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"A GAZA HO VISTO SPARARE SUI CIVILI. I CENTRI PER IL CIBO SONO TRAPPOLE DI MORTE" - LA TESTIMONIANZA HORROR DI UNO DEI CONTRACTOR CHE SCORTAVA I FUNZIONARI DELLA "GAZA HUMANITARIAN FOUNDATION", LA ONG USA CHE DISTRIBUISCE CIBO NELLA STRISCIA - SI CHIAMA ANTHONY AGUILAR E, NONOSTANTE ABBIA COMBATTUTO NELL'ESERCITO USA PER 25 ANNI, HA LASCIATO IL LAVORO DOPO QUELLO CHE HA VISTO: "VENGONO COMMESSI CRIMINI DI GUERRA. UN UFFICIALE DELL'ESERCITO ISRAELIANO HA ORDINATO A UN CECCHINO DI SPARARE CONTRO I BAMBINI" - AUMENTA IL NUMERO DI DISERTORI (SALITI A 40 MILA) TRA I MILITARI DELLO STATO EBRAICO E CRESCONO I CASI DI SOLDATI CHE TORNANO DA GAZA CON PROBLEMI DA STRESS POST TRAUMATICO...
IL MAL DI GAZA NELL'ESERCITO CRESCONO I NO AL FRONTE L'OMBRA DEI REDUCI SUICIDI
Estratto dell'articolo di Gabriella Colarusso per “la Repubblica”
mancanza di cibo e acqua a gaza
Itamar Greenberg si è fatto 197 giorni in una prigione militare israeliana per aver rifiutato l'ordine di leva. Quando è uscito ha preso il treno, è andato a Sderot, nel sud, la città più vicina a Gaza, e ha cominciato a marciare verso la Striscia per «rompere l'assedio». Era con altri sei ragazzi, tutti diciottenni. Li hanno fermati, interrogati e rilasciati. Giusto il tempo di correre sui social e convocare una nuova protesta.
Ayana Gertsmann e Yuval Pelleg, invece, sono in prigione da ieri: lei ci resterà per 30 giorni, lui per 20, hanno entrambi 18 anni. «Non collaborerò in silenzio alle peggiori atrocità, la distruzione di Gaza, l'occupazione. Non nel mio nome!», ha detto Ayana prima di entrare in carcere.
Ayana, Yuval, Itamar sono i giovani refusenik israeliani, teenager che hanno preferito andare in galera piuttosto che unirsi a un esercito che – dicono – sta commettendo «crimini di guerra». Agli inizi di agosto hanno inscenato una protesta pubblica bruciando davanti alle telecamere le lettere di arruolamento: è finito tutto su Tik Tok, centinaia di condivisioni.
«Il numero dei refusenik è aumentato dall'inizio della guerra, ma tanti non lo comunicano apertamente quindi non sappiamo quale sia la cifra reale», spiega Nimrod, il portavoce di Mersavot, una rete che unisce gli obiettori di coscienza. Lo stesso fenomeno, in maniera più estesa, sta avvenendo tra i riservisti. Anche in questo caso non ci sono cifre ufficiali, nessun partito o leader politico ne parla apertamente.
Prima della guerra, il rifiuto di offrirsi volontari per la riserva era diventato un modo per protestare contro la riforma giudiziaria promossa da Netanyahu. Dopo il 7 ottobre, quegli stessi manifestanti si erano offerti volontari in massa per difendere il loro paese aggredito da Hamas. Ma negli ultimi mesi qualcosa è cambiato, soprattutto dopo la decisione di Netanyahu, a marzo, «di far saltare il cessate il fuoco e riprendere la guerra», dice Yishay Menochin di Yesh Gvul, una organizzazione che sostiene gli obiettori di coscienza.
Hanno una hotline attiva per chi si rifiuta di servire, li hanno contattati in 300 dal 7 ottobre, «ma sono solo la punta dell'iceberg. Sappiamo dai corrispondenti militari che quando è iniziata l'ultima operazione nella Striscia, Carri di Gedeone, l'esercito ha richiamato 100mila riservisti. Il 60-70% ha accettato di tornare in servizio, vuol dire che ci sono stati 30-40mila disertori. Non c'è più posto nelle prigioni militare, la numero 10, la principale del paese, è piena». [...]
