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DAGOREPORT - BERLUSCONI ALLA SCALA SI È VISTO UNA SOLA VOLTA, MA IL BERLUSCONISMO SÌ, E NON AVEVA…
SE MILANO PIANGE, TORINO NON RIDE – IL FRITTO MISTO OLIMPICO METTE NEI GUAI LA APPENDINO CHE PERDE PER STRADA 5 CONSIGLIERI COMUNALI – I PENTASTELLATI PIEMONTESI FRIGNANO: "TORINO TRATTATA DA CENERENTOLA, CON LE VALLI QUASI COMPLETAMENTE ESCLUSE DALLA MANIFESTAZIONE”
Marco Imarisio per il Corriere della Sera
«È comunque meglio di un calcio nel sedere». Ma poco. All' inizio sembrava la versione piemontese del detto lombardo che tra niente e piuttosto invita a scegliere il secondo.
A Palazzo di Città, dove infiniti mal di pancia addusse la candidatura olimpica, c' era una moderata soddisfazione, anche per via di quello che appariva come un ridimensionamento della posizione di Milano. Poi è arrivata la doccia fredda del masterplan dei Giochi 2026, che relega Torino in una posizione ancillare.
«Siamo disponibili a esporre le nostre osservazioni e forti perplessità derivanti da un masterplan le cui logiche sono in parte incomprensibili».
Su questa storia olimpica, Chiara Appendino ha perso per strada cinque consiglieri comunali pentastellati, fedeli alla linea ortodossa e originale di M5S, secondo la quale Olimpiadi e Tav pari sono, sempre di grandi opere si tratta.
La sindaca, che non a caso non ha mai fatto votare alcuna risoluzione, consapevole del fatto che sarebbe entrata in Sala Rossa con una maggioranza pentastellata e ne sarebbe uscita con un' altra, non ha mai fatto mistero di essere d' accordo con la sua renitente parte politica sulla candidatura di Torino come unica e indivisibile. Per convinzione personale, e non solo per convenienza politica.
Alla fine di un percorso tortuoso e dopo essersi battuta fino alla fine per una opportunità nella quale credeva molto più della parte politica che la sostiene, Appendino si ritrova con le 19 pagine del Coni, che considera come un oggetto misterioso.
Dopo aver commissionato studi, costi, e sforzi di ogni genere alle città coinvolte, l' ente che governa il nostro sport se ne esce con una «candidatura unitaria» che sulla carta esibisce un costo minore di quelle singole delle altre città, ma in realtà ai capitoli di spesa più delicati riporta un «Tbd», ovvero «da definire», senza nessun accenno al tema della governance, considerato fondamentale, perché nessuno vuole o può permettersi di pagare per gli altri. La sindaca è molto più delusa di quanto appaia, ma ragioni di forza maggiore, leggi la necessità di non creare problemi a Luigi Di Maio, le impediscono di gridarlo forte.
Sergio Chiamparino non ha di questi problemi. A differenza di Appendino, il presidente della Regione non era sfavorevole a una candidatura collettiva, ma anche lui ha avuto in cambio un ben magro raccolto, con l' esclusione delle valli piemontesi a favore di Cortina. «Nel dossier olimpico presentato dal Coni ci sono elementi di totale irrazionalità». Il fritto misto olimpico risulta indigesto a tutti.
Chiara Appendino rischia di pagare il prezzo più alto nella vita amministrativa di tutti i giorni. «Appare lampante come i punti a cui avevamo subordinato la candidatura, unitaria e compatta di Torino e delle sue Valli, risultano quanto mai distanti dalla deliberazione assunta dal Consiglio nazionale del Coni. Torino pare relegata al ruolo di Cenerentola, subordinata a un ruolo minore e marginale, con le valli quasi completamente escluse dalla manifestazione». La dichiarazione del gruppo consiliare di M5S è quasi un «te l' avevamo detto» rivolto alla sua sindaca. Se Milano piange, Torino non ride. Anzi.
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