RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Estratto di Carlo Bertini per la Stampa
Con il voto ai tempi del Covid, a rischiare saranno molte delle consuetudini acquisite, in primis proprio i «catafalchi». Possibili fonti di contagio (tra penne, superfici e tendine) dove si può annidare l'aerosol infetto, frutto di starnuti o di respiri affannati dalla corsetta dopo la chiama.
E se c'è chi si limiterebbe a cambiare le tendine di velluto con altre sanificabili, l'abolizione totale del "catafalco" non dispiacerebbe ai deputati, «meglio così, sembra una bara», dicono: consci che questa emergenza stravolge i canoni codificati di questo rito, andato in scena dal 1946.
Rinviare solo qualche giorno Il voto quirinalizio durante una pandemia è un caso di specie: la Costituzione non contempla la sospensione neanche in tempo di guerra.
«Come unica eccezione per un rinvio - spiega Pertici - c'è quella di camere sciolte alla fine del mandato presidenziale, in cui può essere prorogato il mandato, senza una supplenza. Se il presidente non venisse eletto fino al 3 febbraio resterebbe in carica». Mattarella sarebbe quasi obbligato a concedere un bis: riconvocare dopo qualche giorno i grandi elettori si può, rinviare di qualche mese invece no. Per questo si moltiplicano gli appelli a Fico, che dovrà decidere che fare. Ma il gong suona tra due settimane...
"TOGLIETE DI MEZZO QUEL CATAFALCO ALTRIMENTI LO FACCIO SALTARE PER ARIA"
Francesco Persili per Dagospia
i catafalchi per il voto per il presidente della repubblica
“Quel catafalco è una bruttura. Toglietelo di mezzo altrimenti lo faccio saltare per aria”. Craxi si infuriò quando vide quelle cabine di legno in mezzo all’Aula nel maggio ’92, dopo il voto che avrebbe dovuto incoronare capo dello stato Arnaldo Forlani. Successe che il Coniglio mannaro non raggiunse il quorum per 29 voti ma nelle urne spuntarono 5 schede in più del numero dei votanti.
Dal giorno dopo per prevenire i brogli, ricorda Marco Damilano, nel libro “Il Presidente” (“La nave di Teseo”), i falegnami della Camera montarono sotto lo scranno del Presidente della Camera quelle cabine con tendine in cui i Grandi Elettori esprimevano il loro voto prima di depositare la scheda nell’urna. Fu facile l’allegoria. “Per una Repubblica in fin di vita è il simbolo che preannuncia il decesso”, fu il commento del socialista Giorgio Casoli. “Un sistema in agonia aveva bisogno di un catafalco”, rincarò la dose il repubblicano Oscar Mammì. E il leghista Borghezio chiosò: “Morta una Repubblica se ne fa un’altra”
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