PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E TUTTO…
Francesca Schianchi per la Stampa
Premier sì-premier no: dura fino a mezzanotte e mezza l' incertezza di Antonio Tajani. Fino alle prime proiezioni che danno stabilmente la Lega in vantaggio su Forza Italia e fanno svanire l' ipotesi di un trasloco a Palazzo Chigi. «Io sono sempre sereno e tranquillo: sarà quel che sarà». A chi lo chiama nella giornata del voto che lo vede coinvolto senza essere candidato, Tajani risponde a tutti la stessa cosa.
Felicemente al vertice del Parlamento europeo, candidato premier di Fi per investitura di Berlusconi, trascorre la giornata tra Fiuggi - dove va a votare con la moglie Brunella e un paio di amici e candidati forzisti - e la casa romana dei Parioli. Un weekend domestico prima di ricominciare la settimana da presidente dell' Europarlamento: oggi, dopo aver presenziato al congresso di un sindacato bancario e ai funerali di Carlo Ripa di Meana, tornerà a Bruxelles, e da lì nei giorni prossimi è atteso a Madrid e Valencia. Perché lui ci tiene a ricordare di non aver fatto campagna elettorale, di essere ancora pienamente in carica in Europa, e di aver dato la disponibilità a trasferirsi a Palazzo Chigi solo in un caso: una chiara vittoria del centrodestra, con Fi davanti alla Lega.
Un' ipotesi concreta alla vigilia delle urne, che sfuma però nella notte. Il Movimento 5 stelle si prevede altissimo, il Carroccio in sorpasso su Forza Italia. Lui evita di commentare i risultati, di fare dichiarazioni, prepara la sua settimana al Parlamento europeo, «sono pieno di impegni». Non sembra lo scenario che lo chiama in causa.
A chi, nei giorni scorsi, gli ha chiesto se sarebbe stato disponibile anche per guidare un eventuale governo di scopo, un esecutivo di transizione per lasciare il tempo al Parlamento di approvare una nuova legge elettorale, aveva risposto in modo inequivocabile: «Non mi è stato chiesto questo. Il mio mandato in Europa scade alla metà del 2019, un conto è un governo con una prospettiva politica, utile all' Italia e all' Europa. Altrimenti non vedo l' interesse per il nostro Paese a perdere la presidenza del Parlamento europeo, e io sto bene dove sto».
A sera, mentre un gruppo di parlamentari azzurri aspetta i risultati alla Camera in un clima di tensione, lui, il candidato «fisiologico per anzianità, percorso, equilibrio, esperienza», come lo descrive Maurizio Gasparri, resta invece a casa. Vicino al partito, in contatto con tanti amici, ma attento a mantenere una posizione defilata, da candidato-non candidato. Senza troppi rimpianti, quando si chiudono le urne e Palazzo Chigi si allontana: «Se i cittadini daranno la maggioranza al centrodestra e il presidente della Repubblica valutasse di darmi l' incarico, io sarei disponibile - la valutazione consegnata a chi lo sente - Ma non ho mai brigato per arrivarci».
Da sempre vicino a Berlusconi, di cui fu portavoce ai tempi della discesa in campo del 1994, due volte commissario europeo, in ottimi rapporti con le cancellerie straniere, si sarà potuto permettere il lusso di non passare tutta la notte in piedi per controllare fino all' ultima percentuale. Certo, tifava per il suo partito. Ma, comunque vada, stamane indosserà la grisaglia da presidente e prenderà come ogni lunedì un aereo per Bruxelles.
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