
DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’AS…
DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…
DAGOREPORT
L’ottobrata del Partito Democratico by Elly Schlein si chiude in uno scenario di massimo subbuglio, come del resto quella di Giuseppe Conte e del M5s, con la base che mugugna sull’alleanza con i dem (“Con il Pd, si perde”).
Prima c’è stata la sconfitta marchigiana, il 28 e 29 settembre, zavorrata da un ampio e inaspettato divario di voti tra l’europarlamentare dem ed esponente di punta dei riformisti, Matteo Ricci, e il melonissimo Francesco Acquaroli.
Poi è stata la volta del prevedibile, ma clamoroso, flop in Calabria, lo scorso fine settimana.
La candidatura del pentastellato Pasquale Tridico, padre del reddito di cittadinanza, pur contando sul centrosinistra unito, non ha mosso un voto in più nello stesso partito di Conte, rimasto alle stesse percentuali del 2021 (6,4%) e dimostrando il fallimento del teorema di Peppiniello (“Con i nostri, si vince”).
pasquale tridico giuseppe conte
La minoranza riformista del Pd scalda i motori e accusa Elly di sinistrismo ritardante: essendo quello spazio già occupato stabilmente da M5s e Avs, perché continuare a insistere “testardamente” con un partito di sinistra-sinistra e non provare a virare verso un partito riformista capace di trovare consensi in uno spazio di centro, liberal e moderato, oggi di fatto sprivo di rappresentanza?
Così, le varie Lia Quartapelle e Pina Picierno, scortate da Lorenzo Guerini e Filippo Sensi e gli ex democristiani piddini, hanno calzato l’elmetto e sono pronte a riunirsi a Milano il 24 ottobre per l’evento “Crescere”.
Titolo innocuo, svolgimento esplosivo: dopo la tornata delle regionali d’autunno, dove è attesa la vittoria in Toscana, Puglia e Campania (De Luca permettendo: se lo Sceriffo di Salerno non ottiene i nomi dei suoi fedelissimi nella lista, Fico rischia di andare a sbattere), arriverà la resa dei conti.
“Elly Schlein non ha carisma, è una gruppettara, con lei si perde sicuro”. Tra i big del Nazareno e nelle chat dei parlamentari riformisti le critiche alla linea suicida della segretaria si rincorrono.
ELLY SCHLEIN E VINCENZO DE LUCA
Lei però non si muove di un centimetro. Il paradosso politico è tutto nella sua parabola: ha iniziato, giovane e spregiudicata, con “Occupy Pd”; finirà, meno giovane ma con la stessa arroganza, da segretaria testardamente attaccata alla poltrona e pronta a ogni compromesso con gli stessi cacicchi che voleva rottamare.
Trincerata al Nazareno con i suoi fedelissimi quattro gatti, la segretaria con una fidanzata e tre passaporti avrebbe siglato un accordo di ferro con la Cgil di Maurizio Landini, in modalità “Masaniello”, per mobilitare ai gazebo, se e quando ci saranno le primarie, l’ultima fanteria fedele: i pensionati del sindacato. “Ha chiuso tutto a chiave – commenta un ex renziano – è come se si fosse murata dentro”
giorgio gori lorenzo guerini filippo sensi marianna madia pina picierno lia quartapelle
Intanto la minoranza ha completato il suo rito di liberazione: si è sbarazzata di Stefano Bonaccini. Derubricato a “cavalier servente della segretaria”, l’ex governatore dell’Emilia-Romagna è passato in pochi mesi da possibile alternativa a presidente-notaio parcheggiato a Bruxelles, senza ruoli politici se non quello di lanciare ogni tanto qualche filippica contro le correnti interne. Correnti che, fin qui, a dire il vero, sono rimaste mute.
Nemmeno le clamorose deviazioni dalla linea storica del partito in politica estera sono bastate a risvegliarle: la segretaria ha tollerato per mesi la corrispondenza di amorosi sensi tra il M5S e i filo-putiniani, senza mai una parola di dissenso.
ELLY SCHLEIN E STEFANO BONACCINI
Silenzio anche davanti alla nuova Madonna pellegrina della sinistra, Francesca Albanese, che nel giro di pochi giorni ha umiliato il sindaco dem di Reggio Emilia, reo di aver ricordato le vittime israeliane del 7 ottobre, e tentato di zittire Liliana Segre, colpevole di scarsa “lucidità” sul genocidio. Nessuna reazione, nessuna presa di posizione: solo imbarazzo e afasia.
La minoranza lavora a un piano per il dopo-Schlein. Meglio tardi che mai. Se Meloni cambierà la legge elettorale, le primarie di coalizione potrebbero diventare la trappola perfetta per aprire la partita della premiership.
francesca albanese con silvia salis a genova
I nomi che si sussurrano sono i soliti: dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi all’ex lanciatrice di martello Silvia Salis, politicamente di origine renziana che è diventata sindaca di Genova, grazie al suo camuffamento da candidato civico.
È inutile ripetere che sia il placido ex rettore dell’università Federico II di Napoli, Manfredi, sia la determinata e di bella presenza prima cittadina, Salis, non possiedono purtroppo quel magnetismo di comunicazione e di carisma politico detto altresì leadership.
Quindi i due cavalieri bianchi non sono assolutamente adeguati a neutralizzare l’abilità istrionica e popolare di Giorgia Meloni (“Io sono una di voi!”); una “underdog” che ha saputo assorbire bene la lezione mediatica di Silvio Berlusconi per intortare a chiacchiere l’opinione pubblica, sostituendo i fatti con promesse scritte sulla scrivania di “Porta a Porta”, il famigerato “Contratto con gli italiani”.
giorgia meloni a porta a porta 9
In più, rispetto alle diavolerie da imbonitore di televendite e piazzista di aspira-polveri porta-a-porta di Silvione, la Tigre della Garbatella ha però il supremo vantaggio di non avere sul groppone gli enormi conflitti di interessi del Biscione di Arcore.
crescere - l evento dei riformisti dem a milano
GAETANO MANFREDI VINCENZO DE LUCA
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francesca albanese con il murale di liliana segre
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