro sono coloro che si occupano di letteratura nel nostro paese?
E perciò sono abilitati a insultare le persone come meglio gli pare? Ma vaffallippa, va'.
Dice: «Ma le storie letterarie sono piene di stroncature assai feroci». Vero. Ma a quei tempi c'erano pure i duelli, però, a restituire giustizia. Tu insultavi, stroncavi, e quello ti sfidava a duello.
Oppure partiva da Milano, pigliava il treno come Balla e Marinetti magari, e veniva fino a Firenze a gonfiarti di botte al Caffè delle Giubbe Rosse (Papini e Prezzolini poi però gli corsero appresso, dopo avere chiamato gli amici loro, e gliele ridiedero tutte quante alla stazione prima che riuscissero a ripartire, ma questa è un'altra storia). La gente comunque, la volta dopo, ci pensava due volte prima di scrivere le cazzate.
Che doveva fare allora Carofiglio? Si teneva lo "scribacchino" e amen - "Non c'è più il duello..." - in attesa degli altri impunibili insulti che venissero eventualmente in mente ai più svariati stuoli di letterati italiani? Io avrei voluto vedere se Carofiglio invece avesse preso pure lui il treno e fosse andato a dargli una fraccata di botte a Ostuni - Carofiglio è cintura nera di karate - poi Ostuni che diceva. Vuoi scommettere che ci andava lui - insieme a tutti i letterati - a querelare Carofiglio?
Io comunque - pur essendo solidale con lui - m'unisco all'appello loro: no alla querela, Carofi'! Vagli a mena'.
ANTONIO PENNACCHI GABRIELE PEDULLA E IL FLASH MOB CONTRO CAROFIGLIO giancarlo carofiglioFLASH MOB A ROMA CONTRO CAROFIGLIO GIANRICO CAROFIGLIO Vincenzo OstuniFLASH MOB CONTRO CAROFIGLIO
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