
DAGOREPORT - L’ESITO DEL REFERENDUM, LANCIATO DALLA SETE DI POTERE DI LANDINI IN CUI SONO CADUTI…
BUSINESS FIRST – A RIAD TRUMP HA SPIEGATO LA SUA DOTTRINA IN POLITICA ESTERA: NON VUOLE ESPORTARE DEMOCRAZIA E SVILUPPO MA PREFERISCE FARE AFFARI CON GOVERNANTI DI TURNO, CHE SIANO AUTOCRATI O DEMOCRATICAMENTE ELETTI. L’IMPORTANTE, PER LUI, È GUADAGNARCI – IL FILOSOFO MICHAEL WALZER: “LO SI POTREBBE CHIAMARE CAPITALISMO CLIENTELARE SU SCALA GLOBALE: FARE ACCORDI NEGLI INTERESSI PROPRI, DELLA PROPRIA FAMIGLIA E DEI CAPITALISTI AMERICANI…”
Donald Trump’s comments about “nation builders, neocons, and Western interventionists” in Saudi Arabia:
“Before our eyes, a new generation of leaders is transcending the ancient conflicts of tired divisions of the past and forging a future where the Middle East is defined by… pic.twitter.com/jDEKlNMFk4
— Liam McCollum (@MLiamMcCollum) May 13, 2025
1. LA DOTTRINA TRUMP
Estratto dell’articolo di Viviana Mazza per il “Corriere della Sera”
[…] Si dice spesso che Trump non ha una vera «dottrina» e punta a fare accordi, ma martedì a Riad ha pronunciato quello che la Casa Bianca ha definito un importante discorso di politica estera. Il suo approccio transazionale è diventato «dottrina».
[…] È una dottrina centrata sugli «accordi» come fonte di stabilità e di pace, che respinge sia la visione «neocon» dei suoi predecessori repubblicani che l’internazionalismo liberale del partito democratico.
Trump li accusa di «arrivare in volo con lezioni per gli altri su come vivere e gestire gli affari».
Trump da immobiliarista ammira la crescita dei Paesi del Golfo, la stabilità e l’innovazione di questi regimi autoritari: «Le meraviglie scintillanti di Riad e Abu Dhabi non sono state create dai così detti nation-builder , dai neocon o dalle non-profit progressiste come quelle che hanno speso trilioni fallendo nello sviluppare Kabul e Bagdad».
mohammed bin salman donald trump al jolani
E respinge l’intera dottrina di nation building sposata in modo bipartisan negli Usa dopo la Seconda guerra mondiale ma screditata dopo l’Iraq e l’Afghanistan: «Alla fine i cosiddetti nation-builders hanno distrutto più nazioni di quelle che hanno costruito, e gli interventisti sono intervenuti in società complesse che non capivano».
A tratti sembrava di riascoltare le critiche della sinistra ai neoconservatori che influenzavano la politica estera di George W. Bush.
«Quello che Trump dice è la classica dottrina di non interventismo che risale a John Stuart Mill, che molti di noi hanno appoggiato, con un’eccezione importante: intervenire per porre fine ai massacri, cosa cui sospetto che Trump non sarebbe interessato», dice al Corriere il filosofo politico Michael Walzer.
«Si può argomentare contro la creazione di democrazie in stile americano in Paesi di cui sappiamo poco e dove la forza militare non è il modo migliore per promuovere politiche democratiche. Ma ci sono varie forme di interventismo. E quello che Trump fa in Siria, cancellando le sanzioni e stringendo la mano del nuovo governante, è uno sforzo di creare un Paese amichevole nei confronti degli Usa ed è un intervento nella politica mediorientale, anche se non un classico intervento neocon per promuovere la democrazia».
[…] L’ Economist sostiene che anche Trump e la sua cerchia ristretta, in particolare l’immobiliarista e inviato speciale Steve Witkoff, hanno un «sistema globale di valori», basato sul valore universale del denaro e sulla convinzione che si possa risolvere ogni disputa ad un certo prezzo.
DONALD TRUMP E IL DENARO - ILLUSTRAZIONE DI DORIANO SOLINAS
Witkoff ha detto al commentatore Tucker Carlson che la pace produce profitti, quindi è «logica».
La dottrina Trump? «La si potrebbe chiamare capitalismo clientelare su scala globale: fare accordi negli interessi propri, della propria famiglia e dei capitalisti americani — dicono i critici come Walzer — Fa accordi e vuole un mondo sicuro per questo tipo di economia globale». […]
2. LA NUOVA DIPLOMAZIA USA SDOGANA L’EX QAEDISTA E FA AFFARI CON IL QATAR
Estratto dell'articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
benjamin netanyahu donald trump
[…] Per capire cosa sta accadendo, secondo fonti diplomatiche coinvolte in questa partita, bisogna fare un passo indietro. Pochi anni fa l’intero Medio Oriente era sconvolto da una guerra intestina e internazionale, con l’Iran che puntava a costruire una mezzaluna di influenza per dominare l’area da Teheran alla Beirut sottomessa da Hezbollah, passando per la Siria di Assad. Arabia e Turchia erano contrarie, al punto di chiudere gli occhi o aiutare gruppi jihadisti tipo al Nusra.
Nel 2013 l’allora presidente Obama aveva evitato di punire il macellaio di Damasco per l’uso delle armi chimiche, proprio nel timore di consegnare il Paese ai terroristi.
Così però aveva creato le condizioni per l’intervento russo, e forse anche per quanto è seguito poi in Ucraina.
Israele vedeva il progetto iraniano come minaccia esistenziale, ma aveva i suoi problemi con i jihadisti, a partire da Hamas, finanziato dal Qatar proprio allo scopo di controllarlo e di continuare a dividere i palestinesi tra questo gruppo e Fatah, rendendo impossibile la creazione del loro stato in Cisgiordania e Gaza.
Ora Trump ha deciso di cambiare paradigma, non solo per incassare i 600 miliardi di investimenti e negli Usa promessi dall’Arabia e i 1.200 miliardi di scambi annunciati ieri col Qatar […]
donald trump e l'emiro sheikh tamim bin hamad al thani 1
Ma anche per provare a stabilizzare l’intera regione.
L’incontro con al Sharaa è stato apparecchiato da Mbs ed Erdogan, che hanno convinto Donald a scommettere sulla redenzione dell’ex jihadista, pur di isolare l’Iran. Discorso simile per il Qatar, riabilitato nonostante il suo negoziato con Hamas per chiudere la guerra a Gaza non abbia avuto ancora successo.
Trump però non ha sbattuto la porta in faccia nemmeno a Teheran, offrendo di riaprire il negoziato nucleare […]. […] Così lo schema di Trump prende forma.
donald trump mohammed bin salman 1
La Siria viene riabilitata per tenere a bada i jihadisti ed emarginare l’Iran, che però ha la possibilità di evitare lo scontro frontale. Tutti i Paesi arabi, a partire da Riad, sono incoraggiati a firmare gli Accordi di Abramo e normalizzare le relazioni con Israele, in cambio di protezione e affari, magari una volta risolta la crisi di Gaza.
Qui si nasconde però un ostacolo forse insormontabile. Primo, perché un piano credibile per il futuro dei palestinesi non è ancora emerso. Secondo, e da qui nascono le ruggini con Netanyahu, perché il premier israeliano sembra non aver interesse a chiudere il conflitto e trovare un nuovo equilibrio regionale[…]
donald trump e l'emiro sheikh tamim bin hamad al thani 2
donald trump e mohammed bin salman sul golf cart
scott bessent donald trump marco rubio riad
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