«Molti dicono ai comandanti che non vogliono più prendere parte alla guerra». Tra quelli che sono sul campo di battaglia, alcuni hanno deciso di denunciare. L'associazione di ex soldati Breaking the silence ha raccolto testimonianze dall'interno dell'esercito che denunciavano l'uso di civili palestinesi come scudi umani a Gaza. Il quotidiano Haaretz, invece, ha messo insieme i racconti di soldati che hanno detto di aver ricevuto ordini di sparare contro palestinesi, civili, disarmati. [...]
Sempre più soldati tornano dal fronte piegati da ciò che hanno vissuto. Un gruppo di veterani ha organizzato un sit-in davanti al centro di riabilitazione del ministero della Difesa, a Tel Aviv, per chiedere che lo Stato si prenda più cura di queste persone. «I politici non hanno ancora compreso la portata della crisi», ha dichiarato Meir Kadosh, un veterano di 34 anni, ad Haaretz.
«Da questa guerra sta arrivando uno tsunami di casi di PTSD (disordine da stress post-traumatico). E per molti, non emergerà prima di anni». Per alcuni è già stato fatale. Solo nel mese di luglio, sette soldati si sono suicidati dopo essere tornati da Gaza. Dall'inizio della guerra, il numero di suicidi tra i militari in servizio è cresciuto, 21 nel 2024 e almeno altri 15 dall'inizio di quest'anno.
ANTHONY AGUILAR: “A GAZA HO VISTO SPARARE SUI CIVILI. I CENTRI PER IL CIBO SONO TRAPPOLE DI MORTE”
Estratto dell'articolo di Rula Jebreal per “La Stampa”
Anthony Aguilar è stato nell’esercito Usa per 25 anni, ha fatto parte del corpo d’élite dei Beretti Verdi e ha combattuto «in Siria, Iraq, Afghanistan». Poi diventa contractor. In maggio entra in Ug Solution, compagnia che fa da scorta alla Gaza Humanitarian Foundation, la ong Usa che distribuisce cibo a Gaza.
Dopo 6 settimane lascia. È il primo militare a denunciare l’uccisione di civili presso i centri di distribuzione con interviste alla Bbc, France24 e altri media internazionali. In un lungo colloquio con il senatore democratico Chris Van Hollen ha raccontato di gravi violazioni. Israele nega e lo accusa di inesattezze. La Ug Solution sostiene di averlo licenziato per “cattiva condotta”.
Lei ha prestato servizio in Afghanistan, Iraq, Siria combattendo Al Qaeda e gli estremismi. Ma sostiene di non aver mai visto niente di paragonabile a Gaza.
«Nei numerosi luoghi in cui sono stato schierato per combattere, la distruzione a Gaza, gli sfollamenti della popolazione civile, la disumanizzazione delle persone, la fame che soffrono, sono a un livello che non ho mai sperimentato né visto da nessun’altra parte».
Ha parlato di testimonianze dirette dei crimini di guerra. Può parlarcene?
«Sì, quando parlo di crimini di guerra, quelli che sono specificamente identificati dalla Convenzione di Ginevra, nel diritto internazionale umanitario e nei protocolli della Convenzione Onu dei diritti dell’uomo. Ho identificato le nostre violazioni di quei protocolli: prendere di mira i civili, sparargli addosso, ai piedi e sopra la testa, anche sparare laddove potrebbero esserci altri civili, è imprudente e pericoloso.
Sono crimini di guerra. Prendere di mira i civili con munizioni letali, utilizzare mezzi letali per controllare una folla o spostarla è un crimine di guerra. Inoltre, i siti di distribuzione sono stati costruiti in aree di combattimento attivo: anche questo è un crimine di guerra, una violazione dei protocolli».
bombardamenti israeliani su gaza
Ha visto persone uccise nei siti di distribuzione degli aiuti. Per esempio, ha raccontato la storia di Amir. Può raccontarci perché questa storia l’ha toccata personalmente?
«Riguardo Amir, pensavo che avesse 6-7 anni, in realtà ne aveva 10. Ho avuto l'opportunità di parlare con sua madre, sopravvissuta. Il padre è stato ucciso in un attacco aereo. Sul posto, quel giorno, io e un altro contractor ci siamo accorti che Amir era solo. Quando si è avvicinato a noi, mi ha preso la mano e l’ha baciata. Stava solo dicendo “grazie”.
