LA TERZA GUERRA MONDIALE È RIMANDATA? - PUTIN FERMA IL REFERENDUM DEI SECESSIONISTI, RITIRA LE TRUPPE DAI CONFINI E APPOGGIA LE ELEZIONI DI KIEV

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Anna Zafesova per "La Stampa"

Vladimir Putin chiede ai suoi seguaci nell'Est ucraino di rinviare il «referendum» dell'11 maggio sulla secessione per «creare le condizioni per un dialogo» con il governo di Kiev. Una svolta improvvisa, che il presidente russo ha annunciato ieri dopo un incontro con Didier Burkhalter, presidente della Confederazione Elvetica e leader di turno della Osce.

Putin cambia completamente posizione anche sulle elezioni presidenziali indette in Ucraina per il 25 maggio: dopo aver espresso più volte l'intenzione di non riconoscerle, le ha definite «un passo nella direzione giusta». Un segnale che arriva proprio mentre l'operazione militare ucraina lentamente, faticosamente ma inesorabilmente sta stroncando la resistenza armata dei separatisti.

Putin dice anche di aver ritirato le sue truppe dal confine e invita l'Occidente a «controllare con i satelliti» (il Pentagono pochi minuti dopo smentisce segnali del ritiro).
Solo poche ore prima il ministro Lavrov aveva respinto la proposta di un nuovo negoziato a Ginevra a meno che non vi avessero partecipato i ribelli e la propaganda russa continuava a presentare il referendum come imminente.

Ma qualche segnale che l'umore al Cremlino stava cambiando era arrivato. Alcuni commentatori hanno smesso di inneggiare alla riconquista dell'ex Urss presentando invece l'annessione della Crimea come «eccezione storica». Martedì un sondaggio del centro Vziom ha rivelato che la percentuale di russi favorevoli all'annessione armata dell'Est ucraino da marzo si è dimezzata.

E analisti governativi in segreto confessano ai media russi che, con la recessione in arrivo, accollarsi le miniere fallimentari del Don diventa un lusso.

Il portavoce di Putin Dmitry Peskov si affretta a spiegare che l'offerta di posticipare il referendum «non è un passo verso Kiev, ma verso tutto il popolo ucraino». Rischiare un ulteriore isolamento con nuove sanzioni appena promesse da Merkel e Obama, per aiutare i separatisti che hanno messo in imbarazzo Mosca con sequestri di osservatori europei e giornalisti, è stato probabilmente ritenuto un prezzo troppo alto.

Già qualche giorno fa Peskov aveva dichiarato che la Russia "non controlla più" i suoi fan nell'Est ucraino. Igor Strelkov (al secolo Girkin), l'ufficiale moscovita che ha invaso Slaviansk con un commando armato formato in Crimea, ammette che «senza soccorsi» saranno sconfitti.

E il «referendum» secessionista era evidentemente in procinto di fallire. In una telefonata tra un filo-russo di Donetsk e un leader degli ultranazionalisti di Mosca, intercettata dai servizi di Kiev, il primo confessa di non essere in grado di organizzare la consultazione e di volerla cancellare «a meno che non arrivano le truppe russe», e il suo interlocutore gli consiglia di «dichiarare l'89%» senza svolgere il voto.

Ma una messinscena sarebbe stata un pretesto troppo fragile per inviare i «soccorsi», e il premier ucraino Arseny Yatseniuk ironizza sulla svolta di Putin chiamandolo «venditore di aria». La «Repubblica popolare di Donetsk» viene lasciata a se stessa, e ieri sera da Slaviansk segnalavano l'interruzione dell'attacco ucraino subito dopo le parole di Putin. Burkhalter vola a Bruxelles con una road map in quattro tappe per sbloccare la crisi, e la Casa Bianca incalza: il referendum non va «rinviato», ma cancellato.

 

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