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Francesco Bei per “la Repubblica”
Allora si dimette? «No, il presidente del Consiglio non si dimette». Maria Elena Boschi, in un corridoio della Camera, prova a stemperare con una battuta il clima pesantissimo che si respira nella maggioranza sul caso Lupi. Perché nel governo ormai la situazione è surreale. Matteo Renzi ne ha discusso con i fedelissimi e non intende fare marcia indietro: «La scelta sta a lui: o se ne va da solo oppure il governo non si schiera e si rimette all’aula».
È lo spettro della mozione di sfiducia, presentata da Sel e grillini, l’estrema arma per convincere il ministro delle Infrastrutture a non ostinarsi. Il governo non darà indicazioni di voto. Il Pd deciderà in maniera autonoma. Se il buon vento si vede dal mattino, per Lupi saranno guai. Martedì, alle prime notizie sull’inchiesta, l’assemblea dei senatori dem — convocata sui lavori parlamentari della settimana — si è trasformata in una sorta di processo popolare a Lupi. E se persino un bersaniano come Cesare Damiano arriva a dire che «la vicenda del Rolex non va bene, questo è un problema che va affrontato », per l’esponente dell’Ncd è chiaro che non arriveranno coperture da nessuno.
Renzi si mantiene in silenzio. Ma è un’afasia che a palazzo Chigi spiegano in una maniera chiara. Nessun imbarazzo, semmai una presa di distanze esplicita. Del resto quando ieri Lupi si è presentato alla Camera per il Question time, nessun ministro gli è rimasto al fianco, tranne ovviamente Angelino Alfano. E nel momento in cui Lupi usciva dall’emiciclo, il premier vi è entrato da un ingresso sul lato opposto.
Proprio per non farsi fotografare insieme a lui. Un isolamento fisico e politico che rende bene la speranza del premier. Ovvero che il ministro, benché non indagato, si renda conto che «la sua immagine è compromessa» e sta compromettendo anche quella di un esecutivo impegnato proprio in questi giorni sul disegno di legge anticorruzione e sul falso in bilancio. In ogni caso, spiegano i renziani, non è previsto che Renzi intervenga sulla questione in prima persona. Anzi, è anche probabile che dopo il consiglio europeo di domani, prima del rientro a Roma, il capo del governo eviti la tradizionale conferenza stampa proprio per non incappare in domande sul destino di Lupi.
La speranza a questo punto è che l’affaire si risolva nelle prossime ore. Domani è previsto infatti che il ministro esponga la sua apologia in un’informativa urgente a Montecitorio. Sarà l’occasione per ammettere qualche «errore di sottovalutazione » ma senza concedere nulla agli avversari politici che ne chiedono la testa.
Anzi, Lupi ha intenzione di rilanciare sul programma. Partendo da quella «svolta radicale» sul sistema di appalti pubblici: «Dal nuovo codice degli appalti al rapporto tra General contractor e ditte subappaltanti, dall’Alta sorveglianza sulle Grandi Opere alla questione del Contraente generale che non può nominare i direttori dei lavori, al rapporto più funzionale e di prevenzione con l’autorità anticorruzione».
maurizio lupi pennarello argento
Ma tutto ciò al premier non basta, anche perché ha un Pd in ebollizione con cui fare i conti. Un partito in cui ieri circolavano voci preoccupate e incontrollate sul futuro coinvolgimento anche di esponenti dem vicino al premier nell’inchiesta. Un tam tam probabilmente nato dalla presenza del nome di Luca Lotti nel faldone delle intercettazioni, una citazione tuttavia priva di rilievo politico e penale.
Ma visto che con Ercole Incalza ci parlavano un po’ tutti, a destra e a sinistra, dall’ultimo peone ai ministri, dai sindaci agli assessori, è chiaro che l’inchiesta fiorentina sta facendo saltare le coronarie a molti.
In ogni caso per il momento Angelino Alfano non intende mollare il compagno di partito. I due si sono visti al Viminale e Lupi è stato rassicurato sulla «solidarietà» dell’Ncd. Per questo il ministro continua a dire: «Io non mi dimetto, spiegherò tutt
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