Pensavamo fosse ferito o che avesse bisogno di qualcosa, magari che stesse chiedendo aiuto a trovare la sua famiglia perché non aveva nessuno lì. Voleva solo ringraziarci. Gli ho messo una mano sulla spalla e gli ho detto che ci importava di lui, che agli Stati Uniti importava. E anche che non sarebbe stato dimenticato e che eravamo lì per fare la differenza, per portare cibo e aiuti. Poi mi sono inginocchiato, lui mi ha messo le mani sul viso, sentivo che le sue mani erano molto secche, disidratate, scheletriche. Mi ha baciato e mi ha detto: “Grazie”.
assalto ai magazzini di cibo a gaza 8
Quando si è unito al resto del gruppo che lasciava il sito, a cui era stato ordinato di uscire verso il corridoio umanitario, l’Idf aveva già iniziato a sparare colpi contro la folla che percorreva il corridoio di Morag verso Ovest. Sparavano per farli avanzare. Il gruppo con cui si trovava Amir è rimasto un po’ indietro e si è trovato nel luogo in cui sparavano. Alcune persone hanno evitato i colpi, altre sono rimaste ferite. Qualcuno è morto. Amir era tra quelli. Come abbiamo saputo un paio di giorni fa, parlando con sua madre, il suo corpo non è stato ancora trovato».
[...] In passato ha detto che c’è stato un episodio che l’ha profondamente disturbata…
assalto ai magazzini di cibo a gaza 2
«Era l’8 giugno. Mi trovavo nella sala di controllo vicino a Kerem Shalom. Quel giorno c’era molta ressa, tante spinte e panico. I bambini venivano schiacciati contro il muro di cemento. Un palestinese ha sollevato tre bambini, uno ad uno, sulla sommità della banchina in modo che non venissero schiacciati. Ma erano disarmati, non avevano niente in mano. Uno non indossava nemmeno una camicia. Nessuno di loro aveva le scarpe.
L’ufficiale di collegamento delle Forze di Difesa Israeliane, un ufficiale del Comando Sud dell’Idf nella zona di Kogat, si è agitato molto. Ha detto di farli scendere, portarli via da lì. I contractor di Ug sul posto avevano già parlato di abbatterli. L’ufficiale sosteneva che i tre bambini fossero un problema di sicurezza. Aveva detto ai cecchini israeliani nella postazione dell’Idf di ucciderli.
Chiaramente non erano dei combattenti e non rappresentavano affatto una minaccia. Erano spaventati. Non è successo nulla perché i bambini sono scappati. Ma lui era pronto a ucciderli. In quel momento mi è stato spiegato che l’Idf è il mio cliente. Uno dei rappresentanti senior della Safe Reach Solutions, mi ha detto di non dire di no al cliente».
bombardamenti israeliani su gaza
Non dire di no al cliente. Era implicito non dire di no, anche se significa commettere crimini di guerra?
«Dovevamo obbedire al cliente, ovvero all’Idf. Probabilmente sarebbe stata una storia diversa se l’Idf ci avesse detto di sparare ai bambini».
A Gaza sarebbe in corso un processo di fame forzata. Eppure il primo ministro israeliano nega che Gaza stia morendo di fame. Ha visto segni di fame tra la popolazione di Gaza?
«Sì, è molto evidente che la popolazione stia morendo di fame. Ci stiamo avvicinando a una carestia totale, per l’intera popolazione. Chi nega tutto ciò è irresponsabile, tradisce la decenza umanitaria di base. Stiamo fornendo cibo dentro Gaza, ma non l’acqua. Ora stiamo fornendo i mezzi per cucinare il cibo, che dev’essere cotto. Non possono cucinare e non hanno acqua. Se questa operazione è intenzionale? Sì».
distribuzione cibo e medicine a gaza
Lei ha detto che la Gaza Humanitarian Foundation è una trappola mortale.
«Per quanto riguarda i siti di distribuzione, sono stati deliberatamente costruiti in aree di combattimento attive. I civili hanno bisogno di cibo, ma per ottenerlo devono attraversare una zona di guerra attiva e tornare indietro. La Ghf li mette di fronte alla morte».
Il primo ministro Netanyahu ha detto che intende occupare Gaza.
«A volte, dopo la guerra, si assiste all'occupazione. Quando si entra in una mentalità di occupazione, proteggere la popolazione civile, salvaguardare la popolazione civile, identificare i combattenti dai non combattenti diventa ancora più importante. Un’occupazione delle Forze di Difesa Israeliane di un Paese in cui tutti muoiono di fame, con Hamas ancora lì, è un rischio. Se lo faranno senza un piano per salvaguardare e proteggere i civili, peggioreranno la situazione».
bombardamenti israeliani a gaza - 1
Nel dicembre 2023, il generale israeliano Ilyand Giora, consulente del ministero della Difesa, ha effettivamente scritto il piano di cui parla. Ha parlato dell’uso della carestia, della fame, delle malattie e delle infezioni come arma. L’America è complice di ciò che sta accadendo oggi a Gaza, dal momento che fornisce le armi?
