COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
1. MINNITI AL PD: BASTA ARISTOCRATICI «TORNIAMO AD ASCOLTARE LA GENTE»
Pierfrancesco De Robertis per www.quotidiano.net
Sospeso tra un passato importante da ex ministro dell' Interno e un futuro in arrivo da candidato alla segreteria Pd, Marco Minniti ragiona a voce e nel suo ultimo libro Sicurezza è Libertà per tenere tutto insieme.
Due metà della stessa faccia. La sua. «La sinistra ha regalato per molti anni il tema della sicurezza alla destra perché c' era una sorta di divisione delle sensibilità che finiva per essere una divisione dei compiti. Alla sinistra toccava il sociale, alla destra l' ordine. Si è andati avanti così per anni».
Poi il mondo è cambiato.
«La sinistra si è dovuta cimentare con la sfida per il governo, è stato il primo scalino da superare. Poi una progressiva evoluzione sociale e urbanistica ha mutato l' incidenza sociale del tema sicurezza. Che ha iniziato a riguardare i ceti più deboli ed esposti».
La sinistra ha affrontato il tema immigrazione con troppa spocchia.
«È apparsa giudicante verso le legittime paure della gente. Abbiamo avuto un approccio aristocratico. E abbiamo pagato».
La sinistra più estrema adesso dice che da ministro dell' Interno Minniti ha fatto la guerra alle Ong apparecchiando il terreno a Salvini.
«Abbiamo solo creato un sistema di regole per governare un fenomeno che non si può arrestare del tutto. Un sistema di regole condiviso con tutte le Ong, a parte Medici senza frontiere. Nessuno è stato espulso».
Che cosa pensa del caso Riace?
«Al di là dell' aspetto giudiziario, che rispetto, il modello dell' accoglienza diffusa, sperimentato a Riace come da altre parti, è fondamentale nella gestione dei flussi. Ciò che non ha funzionato nelle politiche di accoglienza è il modello dei grandi centri».
Come Mineo, che lei più volte ha detto di voler chiudere.
«Ho messo le condizioni per chiuderne diversi, perché solo se diminuiscono gli arrivi i grandi centri si possono chiudere».
Ora per Salvini è stata chiesta l' archiviazione per il caso Diciotti. Scontato...
«Ho dato un giudizio politico negativo sul caso Diciotti. Il punto è che la magistratura va rispettata, sia quando manda un avviso di inizio indagini sia quando l' avviso è di archiviazione. Ma il primo atto è apparso eversivo, il secondo un atto di giustizia».
È la dialettica politica, bellezza.
«Sì, ma il ministro dell' Interno dovrebbe astenersi da questa dialettica politica. È il responsabile delle forze di polizia».
La gestione del fenomeno migratorio del governo Gentiloni è stata diversa da quella del governo Renzi. Che ora è tra i suoi possibili supporter nella possibile corsa al Nazareno. C' è stato un ravvedimento operoso?
«No, assolutamente. Sono diventato ministro dell' Interno per scelta di Gentiloni, ma anche per volontà di Renzi».
Lei ha più volte detto che dopo il 6 novembre scioglierà la riserva sulla segreteria Pd. Ha quindi ha avuto già il pre-incarico?
«No. Guardi, ci sono solo alcuni amici o alcuni sindaci che mi hanno chiesto di impegnarmi. Niente di più».
Quando farà sapere le sue intenzioni?
«Questione di giorni, dopo la presentazione del mio libro che avverrà martedì. Ma non voglio sembrare uno che fa il prezioso. Lo farò se lo riterrò utile al Paese. Per adesso sto ascoltando molta gente, anche gente comune».
Il possibile esito finale della competizione potrebbe venire deciso dall' assemblea. Le pare giusto?
«Innanzitutto vediamo chi saranno i candidati, poi potremo parlare. In ogni caso spero che sia un esito che non si verifichi. Vorrei che fossero le primarie, con una forte investitura diretta, a scegliere il leader».
Qual è la narrazione del Pd che lei ha in testa?
«Una grande Italia in una grande Europa. L' Europa va cambiata per difenderla, ma allargando i nostri spazi».
nicola zingaretti saluta il suo popolo
Un po' sovranista anche lei.
«Tutt' altro. L' Italia si rafforza solo se l' Europa svolgerà un ruolo più importante nel mondo».
2. PD, L' ULTIMA MANOVRA TRA MARTINA E MINNITI PATTO ANTI-ZINGARETTI `
Simone Canettieri per ''Il Messaggero'' del 31 ottobre 2018
paolo gentiloni ascolta nicola zingaretti
Correre divisi, per colpire poi uniti. È il piano che in queste ore circola al Nazareno per frenare l' elezione di Nicola Zingaretti alla segreteria del Pd. Tutto si basa su un calcolo figlio dello scenario che si potrebbe delineare a breve. Con la discesa in campo di Marco Minniti e Maurizio Martina (entrambe ancora da ufficializzare) diventerebbe molto complicato per il governatore del Lazio riuscire a prendere più del 50% dei voti alle primarie del 10 febbraio (la competizione dei gazebo scatta dopo il voto dei circoli e coinvolge solo i primi tre più votati).
Così facendo, da statuto, l' elezione del nuovo segretario passerebbe dal voto dell' assemblea nazionale. E qui che si congiungerebbero Minniti e Martina, il primo espressione del mondo renziano e il secondo più vicino all' area di Matteo Orfini. L' accordo che circola in queste ore in Transatlantico prevede l' elezione a segretario dell' ex ministro dell' Interno, con il segretario reggente, da ieri dimissionario, che farebbe il vice. I deputati zingarettiani da un po' hanno fiutato il pericolo: «Se ci sarà una manovra del genere il Pd scenderà intorno al 10%».
nicola zingaretti saluta il popolo di piazza grande
L' ACCORDO
Di converso, nel mondo renziano-orfiniano, di fatto la maggioranza che ha governato i dem finora, regna ottimismo: «L' assemblea è sovrana, anzi e non è detto che Zingaretti arrivi primo, Martina al Nord è molto forte», racconta Claudio Mancini, luogotenente di Orfini nella Capitale. C' è chi fa notare infatti che «Maurizio» e «Marco» sono pronti a dividersi le aree geografiche: Minniti al Sud potrebbe contare sull' appoggio dei dem campani, siciliani e calabresi; al contrario Martina mantiene uno zoccolo duro tra Milano, Veneto e Piemonte. Esempio: la Lombardia esprime, in virtù della popolazione, molti più delegati del Lazio, regno di Zingaretti, che torneranno utili in assemblea.
In questo gioco di correnti il presidente del Lazio può contare sull' appoggio dell' ex premier Paolo Gentiloni e di Dario Franceschini, leader di Area-dem.
maurizio martina parla al popolo del pd (9)
Il primo ha detto sabato scorso alla festa del Foglio che presto si schiererà pubblicamente, anche se ha già partecipato a Piazza grande, l' anti-Leopolda di «Nicola» qualche settimane fa. Il secondo, invece, ha auspicato la massima unità, spendendo belle parole per Zingaretti. Gli orfiniani sono convinti che alla fine si staccherà, i deputati legati al presidente della Regione Lazio pensano di no: «Dario - spiegano - non rientrerebbe mai in una maggioranza Renzi-Orfini». Poi c' è Walter Veltroni: il fondatore non si schiera e auspica una soluzione senza traumi. Nel dubbio il 6 novembre presenterà il libro di Minniti con monsignor Angelo Becciu e Gianni Letta.
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