BOB WOODWARD, IL GIORNALISTA CHE FECE DIMETTERE NIXON, FA SBIANCARE OBAMA - “È INTROVERSO. NON AMA LA GENTE, NON SOPPORTA DI DEDICARE ANCHE IL TEMPO LIBERO AI MEMBRI DEL CONGRESSO” - “AVEVA PROMESSO DI DIALOGARE CON I REPUBBLICANI, MA I SUOI NON GLIELO HANNO PERMESSO, E LUI NON È MAI STATO IN GRADO DI IMPORSI SUI COLLABORATORI” - “NEL 2016 SARÀ LA VOLTA DI HILLARY CLINTON E DI PETRAEUS”…

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Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

«Il vincitore delle prossime presidenziali americane, chiunque esso sia, dovrà prendere decisioni molto difficili e impopolari. Sarà costretto a farlo per salvare il Paese dalla crisi del debito, che minaccia di provocare una recessione peggiore della Grande depressione negli anni Trenta».

Non c'è un filo di ottimismo nella voce di Bob Woodward, mentre discute il suo ultimo libro, «The Price of Politics», col pubblico dell'organizzazione culturale 92Y di New York. Il giornalista che costrinse Nixon alle dimissioni per lo scandalo Watergate ha dedicato gli ultimi due anni a capire come gli Stati Uniti sono finiti sull'orlo del «fiscal cliff», il baratro fiscale che minaccia di riportarli in recessione a gennaio. Che poi significa capire cosa non ha funzionato nella politica economica di Obama.

«Il Presidente - spiega - è introverso. Fosse per lui, passerebbe tutte le sere a casa, con la moglie Michelle e le due figlie. Non ama la gente, non sopporta di dedicare anche il tempo libero ai membri del Congresso. Ma Obama è il capo della Casa Bianca, e se non cura queste relazioni sociali la sua agenda non passa».

I problemi, secondo Woodward, sono cominciati dal principio: «Aveva promesso di dialogare con i repubblicani per superare lo stallo partitico, ma le buone intenzioni si sono scontrate subito con la realtà. Durante il negoziato per lo stimolo all'economia, Tarp, proprio all'inizio del mandato, il Gop aveva fatto le sue proposte che riguardavano tagli alle tasse. Si potevano facilmente includere nel progetto, ma il capo di gabinetto Emanuel rispose così: "Noi abbiamo i voti, fanculo i repubblicani". Obama non si impose, e quello scontro incrinò subito il rapporto».

Gli stessi parlamentari democratici gli mancavano di rispetto: «Una volta, quando il presidente chiamò Nancy Pelosi per farle un discorso alto sull'importanza del Tarp, lei mise il telefono su muto, in modo che potesse continuare a discutere i dettagli della legge con i colleghi, senza che Obama sentisse che non lo ascoltavano».

Un altro errore chiave è stato affidare i rapporti col business alla consigliera Valerie Jarrett: «Una volta invitò a Washington Ivan Seidenberg, amministratore della Verizon e presidente del Business Roundtable, un'associazione di Ceo che rappresentano metà del Pil americano. Lo scopo era vedere una partita di football col Presidente e parlare dell'economia. Seidenberg venne, la Jarrett gli fece incontrare Obama per quindici secondi, e lui andò via pensando di essere stato snobbato. Rapporto compromesso».

Questi problemi si sono trascinati fino all'estate scorsa, quando è saltato il grande negoziato tra Obama e lo speaker della Camera Boehner per ridurre il debito: «Nei colloqui Boehner beveva Merlot e Obama masticava Nicorette, ma si intendevano. I repubblicani sostengono che il presidente ha cambiato le carte all'ultimo momento, i democratici che il Gop si è ritirato.

Hanno ragione entrambi. Obama ha davvero chiesto di aggiungere al progetto altri 400 miliardi di entrate fiscali, perché il suo consigliere David Plouffe gli aveva detto che senza questo aumento della tasse sarebbe passato alla storia come il Presidente più debole di sempre. Boehner era disposto a continuare comunque il negoziato, ma il capo dello staff del suo vice, Eric Cantor, lo gelò: "Sei pazzo, facendo l'accordo perderemmo tutti i nostri voti"».

Così l'America è finita davanti al baratro, che la campagna presidenziale non sta affrontando: «Nessun candidato parla di cosa intende fare per risolvere il problema, si limitano ad attaccarsi. Ma chi vincerà, dovrà prendere provvedimenti dolorosi dal primo giorno in carica, per evitare la catastrofe fiscale. Forse Obama, una volta rieletto, sarà più libero di scaricare la sinistra e fare gli accordi con i repubblicani che sarebbero nella sua natura. Altrimenti è già pronto un ticket presidenziale da sogno per il 2016: Hillary Clinton e il generale Petraeus».

 

WoodwardBARACK OBAMA A BOCCA APERTA RICHARD NIXON HILLARY CLINTON INCONTRA SHIMON PERES IN ISRAELE Obama e il Generale Petraeus