«Gli Stati Uniti sono complici di crimini di guerra. Con la maggior parte della popolazione di Gaza isolata a Nord, perché mettere siti di distribuzione in un luogo in cui non ci sono esseri umani, a meno che l'intento non sia di spostare quegli esseri umani dove c'è il cibo?
La Gaza Humanitarian Foundation è coinvolta a pieno. Siamo complici e non stiamo facendo nulla per cambiare. Se gli Stati Uniti permettono a Israele di continuare su questa strada, lo isoleranno dal resto del mondo, e questo non è un bene per Israele. Questo non è un bene per gli Stati Uniti. Questo non è un bene per il mondo. Questa retorica secondo cui uccideremo tutti, significa isolare Israele nel mondo.
Non è nelle migliori intenzioni di Israele. Lo dico perché, primo, sono a favore dell'umanità. Sono a favore della dignità umana. Penso che dovremmo rispettare la vita. È un valore americano. Secondo, gli Stati Uniti, forti alleati e potenza mondiale, dovrebbero alzarsi in piedi e dare l’esempio dicendo che non ci sarà tolleranza. Terzo, aiuta il nostro alleato». [...]
benjamin netanyahu nella striscia di gaza
Israele ha bombardato tutti gli ospedali e il centro di desalinizzazione dell'acqua. Gaza è di fatto una terra desolata. Eppure, gli europei, che sono i maggiori partner commerciali di Israele, inviano armi. Il 30% delle armi che Israele riceve proviene anche da Paesi europei.
«Per i nostri alleati europei, così come al mondo, il mio messaggio è che, nonostante tutto, il comportamento e il trattamento a Gaza non è casuale. È intenzionale, la fame, la disumanizzazione dei palestinesi, la distruzione. Questo non è un incidente. Non è uno sfortunato sottoprodotto della guerra. E il mondo può intervenire e opporsi a tutto ciò».
video su gaza strip in trip creato con ai - netanyahu e trump
Lei parla di responsabilità, ma l'altro aspetto della responsabilità è la totale impunità. La sensazione è che Israele si senta totalmente al di sopra della legge. È necessario mettere in atto un meccanismo per convincere Israele a obbedire e rispettare il diritto internazionale. Ha mai avuto queste discussioni con i partner israeliani sul campo?
«No. In questa situazione, gli alleati europei e gli Stati Uniti hanno imparato molto negli ultimi due decenni e mezzo in Iraq e Afghanistan, Siria e nelle Filippine meridionali. Abbiamo imparato cosa non fare. Questa è una grande opportunità per lavorare con il nostro partner Israele. Ci devono essere delle condizioni. Ho paura che non succederà e che il tutto continuerà fino al punto in cui Hamas non sarà sconfitto militarmente. Solo allora, in paesi molto piccoli con forze ribelli ridotte, un’azione militare funzionerà. La continua azione militare per far entrare Hamas a Gaza non porterà a nessun risultato.
Nei prossimi giorni il mondo avrà un'idea ravvicinata della verità di ciò che sta realmente accadendo a Gaza. Proprio come quando gli alleati scoprirono per la prima volta i campi di concentramento in Germania, nessuno sapeva della loro esistenza né della soluzione finale. E quando abbiamo visto per la prima volta il campo di concentramento, non riuscivamo nemmeno a capire cosa fossero. Era così inquietante che persino il generale MacArthur disse: “Voglio che tutto questo sia documentato”. Ci sarà quel momento nei prossimi giorni in cui il mondo vedrà per la prima volta cosa sta succedendo, e finirà in una terra desolata e devastata».
Questo è uno dei motivi per cui a molti giornalisti internazionali è stato impedito di entrare a Gaza, e i giornalisti palestinesi hanno fatto del loro meglio per documentare i crimini?
«Sì, l’intento è di tenerlo nascosto al mondo finché non arriverà al punto in cui il suo obiettivo è già raggiunto. Ma temo che ciò non accadrà così rapidamente come Israele potrebbe pensare. Sconfiggere Hamas non è un’impresa facile. Hamas non è ancora stato sconfitto. Più distruzione porti, più persone porti ad Hamas, più devi uccidere ad Hamas». [...]
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